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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Repubblica Rassegna Stampa
02.09.2010 Appello all’Onu delle parlamentari italiane per salvare Sakineh
Commenti di Fiamma Nirenstein, Shirin Neshat. Cronaca di Cecilia Zecchinelli

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica
Autore: Fiamma Nirenstein - Cecilia Zecchinelli - Arianna Finos
Titolo: «Appello all’Onu delle parlamentari italiane per salvare Sakineh - 'Domani ti impicchiamo'. Finta esecuzione per Sakineh - Solo la pressione internazionale può intimorire il regime di Teheran»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/09/2010, a pag. 13, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo " 'Domani ti impicchiamo'. Finta esecuzione per Sakineh ". Da REPUBBLICA, a pag. 15, l'intervista di Arianna Finos a Shirin Neshat dal titolo " Solo la pressione internazionale può intimorire il regime di Teheran ". Pubblichiamo la dichiarazione dell’On. Fiamma Nirenstein (Pdl), vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dal titolo " Appello all’Onu delle parlamentari italiane per salvare Sakineh  ".
Ecco i pezzi:

Fiamma Nirenstein : " Appello all’Onu delle parlamentari italiane per salvare Sakineh "


Fiamma Nirenstein

“L’Iran lapida le sue donne e al contempo siede nella Commissione dell’Onu per la Condizione femminile? E’ l’ora di finirla con questi paradossi onusiani. Ho iniziato a raccogliere le adesioni delle parlamentari italiane a un appello rivolto alla Commissione in questione e, per conoscenza, all’Alto Rappresentante Onu per i Diritti Umani, chiedendo di attivarsi per salvare Sakineh Mohammadi-Ashtiani, la cui esecuzione potrebbe essere imminente. Chiediamo inoltre, alla luce di quanto sta accadendo e in realtà continua ad accadere da anni in Iran (per non parlare poi anche delle macabre uscite di questi giorni nei confronti di Carla Bruni, rea di aver preso parte alla campagna contro la lapidazione di Sakineh e per questo definita una “prostituta” che "merita la morte"), di rivedere la decisione di ammettere l’Iran nella Commissione preposta al monitoraggio delle violazioni dei diritti delle donne nel mondo.
Plaudo all’iniziativa dei Ministri Carfagna e Frattini e spero che la cescente mobilitazione dell'Europa possa indurre il consesso internazionale a prendere una posizione netta contro la pena di morte, contro la barbarie della lapidazione, contro una palese discriminazione di genere, per salvare la vita a Sakineh e a quante come lei attendono lo stesso tragico destino nel carcere di Tabriz".
 
Segue il testo dell'appello.
 
Roma, 1 settembre 2010
 
---
On. Fiamma Nirenstein
Vicepresidente Commissione Esteri, Camera dei Deputati
www.fiammanirenstein.com
 
 
All’attenzione della Commissione delle Nazioni Unite per la Condizione Femminile

E per conoscenza:

all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Sig.ra Navanethem Pillay

URGENTE: FERMARE LA LAPIDAZIONE DI SAKINEH MOHAMMADI ASHTIANI

Le parlamentari della Camera e del Senato della Repubblica Italiana, a nome del popolo italiano, chiedono solennemente alla Commissione Onu per la Condizione Femminile di farsi interprete di fronte alle autorità iraniane della nostra decisa richiesta di cancellare ufficialmente la condanna alla lapidazione di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, cittadina iraniana accusata di adulterio, nonché di liberarla dal carcere. Sakineh da quattro anni è detenuta nel carcere di Tabriz, dove sono recluse altre donne in attesa della medesima pena, tra loro anche minorenni. Chiedere oggi la liberazione di Sakineh significa intercedere per ogni donna che rischia di subire la stessa ingiusta e disumana sorte in base a una legge che riteniamo barbarica.


