Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La testimonianza di Ehud Barak davanti alla commissione sulla flottiglia Intanto parte l'inchiesta Onu, approvata da tutti, tranne che dal quotidiano comunista
Testata:Il Foglio - Il Manifesto Autore: La redazione del Foglio - Michele Giorgio Titolo: «Barak difende il blitz navale, ma tira ariaccia dentro il governo - Flotilla, parte l’inchiesta Onu. Talmente indipendente che Israele ci sta»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 11/08/2010, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Barak difende il blitz navale, ma tira ariaccia dentro il governo ". Dal MANIFESTO, a pag. 8, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Flotilla, parte l’inchiesta Onu. Talmente indipendente che Israele ci sta ", preceduto dal nostro commento. Ecco i due articoli:
Il FOGLIO - " Barak difende il blitz navale, ma tira ariaccia dentro il governo"
Ehud Barak
Gerusalemme. Ieri il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, si è presentato davanti alla Commissione d’inchiesta sul blitz delle forze speciali a bordo della nave turca Mavi Marmara, che alla fine di maggio ha provocato la morte di nove attivisti. Al contrario del premier Benjamin Netanyahu, sentito il giorno prima, che ha attaccato duramente il governo turco ma è stato vago sul processo decisionale e sulle responsabilità precise durante la preparazione del blitz, Barak è stato torrenziale: per un’ora e mezza non ha lasciato letteralmente ai tre mebri della commissione presieduta dall’ex giudice della Corte suprema Yaakov Turkel il tempo di ribattere o di formulare una domanda – cosa che con il passare del tempo è diventata inutile, considerata la mole di informazioni rovesciata in aula. Alla prima pausa utile, i membri si sono lamentati dei troppi documenti presentati soltanto il giorno prima – “non abbiamo avuto il tempo di esaminarli tutti, sarebbe stato impossibile” – e alla seconda hanno chiesto una sospensione della deposizione per consentire all’ex giudice di riposarsi. La testimonianza di Barak è sembrata una risposta diretta a quella di Netanyahu, che aveva lasciato intendere di essere stato tenuto poco al corrente dei dettagli dell’operazione: roba per gli incursori, il governo ragiona sull’opportunità e le possibili conseguenze, soprattutto, ha detto Bibi, in campo mediatico: che cosa succede se fermiamo chi tenta di forzare il blocco navale che isola Gaza e trasforma l’enclave palestinese in un approdo libero per tutti i traffici, compreso quello di armi da guerra che è già attivo adesso via terra? Barak ha detto che nel Gruppo dei sette, il cerchio ristretto di ministri più importanti che prende le decisioni che contano all’interno dell’esecutivo, si è parlato anche degli scenari catastrofici – come quello che poi si è verificato: i commando che salgono a bordo armati di paintball, le pistole innocue che sparano vernice, ma sono sopraffatti dalla violenza degli attivisti turchi e sono costretti a ricorrere alle armi da fuoco, creando una rottura delle relazioni diplomatiche con Ankara. Durante l’incontro, il capo di stato maggiore, il generale Gabi Ashkenazi, aveva messo in guardia dalla possibilità di un contraccolpo diplomatico. Barak ha detto di accettare la “piena responsabilità” per quello che è accaduto. Il suo isolamento politico cresce: il ministro può tollerare che il suo partito, il Labour, sia stato relegato dagli elettori, in una posizione marginale, all’opposizione, fino a quando rimane intatto il suo status leggendario di uomo d’armi. Ma ora il caso della Mavi Marmara getta un’ombra pure su quello. Due giorni fa Barak, innervosito, ha fatto sapere che non concederà un quinto anno alla guida delle Forze armate al generale Ashkenazi, che ha un mandato naturale di quattro anni e che non aveva chiesto un prolungamento. E’ sembrato uno scatto da parte di Barak per riaffermare il proprio potere, messo in discussione. La deposizione conteneva questi tipi di messaggi trasversali destinati ai compagni di governo, ma non ha perso il suo vero significato: abbiamo accettato un’inchiesta sul nostro operato perché pensiamo che la vera responsabilità è di chi ha intenzionalmente progettato di rompere il blocco navale e di chi ad Ankara ha dato il suo permesso e il suo incoraggiamento agli attivisti. Ieri il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, ha attaccato il governo di Gerusalemme: “Deve prendersi la responsabilità di quanto è accaduto”. Ma tutta l’incursione degli attivisti contro il blocco navale di Gaza è stato benedetto fin dall’origine dalla Turchia – il cui esecutivo è legato a doppio filo con gli organizzatori della Mavi Marmara – perché avrebbe creato – come è infatti successo – un terremoto nei rapporti diplomatici in medio oriente, da cui Ankara è uscita in posizione dominante e il premier, Recep Tayyip Erdogan, salutato come nuovo eroe dei palestinesi.
