Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Riportiamo da LIBERO di oggi, 23/09/2010, a pag. 23, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Sassaiola a Gerusalemme e interviene l’esercito. Parlare di pace diventa difficile ".
Angelo Pezzana, il quartiere di Silwan
Gli ingredienti sono i soliti. Un funerale che di- venta occasione di disordini, mille persone che in- neggiano al defunto, poi dalle grida si passa alla vio- lenza: tre poliziotti e dieci civili feriti, tre autobus dati alle fiamme e macchine della polizia distrutte, men- tre parte dei facinorosi salivano sul Monte del tem- pio e si barricavano nella moschea al-Aqsa. Otto so- no stati arrestati sulla spianata, altri in città vecchia. È successo ieri a Gerusalemme est, al funerale di Sa- mar Sarchan, un 32nne dalla fedina penale pesante, ucciso lo scorso venerdì dopo che aveva aggredito durante una protesta una guardia addetta alla sicu- rezza nel quartiere orientale di Silwan. La guardia era in macchina, circondato da lanciatori di grosse pie- tre, e sentendosi in pericolo di vita ha sparato. A nulla erano serviti gas lacrimogeni e pallottole di gomma.. Ci si chiede, in un momento nel quale i colloqui israelo-palestinesi procedono in mezzo a mille diffi- coltà, qual è l’origine e a chi interessa l’insorgere di manifestazioni che sanno più di intifada che non di pacifica protesta. Certamente non a Israele, che sembra, man mano che affiorano le difficoltà di sempre, ad essere rimasto l’unico a volere lo Stato palestinese. Abu Mazen, se sorride e stringe mani a Washington, rientrato a Ramallah sembra capace soltanto di fare l’arrogante, alzando i toni della pole- mica. «Israele è libero di chiamarsi come vuole, an- che Impero Sionista», ha dichiarato, rifiutando per l’ennesima volta di riconoscerne l’ebraicità. Fa il gradasso per dare l’impressione di essere un duro, è vero che con Obama ha promesso di voler fare la pa- ce con lo Stato ebraico, ma di fronte ai suoi i toni so- no diversi. Questo atteggiamento rivela soltanto la sua estrema debolezza, al punto che ormai è opinio- ne di molti osservatori, non solo israeliani, che la fine politica di Abu Mazen sia prossima. Non farà nessun accordo con Israele, viste le condizioni che continua a porre, per cui non sarà certo Netanyahu a conce- dere più di quanto aveva già promesso Olmert, of- ferta peraltro anche allora rifiutata dall’Anp. La sua immagine non è migliore nei territori che amministra. Un sondaggio a cura dell’Anp, svolto la scorsa settimana alla An-Najah National University, fra studenti diciottenni, residenti in Giudea, Sama- ria e Gaza ha rivelato che soltanto il 52.5 % vuole uno Stato palestinese entro i confini del ’67, mentre il 43.6% ècontrario. Una larga maggioranza (62.9%)è poi contraria a qualunque scambio di territori, l’uni - ca strada che può portare ad un accordo fra le parti. Conquesta aria in casa, econlo spettro diHamas nel proprio futuro, è ovvio che Abu Mazen la tiri per le lunghe, e che metta ostacoli per giustificare i no. E Israele ? Proseguirà nella sua politica di aiuto verso l’economia palestinese, nella speranza che i suoi vi- cini si rendano conto che solo attraverso la creazio- ne di uno Stato pacifico e smilitarizzato, e dopo ac- cordi condivisi, potranno ottenere l’indipendenza. Purtroppo i disordini di ieri indicano tutt’altro.