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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - Il Giornale - La Repubblica Rassegna Stampa
16.09.2010 Iran: censura, repressione, lapidazione
L'Europa si impietosisce per Sakineh. E tutti le altre vittime del regime?

Testata:Il Foglio - Il Giornale - La Repubblica
Autore: Mattia Ferraresi - Fausto Biloslavo - Rosalba Castelletti
Titolo: «Il piano di Hillary per battere la censura in Iran è un assist agli ayatollah - Gli europarlamentari in missione. Trattativa segreta per Sakineh - Col chador in tv: Sono Sakineh, mai subito torture»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 16/09/2010, a pag. IV, l'articolo di Mattia Ferraresi dal titolo " Il piano di Hillary per battere la censura in Iran è un assist agli ayatollah ". Dal GIORNALE, a pag. 12, l'articolo di Fausto Biloslavo dal titolo " Gli europarlamentari in missione. Trattativa segreta per Sakineh ", preceduto dal nostro commento. Da REPUBBLICA, a pag. 21, l'articolo di Rosalba Castelletti dal titolo " Col chador in tv: Sono Sakineh, mai subito torture ".
Ecco gli articoli:

Il FOGLIO  - Mattia Ferraresi : " Il piano di Hillary per battere la censura in Iran è un assist agli ayatollah "


Hillary Clinton

Washington. Haystack non era soltanto il nome di un progetto per dribblare la censura di Internet imposta dal regime iraniano; era l’appendice estrema di un tentativo politico del Dipartimento di stato americano per promuovere la libertà di comunicazione in un paese che quando ha avuto la possibilità di accennare una rivoluzione, lo ha fatto via Twitter. Da allora gli Stati Uniti hanno iniziato a sviluppare un software che permettesse agli iraniani – specialmente alla gioventù urbana e occidentalizzata – di eludere i controlli di un regime paranoico che tutto sorveglia e domina. Il progetto si chiamava Haystack, e martedì è fallito senza appello. Il motivo del naufragio è “hype trumping security”: l’enorme pubblicità, la fanfara che ha accompagnato lo strumento di redenzione del popolo iraniano prima ancora che il software venisse provato ha distrutto ogni possibilità di successo. Gli sviluppatori dell’applicazione hanno ammesso che i test fatti a Dubai sono stati disastrosi. Non solo: oltre a non aver raggiunto lo scopo, il progetto cibernetico sponsorizzato e sostenuto da Foggy Bottom rischia di mettere in pericolo gli utenti che usano Haystack convinti che sia uno strumento sicuro. Martedì il capo del progetto, Daniel Colascione, ha dato le dimissioni, dicendo che i risultati del progetto, reso di dominio pubblico senza i test necessari, erano una “catastrofe”. L’informatico che ha condotto la prima revisione del prodotto, Jacob Applebaum, ha detto al Financial Times che l’uso del sotware è “molto pericoloso”, perché “la prima cosa che che fa è segnalare a tutta la rete che lo stai usando”. Cioè fa l’esatto opposto di quello per cui è stato creato: invece di rendere invisibili gli utenti che vogliono passare indenni fra le maglie del regime, punta un occhio di bue sugli utenti di Haystack e comunica a tutti – quindi anche alle autorità iraniane – i loro movimenti in rete. Il progetto Haystack era nato dall’iniziativa di Austin Heap, ventiseienne programmatore di San Francisco diventato il leader degli attivisti per la libertà di Internet per l’Iran dopo le proteste elettorali dello scorso anno. I diplomatici americani hanno dato credito alla sua iniziativa e gli hanno fornito, ha detto lui, “uno stipendio a sei zeri” per mettere a punto un’applicazione invulnerabile al controllo. E il progetto prevedeva di iniziare con l’Iran per poi esportare il modello anti censura in altri paesi dove il controllo del governo opprime la libertà degli internauti. Hillary Clinton aveva parlato entusiasticamente della tecnologia che “avrebbe aiutato a far fluire l’informazione libera dentro e fuori dall’Iran”. Ma il progetto è un successo soltanto per i controllori iraniani, che da Teheran ringraziano sentitamente.