Il MANIFESTO - Michele Giorgio : " Flotilla, parte l’inchiesta Onu. Talmente indipendente che Israele ci sta "
Ecco com'è composta la commissione di inchiesta sulla flottiglia : "A guidare i lavori saranno due copresidenti – l’ex premier neozelandese Geoffrey Palmer e l’ex capo di stato colombiano AlvaroUribe – assieme ai rappresentanti della Turchia Ozdem Sanberk e di Israele Joseph Ciechanover.". Michele Giorgio, come traspare chiaramente da ciò che scrive nel suo pezzo, non è soddisfatto della scelta dei quattro nomi. Non è soddisfatto perchè Israele, invece, li ha accettati. Questo è il difetto maggiore della commissione, quello di non aver suscitato proteste in Israele. Giorgio scrive : " Un cambiamento spiegabile solo con la composizione della commissione, davanti alla quale - ha ribadito due giorni fa Netanyahu - non andranno militari israeliani (si dice sulla base di un accordo dietro le quinte con Ban Ki-moon). ". Giorgio ha le prove di quello che ha scritto? Dato che non le espone nel pezzo, si suppone di no. Dato che Ban Ki-Moon ha criticato duramente Israele per aver bloccato la flottiglia e per la morte dei nove terroristi/pacifinti turchi, è difficile credere che abbia fatto accordi con Netanyahu per non far comparire davanti alla commissione i militari e che abbia scelto i membri in modo da compiacerlo. Giorgio scrive : "La posizione di Israele è nota: i soldati all’assalto della Mavi Marmara avrebbe fatto fuoco per «legittima difesa» di fronte alla reazione «violenta» dei passeggeri. Questa versione viene smentita seccamente dalle testimonianze dagli attivisti a bordo del traghetto turco. ". La prova che smentisce la versione fornita da Tzahal sarebbe la smentita dei passeggeri della flottiglia? Gli stessi che sostengono di essere pacifisti e che, come dimostrano le foto scattate, erano armati? Se ai passeggeri della flottiglia fosse interessato sul serio mandare aiuti alla popolazione di Gaza, avrebbero attraccato al porto di Ashdod, come era stato richiesto dalla marina militare israeliana e avrebbero permesso che le merci venissero ispezionate e spedite via terra a Gaza. A confermare che sulla flottiglia ci fossero terroristi armati ci sono video e immagini. Michele Giorgio ha qualche prova concreta che confermi la versione dei passeggeri della flottiglia, a parte la loro parola ? Ecco l'articolo:
Mavi Marmara
Si è riunita ieri per la prima volta a New York la controversa commissione dell’Onu incaricata di indagare sul sanguinoso arrembaggio israeliano alle sei navi della Freedom Flottilla dirette a Gaza con aiuti umanitari in cui, lo scorso 31maggio, vennero uccisi nove civili turchi. I quattromembri della commissione si sono incontrai con il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e hanno discusso del loro mandato, formalmente finalizzato «ad esaminare e individuare i fatti, le circostanze e il contesto dell’accaduto così come a raccomandaremisure per evitare altri incidenti». Israele nei giorni scorsi a sorpresa ha dato il suo via libera all’inchiesta Onu dopo due mesi di ferma opposizione da parte del premier Netanyahu, che ha anche escluso categoricamente di presentare scuse ufficiali alla Turchia. Un cambiamento spiegabile solo con la composizione della commissione, davanti alla quale - ha ribadito due giorni fa Netanyahu - non andranno militari israeliani (si dice sulla base di un accordo dietro le quinte con Ban Ki-moon). A guidare i lavori saranno due copresidenti – l’ex premier neozelandese Geoffrey Palmer e l’ex capo di stato colombiano AlvaroUribe – assieme ai rappresentanti della Turchia Ozdem Sanberk e di Israele Joseph Ciechanover. La scelta di Uribe sfiora l’assurdo: stretto alleato di Washington in America Latina e fedele esecutore delle politiche statunitensi, Uribe nel suo paese si è lasciato dietro una scia di sangue e violazioni di diritti umani con pochi precedenti, oltre ad aver fatto di Israele ilmiglior partner militare della Colombia. Tel Aviv avrebbe fornito a Bogotà armamenti sofisticati per la lotta alla guerriglia delle Farc, a cominciare dai droni, fiore all’occhiello della sua industria bellica. Quale credibilità può avere questa indagine, si è chiesto qualche giorno fa l’analista Phyllis Bennis (Institute for policy studies), se di quattromembri del team uno è l’inviato di Israele e altri due (Palmer e Uribe) se non proprio scelti da Tel Aviv comunque hanno la sua approvazione? E non manca chi legge dietro le manovre di Ban Ki-moon al Palazzo di Vetro lo sforzo di ricucire le relazioni tra Turchia e Israele, essenziali per le strategie Usa nel Vicino Oriente. Davanti ad un’altra commissione, quella interna istituita dal governo Netanyahu, ha parlato ieri il ministro della difesa israeliano Ehud Barak che si è preso «tutta la responsabilità» per l’attacco alla Freedom Flotilla. «Mi prendo tutta la responsabilità - ha detto Barak - per qualunque cosa sia successa sotto il mio comando, per gli ordini dati a livello politico». Scelta obbligata visto che Netanyahu, che il 31 agosto si trovava negli Usa, gli aveva affidato la gestione dell’arrembaggio alle navi pacifiste. La posizione di Israele è nota: i soldati all’assalto della Mavi Marmara avrebbe fatto fuoco per «legittima difesa» di fronte alla reazione «violenta» dei passeggeri. Questa versione viene smentita seccamente dalle testimonianze dagli attivisti a bordo del traghetto turco.
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