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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Repubblica Rassegna Stampa
10.09.2010 Bloccato il rogo del Corano
Cronache di Alessandra Farkas, commenti di Gilles Kepel, Thomas Lippman

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica
Autore: Alessandra Farkas - Gilles Kepel - Arturo Zampaglione
Titolo: «Il pastore americano rinuncia a bruciare il Corano in piazza - Il 'Dr. Jones' e la sua redditizia crociata - Jones ha soffiato sul fuoco ma l´America è già screditata - Per i conservatori Usa la moschea insulta le vittime dell´11 settembre»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/09/2010, a pag. 5, due articoli di Alessandra Farkas titolati " Il pastore americano rinuncia a bruciare il Corano in piazza " e " Il 'Dr. Jones' e la sua redditizia crociata ". Da REPUBBLICA, a pag. 3, l'articolo di Gilles Kepel dal titolo "Per i conservatori Usa la moschea insulta le vittime dell´11 settembre", preceduto dal nostro commento, l'intervista di Artuzo Zampaglione a Thomas Lippman dal titolo "Jones ha soffiato sul fuoco ma l´America è già screditata", preceduta dal nostro commento.
Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Alessandra Farkas : " Il pastore americano rinuncia a bruciare il Corano in piazza " 


Alessandra Farkas

NEW YORK — Dopo oltre una settimana di braccio di ferro col mondo intero, alla fine Terry Jones ha gettato la spugna. «Rinuncio a bruciare le copie del Corano domani, nel nono anniversario dell’11 settembre», ha dichiarato ieri sera ai giornalisti il controverso pastore battista al centro della più grave crisi nei rapporti Occidente-Islam dai tempi delle vignette satiriche contro il profeta Maometto. Si è smorzata così, in una affollatissima conferenza stampa di fine estate tra i 38 gradi di Gainesville, in Florida, la crisi diplomatica internazionale innescata dall’oscuro pastore che, nelle parole del presidente Barack Obama, «rischiava di trasformarsi in un regalo per Al Qaeda». Incalzato dalle pressanti domande dei giornalisti accorsi da ogni parte del mondo, Jones ha assicurato i suoi fan — un piccolo esercito su Facebook — di non aver affatto calato le braghe.

«Ho fermato il rogo solo dopo aver ricevuto assicurazione da New York che non sarà costruita a Ground Zero la moschea che nessun americano vuole», ha spiegato Jones, scortato dall’imam della Florida, Muhammad Musri. «Considero questo accordo un segno divino — ha proseguito il pastore —. Invece di bruciare copie del Corano, sabato mi recherò a New York per discutere con l’imam Feisal Abdul Rauf lo spostamento della moschea in località più lontana dal luogo dell’attentato dell’11 settembre».

Ma nel giro di qualche minuto i responsabili del centro culturale islamico di New York hanno negato di avere raggiunto un accordo con Jones. E lo stesso Musri, che sabato accompagnerà Jones a New York, ha confermato di aver semplicemente «preso contatto con l’imam di New York per discutere il caso». A complicare una situazione già molto contraddittoria e confusa è l’annuncio che l’imprenditore immobiliare newyorchese Donald Trump avrebbe offerto di riacquistare per 6 milioni di dollari il palazzo des t i nato a ospitare il centro culturale islamico, cioè il 25% in più del valore dell’edificio.

«Adesso siamo contrari a qualsiasi iniziativa di bruciare il Corano», ha tenuto a sottolineare Jones. «E chiediamo a tutti, senza mezzi termini, di astenersi dal farlo». Poco prima, secondo quanto ha reso noto il Pentagono, il ministro della Difesa Robert Gates gli aveva telefonato invitandolo a desistere dal proprio intento. E in un’intervista al canale Abc il presidente Obama aveva detto che il suo rogo sarebbe stato «una manna per la campagna di reclutamento di Al Qaeda».

«Potrebbe generare violenze gravi in Afghanistan e in Pakistan — aveva messo in guardia il presidente — e alimentare il reclutamento di individui desiderosi di farsi esplodere nelle città americane ed europee». Sia l’Interpol sia il Dipartimento di Stato avevano lanciato un allarme terrorismo legato a possibili ritorsioni contro la provocazione.

