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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.09.2010 L'Iran nuclerare è una minaccia, serve uno scudo antimissile
Le dichiarazioni del segretario generale della Nato Rasmussen nell'intervista di Luigi Offeddu

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 settembre 2010
Pagina: 18
Autore: Luigi Offeddu
Titolo: «L’Iran ci minaccia, serve uno scudo antimissile»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/09/2010, a pag. 18, l'intervista di Luigi Offeddu al segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen dal titolo " L’Iran ci minaccia, serve uno scudo antimissile ".


Anders Fogh Rasmussen

BRUXELLES — Ne ha parlato a lungo l’altro ieri con il presidente americano Barack Obama, a Washington. E ne parlerà venerdì, durante la sua prima visita ufficiale a Roma, con il presidente Giorgio Napolitano e con il primo ministro Silvio Berlusconi.

Perché l'Iran, dice il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, «costituisce una minaccia reale e mi preoccupa molto, davvero: infatti abbiamo dei progetti molto concreti per varare un piano di difesa antimissilistica, nella cornice della Nato, che protegga tutte le nostre popolazioni civili e non solo i nostri eserciti». Quando? «La decisione politica dovrebbe giungere dal vertice dei capi di Stato e di governo della Nato, a Lisbona, in novembre. Poi la fase operativa dovrebbe cominciare gradualmente nel 2011».

Dunque, nascerà una sorta di cintura protettiva contro attacchi dall’Iran. State per costruire nuove basi missilistiche?

«Pensiamo soprattutto a basi mobili: vari mezzi di intercettazione dei missili, piazzati su navi che incrociano nei mari. E poi, anche missili che si spostano sulla terra. La basi mobili dovrebbero essere posizionate secondo le necessità del momento. È quello che con Obama chiamiamo approccio flessibile».

E costoso. Soprattutto in tempi di crisi.

«No. Costerà meno di 200 milioni di euro, e questo è un altro dato interessante: dovremo soprattutto connettere i sistemi di difesa già esistenti».

Appunto: non esistono già questi «scudi»?

«Guardi, è una situazione molto strana. C’è un sistema di difesa americano e ci sono sistemi di alcuni Paesi Nato, ma solo per proteggere le truppe dispiegate sul terreno. Ora bisogna estendere questa protezione a tutta la popolazione civile dei nostri Paesi».

Ma c'è qualcuno che forse non gradirà: si chiama Putin.

«Se prenderemo questa decisione, chiederemo alla Russia di collaborare. Si trova anche lei sotto la stessa minaccia».

Tutto ciò fa parte del «nuovo concetto strategico» di cui ha appena parlato con Obama?

«Sì. E quel concetto comprende anche la difesa dal cyber terrorismo, oltre che dal terrorismo tradizionale. E la collaborazione con Paesi come l’India, la Cina».

O la Turchia: come giudica il «sì» giunto con il referendum popolare sulla nuova Costituzione turca?

«Non giudico. Si tratta di questioni costituzionali interne, che per me non sarebbe appropriato commentare».

Venerdì a Roma incontrerà i leader italiani. Chiederà anche a loro, come ha appena fatto con Zapatero, nuove truppe per l'Afghanistan?

«Prima di tutto, esprimerò il mio grande apprezzamento per quanto l’Italia fa in Afghanistan, in Kosovo, in tutte le zone operative della Nato. E’ un nostro grande e forte alleato. E a lei, come a tutti gli alleati, dirò che abbiamo bisogno di nuove truppe, istruttori che addestrino le forze afgane». Quante? «Circa duemila unità in più, fra tutti i Paesi. Senza nostre truppe che addestrino le forze locali, non si ottiene la transizione alla guida afgana delle operazioni. Che è poi l'obiettivo finale». Ma quando? «Alla fine del 2014, sempre che lo consentano le condizioni sul terreno. E anche se la transizione all'"afghan role" non equivarrà alla nostra partenza: saremo ancora lì per aiutarli».

Un giornale come l’«International Herald Tribune» dice oggi che l’Afghanistan va sempre peggio.

«Ho letto, e non condivido quell’articolo perché non riflette la situazione reale sul posto. Non voglio fare un quadro romantico ma stiamo facendo progressi. I talebani combattono di più perché stiamo attaccando le loro roccaforti. E Al Qaeda non ha più alcun rifugio laggiù».

Il presidente Karzai propone negoziati aperti anche ai talebani. Lei è d’accordo?

«Sì, ma a certe condizioni. E cioè: deve essere un processo guidato dal governo afgano; e tutti, compresi i talebani, devono impegnarsi a rispettare i valori umani, in prima linea i diritti delle donne. Non sacrificheremo questi valori di base. Non è certo per questo che abbiamo svolto tutto il lavoro di questi anni».

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