Il GIORNALE - Fausto Biloslavo : " Gli europarlamentari in missione. Trattativa segreta per Sakineh "

L'Europa vuole proporre al regime uno 'scambio': la vita di Sakineh in cambio di una visita di europarlamentari nel regime degli ayatollah.
Una proposta ipocrita sotto diversi punti di vista. L'Europa ha appena inasprito le sanzioni all'Iran contro il nucleare. Sanzioni inutili, dal momento che il programma atomico continua. L'unica opzione non militare consisteva nell'isolamento dell'Iran. Inoltre non è stato fatto altrettanto per tutte le altre vittime del regime. L'Europa non si è mossa per tutti gli impiccati dal regime, morti senza nome e nel silenzio dell'Occidente. Nessun aiuto per i manifestanti 'processati' e reclusi a Evin, perchè? Non è ipocrita chiedere di incontrare il leader dell'Onda verde, Moussavi, e infischiarsene dei dissidenti veri, di quelli che rischiano la vita perchè non hanno un posto dove nascondersi o sono reclusi a Evin dove vengono torturati in attesa dell'impiccagione?
Ecco l'articolo:

Una delegazione del Parlamento europeo si recherà a Teheran dal 7 all’11 ottobre, a patto che Sakineh Mohammadai Ashtiani non sia lapidata e che i deputati di Strasburgo possano incontrare gli oppositori degli ayatollah. «Non è escluso che la delegazione sia ricevuta dal presidente Mahmoud Ahmadinejad», conferma al Giornale, Marco Scurria, eletto con il Pdl. L’europarlamentare, che dovrebbe far parte della missione, è noto per essere critico del regime degli ayatollah. Ribadisce «che non si va a Teheran se non saranno accettate le nostre condizioni, compreso l’incontro con gli oppositori».

La stessa visita, all’inizio dell’anno, era stata cancellata a causa della sanguinosa repressione delle manifestazioni dell’Onda verde, movimento d’opposizione. Il solo annuncio della missione aveva convinto alcuni membri del Congresso americano a scrivere al presidente del Parlamento europeo per farla sospendere. Anche gli israeliani sollevarono gli scudi. Un’altra missione, che doveva avvenire in maggio, è stata cancellata.

La notizia della visita è ancora riservata, ma Il Giornale ha ricevuto un documento da Bruxelles che conferma la decisione di Strasburgo. La richiesta è stata avanzata con una lettera dell’11 luglio della Verde tedesca, Barbara Lochbihler, presidente della commissione che si occupa di Iran. Ex segretario di Amnesty International, amica dei palestinesi, non ama gli americani e ha sempre spinto per una linea più morbida con gli ayatollah.