CORRIERE della SERA - Alessandra Farkas : " Il 'Dr. Jones' e la sua redditizia crociata" 


Terry Jones

NEW YORK — Nonostante quell’ironica omonimia con uno dei membri dei Monty Python, il suo grande idolo è Mel Gibson.

I poster di Braveheart addobbano i muri del suo ufficio nella chiesa Dove World Outre-ach di Gainesville, in Florida, dove domani, nono anniversario dell’11 settembre, Terry Jones aveva promesso di dare alle fiamme tutte le copie del Corano inviategli dai sostenitori del suo «International Burn a Quran Day».

In realtà il furore anti-islamico del 58enne pastore al centro di una tempesta diplomatica internazionale risale a quando Jones guidava una chiesa cristiana a Colonia, ben prima degli attacchi di Al Qaeda all'America. «Era arrivato in Germania negli Anni 80, convinto che fosse un Paese chiave per un presunto revival cristiano dell'Europa», spiega al settimanale Der Spiegel Andrew Schaefer, responsabile della Chiesa protestante tedesca.

«Oggi c’è chi è ancora in terapia», incalza Schaefer, «a causa di quello che molti hanno definito un abuso spirituale da parte di Jones». Il pastore, sempre secondo Schaefer, incitava i membri della comunità a picchiare i figli col bastone, insegnava loro una «particolare demonologia e praticava il lavaggio del cervello». Dopo essere riuscito a far crescere la chiesa da una decina di membri a oltre 1.000 fedeli, fu cacciato nel 2008, quando nella comunità aumentarono gli immigrati turchi.

«Fu a causa delle sue idee estremiste — spiega Stephan Baar, cofondatore con Jones della parrocchia —. Aveva ribattezzato Colonia La Porta per l’Inferno e nei suoi sermoni divideva le religioni tra giuste e sbagliate. I soli ad avere ragione per lui erano i cristiani». Ma a dar retta alla figlia, che non ha più contatti con Jones, il padre e la seconda moglie sarebbero stati cacciati dalla congregazione «per aver utilizzato fondi della chiesa per acquistare oggetti personali e finanziare le loro lucrose attività commerciali su eBay».

I suoi guai erano iniziati nel 2002, quando i media tedeschi rivelarono che Jones era stato accusato dal tribunale di Colonia di aver utilizzato il titolo di «dottore» pur non avendo mai ottenuto un Dottorato. Nonostante una multa di 3.000 euro, il pastore continua a definirsi «Dr» nel suo sito web. Le controversie l'hanno seguito anche in America. Nell'agosto del 2009 due bambini della sua congregazione furono sospesi dopo essersi presentati a scuola indossando una T-shirt con la scritta «L'Islam è del Diavolo», titolo del suo libro che sta andando a ruba sul Web.

All’inizio del 2010 Craig Lowe, candidato a sindaco di Gainesville, fu oggetto di una protesta guidata da Jones perché apertamente gay. «No homo mayor», recitavano i cartelloni affissi fuori dalla Dove World Outreach. Lowe fu eletto comunque, anche perché in questa cittadina progressista di 125.000 abitanti Jones è da sempre considerato come un eccentrico personaggio ai margini che non me-rita particolare attenzione. «Dio mi ha chiamato e non posso tradirlo», ha dichiarato il pastore quando Gainesville è stata invasa da orde di reporter.

Ma in America sono in molti a credere che a motivarlo sia la cupidigia. Magliette, tazze stampate, spille e copie del suo libro Islam is of the Devil vanno a ruba tra i suoi fan che hanno creato un gruppo su Facebook il cui numero di iscritti continua ad aumentare. Jones, immortalato sul sito a cavallo di una luccicante Harley, e la moglie sembrano condurre una vita più che agiata: due appartamenti nella contea di Alachua nella Florida centrale, 5 intestati alla loro chiesa, un appartamento con vista sul mare a tre ore da Treasure Island.