Ricordiamo che nel maggio scorso l'Iran è stato ammesso a far parte della Commissione dell'Onu per la Condizione Femminile e chiediamo quindi che, alla luce di quanto sta succedendo e succede da anni in quel Paese, tale decisione venga rivista. L'avvocato della donna condannata, Houtan Kian, ha dichiarato che la giustizia iraniana si accanisce su Sakineh solo «perché è una donna», che vive «in un Paese dove alle donne vengono negati i diritti più elementari». A Sakineh è stato impedito l'accesso a un processo equo, in una lingua a lei comprensibile. Ha subito la pena della fustigazione (99 frustate) davanti a uno dei suoi figli, è stata costretta a una confessione pubblica dopo essere stata accusata anche per concorso in omicidio del marito, di modo che venisse accelerato l'iter dell'esecuzione capitale, che potrebbe avvenire da un momento all’altro.


Ci rivolgiamo a Voi con il cuore pieno di angoscia sperando di riuscire a scongiurare questa tragedia, memori anche di quanto la tenace mobilitazione della comunità internazionale ha potuto fare in passato per Amina Lawal, la giovane donna nigeriana anch’essa condannata alla lapidazione per adulterio, che alla fine venne assolta.

Con i nostri migliori saluti,

Roma, 1 settembre 2010

Primissime adesioni pergiunte:
On. Fiamma Nirenstein, Sen. Laura Allegrini, On. Elisabetta Zamparutti, On. Nunzia De Girolamo, On. Rita Bernardini, On. Maria Piera Pastore, On. Paola Binetti

CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " 'Domani ti impicchiamo'. Finta esecuzione per Sakineh "


Sakineh

«Prepàrati, prima della preghiera dell’alba sarai impiccata», hanno annunciato i secondini a Sakineh Mohammadi Ashtiani sabato notte. Lei ha abbracciato le compagne di cella, scritto un breve testamento, certo pensato ai figli, agli amici, alla sua sfortunata vita: 43 anni di cui gli ultimi quattro nel braccio della morte di Tabriz. Ma il muezzin intona l’invito a pregare, le ore passano e Sakineh resta viva. Una finta esecuzione, sottile e spietata tortura. Non è una novità nella Repubblica Islamica: i 53 ostaggi all’ambasciata Usa la sperimentarono nel 1980, tre anni fa toccò ai 15 militari inglesi sconfinati in acque iraniane. E da Dostoyevski nella Russia zarista agli iracheni nel carcere «americano» di Abu Ghraib la tecnica è stata anche altrove provata come devastante.

«Si stanno vendicando di mia madre perché sono furiosi per la risonanza mondiale del caso. Più arriva pressione dall’estero, più si rifanno su di lei», ha detto al Guardian Sajad, il primogenito 22enne di Sakineh e il promotore, con la sorella Farideh, della campagna che ha portato il volto della madre sui media e i poster di migliaia di manifestanti nel mondo. E non solo: i ministri Franco Frattini e Mara Carfagna ieri hanno lanciato «un’azione senza precedenti per mobilitare le coscienze», da oggi sulla facciata di Palazzo Chigi sarà innalzata una gigantografia della donna che ormai sta creando a Teheran forse altrettanti problemi del nucleare.

«Le autorità sono isteriche ma solo se il sostegno internazionale non si arresta mia madre continuerà a vivere», ripetono da tempo Sajad e le organizzazioni della campagna, prima tra tutte l’Icas, il Comitato iraniano contro le lapidazioni. Questa settimana, due giudici di Teheran dovranno riesaminare il caso: la condanna alla lapidazione per adulterio e complicità nell’omicidio del marito è stata sospesa, non revocata. Ma i magistrati potrebbero prendere altro tempo, approfittando della confusione dell’intero dossier. I documenti relativi ai precedenti gradi del processo sono inoltre spariti: prima quelli nello studio del coraggioso (e minacciato) avvocato difensore Javid Houtan Kian, portati via da agenti in borghese insieme ai computer, poi quelli dell’ufficio giudiziario di Tabriz. «Li abbiamo persi», è stato comunicato a Sajad, che non ci crede. «Vogliono cancellare le incongruenze evidenti a chiunque, le prove che mia madre è innocente».

Perché se Sakineh ha più volte «confessato» le sue colpe, poi le ha sempre ritrattate rivelando di aver parlato perché costretta. «Sappiamo che anche le sue ammissioni in tv il 12 agosto sono state il risultato di due giorni di torture — spiega Ahmed Fatemi, dell’Icas —. Era certo lei in tv, ma perfino quanto diceva in azari, unica lingua che parla, era coperto dalla traduzione in farsi. Una "confessione" senza alcun fondamento».