Questa volta l’ha spuntata, anche se Joseph Daul, il capogruppo del Partito popolare europeo, di cui fa parte il Pdl, ha posto due condizioni a Teheran. La prima che Sakineh, ormai un simbolo per la sua condanna a morte, non sia lapidata. E la seconda, come si legge nel documento, che la «delegazione (europea, nda) sia libera nei suoi movimenti e libera di incontrare chiunque desideri, inclusi i membri dell’opposizione». Chi a Teheran c’è stato sa che difficilmente gli europarlamentari godranno di una simile libertà. «Sappiamo bene che gli stessi oppositori temono di incontrarci, perché il giorno dopo potrebbero finire in galera», spiega Scurria, della commissione per i rapporti con l’Iran. La delegazione sarà composta da 4-5 europarlamentari e nei prossimi giorni si affronteranno i dettagli della visita. «L’obiettivo è incontrare i leader dell’opposizione come Mir-Hussein Moussawi e Mehdi Karroubi, che hanno sfidato alle presidenziali Ahmadinejad. Se fosse per me chiederei pure di visitare il famigerato carcere di Evin a Teheran, dove sono detenuti molti oppositori» anticipa l’europarlamentare. Il timore è che gli iraniani utilizzino la visita come arma propagandistica interna per dimostrare che l’isolamento della comunità internazionale è stato spezzato. «Per questo dobbiamo incontrare gli oppositori e affrontare con le autorità iraniane i temi più scabrosi, come il programma nucleare», ribatte Scurria, che a Roma e a Bruxelles conosce bene il mondo degli esiliati dall’Iran. Proprio ieri i 35 Paesi che governano l’Agenzia internazionale per l’energia atomica hanno condannato Teheran per non aver permesso agli ispettori l’accesso agli impianti atomici.
«Per quanto riguarda Sakineh è diventata un simbolo internazionale, ma sappiamo bene che ci sono oppositori condannati a morte che attendono l’esecuzione», sottolinea Scurria. Ad oggi, 14 iraniani sono stati condannati alla lapidazione e 13 risultano le sentenze capitali per motivi politici o ideologici, in attesa di essere eseguite o confermate. Cinque riguardano persone arrestate durante le manifestazioni dell’ultimo anno. Ieri un quotidiano conservatore di Teheran riportava che «la polizia ha arrestato 60 tra ragazzi e ragazze che stavano partecipando a una festa in giardino», vicino a Teheran. «È stato servito alcol e praticata promiscuità sessuale», fa notare il giornale. Gli arrestati potrebbero rischiare la fustigazione. Non sarà facile la missione degli europarlamentari, ammesso che le autorità iraniane accettino le condizioni di Strasburgo. «La delegazione dovrebbe incontrare il presidente del Majlis, il Parlamento, la Commissione Esteri ed esponenti del governo - spiega Scurria - E forse lo stesso presidente Ahmadinejad».

La REPUBBLICA - Rosalba Castelletti : " Col chador in tv: Sono Sakineh, mai subito torture "


Sakineh

Era ancora una volta nascosta dal chador la donna che ieri sera si è presentata a una televisione iraniana come Sakineh Mohammadi Ahshtiani smentendo di essere stata torturata in prigione e ammettendo la propria complicità nell´omicidio del marito. E ancora una volta è difficile credere che quella donna sia la vedova quarantatreenne, madre di due figli, condannata alla lapidazione per adulterio e complicità in omicidio, il cui caso ha sollevato una mobilitazione internazionale.
Se in una precedente confessione televisiva diffusa il 13 agosto, una presunta Sakineh aveva confessato un complotto per assassinare il marito, ieri in prima serata ha innanzitutto smentito di essere stata picchiata in carcere dopo che il 28 agosto il quotidiano britannico The Times aveva pubblicato la foto di una donna senza chador sotto il titolo "Il vero volto della donna che l´Iran vuole lapidare". La donna ritratta era in realtà un´attivista iraniana esule in Svezia, ma - secondo il figlio Sajjad Ghaderzadeh e l´avvocato Javid Hutan Kian - l´errore era costato a Sakineh 99 frustrate per "indecenza".
«Non lo confermo. Si tratta di menzogne e illazioni», ha dichiarato la donna intervistata in azeri, la lingua della minoranza dell´Azerbaijan iraniano, mentre sullo schermo comparivano i sottotitoli in farsi, la lingua ufficiale iraniana. E, come nella precedente intervista televisiva, ha ammesso ancora una volta di essere stata complice nell´omicidio del marito. «Non sono stata torturata. Quello che sto dicendo sono parole mie e nessuno mi ha costretto a venire davanti alla telecamera».
Dichiarazioni che però non fugano i dubbi sulla loro volontarietà né fermano la mobilitazione internazionale: l´appello per la liberazione di Sakineh continua a raccogliere adesioni sul sito di Repubblica, mentre sabato a Bruxelles si terrà una manifestazione promossa dall´eurodeputato belga Marc Tarabella e da Amnesty International col sostegno dell´Europarlamento. Non solo per Sakineh, ma anche per gli altri 24 iraniani che in Iran rischiano la morte sotto il colpo delle pietre.

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