«Il contrasto con la chiesa, arredata poveramente e col tetto in metallo, è fortissimo», ironizza il Daily Beast che ha visitato la proprietà dove Jones va in giro armato da quando ha ricevuto minacce di morte. Se Jones ha rinunciato al rogo, secondo alcuni, è solo per convenienza. Gli otto ettari del suo luogo di culto, che per legge dovrebbero essere esenti da tassazioni, hanno perso il loro status privilegiato perché, secondo le autorità, vengono sfruttati a scopo di lucro. Adesso Jones sta raccogliendo fondi per pagare un mutuo aperto di 140.000 dollari, che ora gli viene chiesto di saldare in una unica rata. Ed è stato costretto a mettere in vendita la proprietà: 2,9 milioni di dollari, se si paga in contanti, dal prezzo iniziale di 4 milioni.

La REPUBBLICA - Gilles Kepel : " Per i conservatori Usa la moschea insulta le vittime dell´11 settembre "


Gilles Kepel

Kepel scrive : "Questo Presidente, ritenuto un musulmano in incognito da una parte crescente dell´elettorato americano, durante il suo discorso al Cairo nel giugno 2009 ha tentato di placare la crisi tra l´America e il mondo islamico, provocata dalla politica di George W. Bush nel Medio Oriente". La crisi tra America e mondo islamico non è stata creata da George Bush, ma dall'islam. Non è stato Bush a fare l'11 settembre, ma il fondamentalismo islamico. Tra islam e Occidente, non è l'Occidente l'aggressore.
"
Le sue intenzioni erano e sono lodevoli, perché in questo modo vuole combattere lo scontro di civiltà e una visione culturale del mondo contemporaneo che definisce gli individui esclusivamente in termini di appartenenza religiosa". Lo scontro di civiltà non è legato alla religione, quanto alla cultura. L'islam non è solo una religione, è strettamente legato alla politica e alla cultura. Oggi il terrorismo islamico è una realtà e non ha niente in comune con l'Occidente. E' grazie a persone (come Gilles Kepel) che sottovalutano questi dati se esiste Eurabia. Ed è solo questione di tempo prima che lo stesso fenomeno si verifichi in Usa. Sottovalutare la portata dello scontro di civiltà ed avere un atteggiamento islamicamente corretto non risolverà la questione.
"
La vicenda del centro islamico di Ground Zero è stato oggetto di una sovrainterpretazione utilizzata dai nemici del presidente Obama e gli permette ora di cristallizzare una larga opposizione alla sua politica.". La questione della moschea a Ground Zero non è una scusa per attaccare Obama. Il fronte contrario alla sua costruzione è nato prima che Obama si dichiarasse favorevole all'edificazione della moschea. 
Kepel continua : "
È il segnale di una società che manca, per la sua ignoranza, della capacità di convivere con le popolazioni musulmane. E può farci ricordare la situazione in Olanda, dove il partito populista di Geert Wilders ha messo l´interdizione del Corano al centro dei suoi slogan. Proprio nel momento in cui un sentimento di panico, legato anche all´omicidio di Theo Van Gogh da parte di un giovane islamico, si è impadronito di un certo numero di olandesi. ". Non è l'occidente a non saper vivere con l'islam, ma il contrario. Gli immigrati islamici nei Paesi occidentali godono dei diritti di ogni cittadino, senza distinzione di sesso e confessione religiosa. non succede lo stesso nei Paesi islamici.
Geert Wilders non ha messo al bando il Corano, semplicemente ha avuto il coraggio di denunciare la violenza connessa all'islam.
Definire semplicemente '
giovane islamico' l'assassino di Theo Van Gogh ha dell'incredibile. E' stato un un terrorista islamico ad assassinare il regista olandese. Scriverlo e ammetterlo non significa essere islamofobi, ma onesti. Prendere coscienza di ciò che sta accadendo in Occidente e mettere in atto le dovute contromisure non implica essere dei reazionari xenofobi, ma battersi per i valori che contraddistinguono le democrazie occidentali. Democrazia, un termine che non esiste nei Paesi islamici.
Kepel si indigna tanto perchè è in corso un dibattito sulla decisione di costruire una moschea a Ground Zero, ma crede che in Iran sarebbe possibile lo stesso dibattito sulla costruzione di una chiesa o una sinagoga?
Ecco l'articolo:

La prima cosa che ho notato in questa vicenda che ha minacciato la pace mondiale è il nome dell´uomo che voleva bruciare il Corano in Florida, in occasione del nono anniversario dell´11 settembre e nel momento in cui la polemica si amplifica per l´apertura d´un centro islamico vicino a Ground Zero. Jones, si chiama Mister Jones. Nella canzone di Bob Dylan che la gente della mia età ascoltava trent´anni fa, Mister Jones era il simbolo dell´America profonda, un po´ ottusa e conservatrice. Perché oggi Mister Jones voleva bruciare il Corano? Perché l´Islam è diventato una religione americana, e Mister Jones non vuole che sia una religione americana.
In effetti, nove anni dopo il trauma dell´11 settembre, che ha fatto scoprire alla maggior parte degli americani l´esistenza dell´Islam come una religione percepita in termini ostili e straniera, il progetto di apertura di un centro islamico è accolto dagli ambienti conservatori come un insulto alla memoria delle vittime ed è un toccasana per il movimento Tea Party, pronto a utilizzarlo per affermare il proprio vantaggio nelle prossime elezioni di mid-term che dovrà affrontare Barack Obama a novembre. Questo Presidente, ritenuto un musulmano in incognito da una parte crescente dell´elettorato americano, durante il suo discorso al Cairo nel giugno 2009 ha tentato di placare la crisi tra l´America e il mondo islamico, provocata dalla politica di George W. Bush nel Medio Oriente. Obama ha voluto fare dell´Islam una religione americana, come lo sono il protestantesimo, il cattolicesimo o l´ebraismo. Le sue intenzioni erano e sono lodevoli, perché in questo modo vuole combattere lo scontro di civiltà e una visione culturale del mondo contemporaneo che definisce gli individui esclusivamente in termini di appartenenza religiosa. Ma la messa in atto di questo progetti è stata abbastanza maldestra.
In politica estera, le aperture di Obama all´Iran non hanno ricevuto nessuna risposta positiva. Il ritiro delle truppe americane dall´Iraq può apparire come un sollievo per una popolazione che non vuole più vedere i suoi figli morire in una guerra incomprensibile, ma allo stesso tempo illustra il fallimento della politica americana, incapace di imporre la sua potenza nella regione del Golfo, principale fornitore di idrocarburi del pianeta. Inoltre, il ritiro da Bagdad era anche propedeutico a una politica più efficace in Afghanistan, per sbarazzarsi dei Taliban e di Al Qaeda. Invece l´incompetenza e la corruzione del governo afgano hanno permesso ai Taliban di ritrovare una grande influenza sulla vita del paese. E a questo bilancio molto deludente nel Medio Oriente, si aggiunge un tentativo poco convincente di rilanciare il processo di pace israelo-palestinese.
È questo contesto poco favorevole a provocare negli americani il sentimento che il loro Paese oggi sia colpito dall´impotenza, se non da un vero e proprio declino. La vicenda del centro islamico di Ground Zero è stato oggetto di una sovrainterpretazione utilizzata dai nemici del presidente Obama e gli permette ora di cristallizzare una larga opposizione alla sua politica. È così che siamo arrivati a comportamenti come quello del pastore Jones che, ovviamente, era considerato un gesto estremo anche nel campo conservatore. È il segnale di una società che manca, per la sua ignoranza, della capacità di convivere con le popolazioni musulmane. E può farci ricordare la situazione in Olanda, dove il partito populista di Geert Wilders ha messo l´interdizione del Corano al centro dei suoi slogan. Proprio nel momento in cui un sentimento di panico, legato anche all´omicidio di Theo Van Gogh da parte di un giovane islamico, si è impadronito di un certo numero di olandesi. La provocazione del pastore Jones s´inscriveva in questa logica, ne era la naturale continuità. Le preoccupazioni espresse dai capi militari americani, i quali temevano che le immagini del Corano bruciate in Florida potessero accendere passioni anti-americane nei Paesi dove sono di base i soldati Usa, sono di poco peso al confronto dei fantasmi di un religioso protestante radicale per il quale è sul stesso territorio americano che si gioca oggi la guerra della civilizzazione.