Come finirà questa storia, che sta coinvolgendo sempre più persone, celebrità, perfino governi a partire da quello francese? «L’Iran ormai non può più uccidere Sakineh, sta cercando una via d’uscita e per ora manda solo segnali di confusione e divisione interna», risponde Fatemi. «Ma non c’è solo lei: 22 persone, tra cui 4 uomini, sono in attesa di morire a pietrate. Sappiamo che a Tabriz una donna è stata due volte protagonista di false lapidazioni, la facevano perfino entrare nella buca dove doveva essere sepolta per prendere le misure... E dalla Mashad ci arrivano segnalazioni di esecuzioni di massa di detenuti, una sessantina ogni settimana negli ultimi mesi». Sakineh «è una finestra attraverso cui il mondo può ora vedere anche altri orrori dell’Iran».

La REPUBBLICA - Arianna Finos : " Solo la pressione internazionale può intimorire il regime di Teheran "


Shirin Neshat

VENEZIA - «Se Sakineh è ancora viva è grazie anche a Carla Bruni. Per questo i quotidiani iraniani le danno della prostituta e la minacciano di morte: la denigrano per togliere valore alle sue parole. Perché al regime di Teheran non basta imprigionare, torturare e uccidere centinaia di dissidenti: ha bisogno di uccidere anche le parole. Far sì che le menti degli iraniani restino vuote, non siano avvelenate dalle idee». La videoartista iraniana Shirin Neshat esprime la sua indignazione con voce pacata. Della condizione femminile nelle società musulmane ha raccontato attraverso le fotografie e il film da regista, Donne senza uomini, premiato l´anno scorso con il Leone d´argento alla Mostra di Venezia.
«La posizione di Carla, in un Paese come la Francia dove ci sono tensioni per il velo bandito delle donne musulmane, è ancora più importante. Molti personaggi famosi non hanno voglia di esporsi, l´ho constatato mentre lavoravo alla petizione per liberare il regista Jafar Panahi. E invece è proprio il megafono internazionale che mette pressione al governo iraniano».
Qual è il sentimento degli iraniani, oggi?
«Paura. Paura del regime, ma anche di essere abbandonati dai media internazionali. Nei giorni dell´Onda verde il popolo si sentiva sostenuto da tutto il mondo, ma poi i riflettori si sono spenti e il governo ha iniziato una sistematica operazione di repressione. Quelle belle donne che avete visto manifestare per le strade di Teheran sono state imprigionate, torturate, uccise. Miei cari amici, che sono stati arrestati, mi hanno rivelato atrocità indescrivibili, uno sterminio che prima o poi verrà alla luce. E per un regista come Panahi che si riesce a far scarcerare, tanti cittadini anonimi muoiono. Tra loro Sakineh, costretta a due false confessioni in tv. Servono per dare l´esempio a tutti».
Le donne iraniane combattono una battaglia sotterranea.
«Tanto più il governo alza la pressione sulle donne, tanto più loro si organizzano in una protesta segreta. Ci sono sempre più donne che fanno gli avvocati per difendere altre donne, c´è un movimento femminile che si batte per la democrazia, ma non trova ascolto nei media. Da questo punto di vista il governo ha fatto un buon lavoro, chiudendo ogni giornale che lasciasse trapelare queste idee. Ma le nuove tecnologie, Internet, facebook, non rendono più possibile occultare questa realtà.
La condanna alla lapidazione di Sakineh che reazioni suscita nella gente iraniana?
«É una società in stato di choc. Dopo l´Onda verde il governo, dimostrando la sua disperazione, ha scelto di tornare alla repressione totale estirpando ogni tipo di opposizione. La storia di Sakineh gli si sta rivoltando contro. Nessuno avrebbe mai immaginato che in questo momento storico l´Iran fosse un Paese in cui si possono applicare condanne d´altri tempi. Eravamo una società colta e moderna, oggi siamo governati con modi talebani. Questo non appartiene allo spirito della nostra gente».

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