Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/08/2010, a pag. 38, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " La profezia difficile di Peres sugli incontri di Washington ". Da REPUBBLICA, a pag. 19, l'articolo di Giampaolo Cadalanu dal titolo " Medioriente, l´ombra dei falchi sul negoziato di Washington ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i due articoli:
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " La profezia difficile di Peres sugli incontri di Washington "

Shimon Peres
È possibile arrivare a un accordo di pace prima di un anno. La previsione — in un’intervista al Tg1 andata in onda ieri sera — è del presidente israeliano Shimon Peres. L’ottimismo di un uomo spesso protagonista del difficile dialogo tra lo Stato ebraico e il mondo arabo. Un dialogo che riprende, almeno a livello ufficiale, giovedì con l’incontro a Washington tra il premier Benjamin Netanyahu e il leader palestinese Abu Mazen.
Il rilancio della trattativa, nonostante l’impegno personale di Barack Obama, grande sponsor dell’iniziativa, non è per nulla scontato. I protagonisti, pur accettando l’invito della Casa Bianca, vanno a Washington senza troppo entusiasmo. Sanno benissimo quanti ostacoli ci siano sulla via che porta a un accordo. Le parti non sono disposte a fare troppe concessioni e intanto cercano di imporre delle pre condizioni. Come decine di altre volte, manovrano, tentano di raggiungere posizioni favorevoli dalle quali poi partire per negoziare.
Il nodo da tagliare, per i palestinesi, è quello degli insediamenti israeliani nei territori arabi: devono essere congelati, altrimenti non c’è ragione per parlarsi. Dall’altra parte, Israele risponde con l’ormai tradizionale richiesta di sicurezza. Non ci può essere pace se il tuo vicino non riconosce il tuo diritto all’esistenza.
Gli americani, che troppe volte si sono scottati tentando di fare i mediatori, mostrino coraggio e forza per spingere i contendenti a fare sul serio. Il negoziato diretto — questo l’obiettivo — lo deve essere davvero. Pretendere garanzie non significa imbrigliare la trattativa con i veti, i cavilli, i sì-ma che nell’ultimo decennio hanno affossato gli sforzi di pace.
Quella di Washington può essere davvero l’ultima possibilità. Altrimenti, come ha avvertito lo stesso Peres, israeliani e palestinesi si troveranno davanti a un’alternativa troppo pericolosa.
La REPUBBLICA - Giampaolo Cadalanu : " Medioriente, l´ombra dei falchi sul negoziato di Washington "
Cadalanu scrive : "Ad aggiungere nuova tensione, c´è la scadenza della moratoria sulla costruzione di nuovi insediamenti nei Territori occupati: il governo israeliano ha annunciato che «nessuna decisione sarà presa prima dell´inizio dei colloqui». Non prendere impegni su nuove costruzioni è ovviamente un modo per fare pressione sui delegati palestinesi. ". Non prendere nuovi impegni significa semplicemente partecipare ai negoziati senza precondizioni. La questione degli insediamenti non può essere posta come precondizione. Tanto più che l'Anp considera anche Gerusalemme una colonia.
In ogni caso, i negoziati inizieranno il 2 settembre. La moratoria scade il 26.
Ecco l'articolo

Abu Mazen
I colloqui di pace a Washington non sono ancora cominciati e già l´orizzonte si fa nuvoloso per israeliani e palestinesi. La disponibilità concessa dal premier Benjamin Netanyahu al presidente americano Obama è subito inciampata sull´atteggiamento integralista di una parte della maggioranza che regge il suo governo: ieri il rabbino Ovadia Yosef, capo spirituale del partito ultraortodosso Shas, ha augurato «l´estinzione da questo mondo» al presidente dell´Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e a tutti i palestinesi. Il sermone in sinagoga è diventato una preghiera perché «Dio mandi la peste» e «faccia morire i nemici di Israele».
Lo Shas, la cui base elettorale è composta principalmente da ebrei provenienti dai paesi arabi, fornisce quattro ministri al governo Netanyahu, fra cui anche il vicepremier e responsabile degli interni Eli Yishai, leader dello Shas. Ma Yosef non è nuovo ai toni forti: nel 2001 esortò gli israeliani ad «annientare gli arabi». Nel suo mirino sono finiti in passato anche gli ebrei laici, i progressisti, le donne e i gay. L´Anp ha reagito pacatamente: «Lo conosciamo bene, le sue parole non ci fanno nessun effetto», ha detto un dirigente al sito web del Yedioth Ahronoth.
Più preoccupante per l´Autorità nazionale palestinese è il dissenso di Hamas. Il dirigente politico del movimento, Halil al-Haya, ha espresso con estrema durezza il suo giudizio sui negoziati voluti da Barack Obama: le teste dei dirigenti dell´Anp «saranno schiacciate» dai miliziani di Hamas se alle prossime trattative faranno compromessi «sul diritto del ritorno dei profughi, su Gerusalemme e sulla Palestina».
I rapporti fra Hamas e l´Anp sono tesissimi, dopo che gli uomini di Abu Mazen hanno impedito a esponenti del movimento islamico di entrare in una moschea in Cisgiordania. Sulla stampa è circolata l´ipotesi che l´Anp voglia impedire ad Hamas di mobilitare le moschee della Cisgiordania in proteste contro Abu Mazen.
Ad aggiungere nuova tensione, c´è la scadenza della moratoria sulla costruzione di nuovi insediamenti nei Territori occupati: il governo israeliano ha annunciato che «nessuna decisione sarà presa prima dell´inizio dei colloqui». Non prendere impegni su nuove costruzioni è ovviamente un modo per fare pressione sui delegati palestinesi.
Intanto però a far pressione sul governo israeliano è un nutrito gruppi di artisti del palcoscenico: almeno sessanta attori di teatro hanno deciso di boicottare ogni spettacolo programmato nei Territori occupati. In particolare, al centro della polemica c´è il centro teatrale di Ariel, un insediamento di ventimila persone sorto in piena Cisgiordania.
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