La REPUBBLICA - Arturo Zampaglione : " Jones ha soffiato sul fuoco ma l´America è già screditata "


Thomas Lippman

Parlando di credibilità di Barack Obama nel mondo islamico, Lippman commenta : " Contano i fatti non le parole. E i fatti inchiodano la Casa Bianca: Obama ha di fatto capitolato sugli insediamenti israeliani nei territori occupati, i droni del Pentagono continuano a colpire le feste di nozze e in Iraq restano 50mila soldati americani". Per Lippman la questione degli insediamenti va messa sullo stesso piano delle vittime dei bombardamenti coi droni in Afghanistan ?
Israele ha congelato la costruzione di nuovi edifici negli insediamenti per un anno, senza ottenere nulla in cambio dalla controparte palestinese, ma Lippman non ne fa menzione. Perchè? Che cosa c'entrano i negoziati con la credibilità di Obama e le proteste contro la moschea a Ground Zero ?
Ecco l'intervista:

NEW YORK - «Ci sarebbero stati un paio di giornate incandescenti, con manifestazioni violente in vari centri del Pakistan e magari anche a Gaza», dice Thomas Lippman. «Ma non penso - aggiunge l´esperto di Islam - che il rogo delle copie del Corano avrebbe ulteriormente screditato l´immagine degli Stati Uniti nel mondo islamico, visto che è già così compromessa. D´altra parte la vicenda ci ricorda che anche i musulmani devono fare uno sforzo maggiore per capire gli Stati Uniti: la nostra storia è sempre stata costellata da frange estremiste e da gruppi di squilibrati».
Autore di sei libri e a lungo corrispondente del Washington Post in Medio Oriente, Lippman si occupa ora dei rapporti degli Stati Uniti con il mondo arabo nel Council on foreign relations, il più prestigioso think tank di politica estera. Lo abbiamo intervistato sulle implicazioni della minaccia lanciata, e poi ritirata, dal pastore Terry Jones.
Lippman, è forse un rimprovero quello che rivolge al mondo musulmano su questa vicenda?
«Purtroppo l´iniziativa ha già ottenuto due obiettivi: dare un po´ di pubblicità alla chiesa della Florida e infiammare il mondo musulmano. Ma personalmente sono anche un po´ stufo dell´approccio di tanti musulmani che, da un lato ci chiedono una maggiore comprensione della loro cultura e della loro storia, dall´altro si rifiutano di fare altrettanto. Gli Stati Uniti hanno sempre prodotto gruppetti di fanatici: dal Ku Klux Klan all´Unabomber, dai razzisti anti-cinesi dell´inizio del novecento ai guerriglieri per l´ambiente. Ma non si possono confondere queste frange con la posizione della stragrande maggioranza del paese».
Il dipartimento di Stato aveva lanciato un allarme su possibili attentati dopo il rogo, mentre il generale David Petraeus parlava di conseguenze pericolose per le truppe in Afghanistan. C´era veramente il rischio di una escalation anti-americana?
«La ventata di rabbia non sarebbe durata a lungo. Ricordiamoci della vicenda di Salman Rushdie: dopo una fase iniziale con piogge di sassi contro le ambasciate, tornò subito la calma. E non mi convincono neanche le dichiarazioni di Petraeus: i soldati americani sono costantemente sotto il tiro del nemico, muoiono ogni giorno e non penso che i rischi sarebbero peggiorati».
Perché è così pessimista sulla credibilità degli Stati Uniti nel mondo islamico? Non c´è stata forse una svolta con Barack Obama?
«Sì, c´è stata, ma è durata ben poco. La ragione? Contano i fatti non le parole. E i fatti inchiodano la Casa Bianca: Obama ha di fatto capitolato sugli insediamenti israeliani nei territori occupati, i droni del Pentagono continuano a colpire le feste di nozze e in Iraq restano 50mila soldati americani».

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