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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio-La Stampa Rassegna Stampa
28.07.2010 David Cameron, un disastro. Su Gaza e Turchia non capisce nulla
L'analisi del Foglio e la cronaca di Andrea Malaguti

Testata:Il Foglio-La Stampa
Autore: Editoriale del Foglio-Andrea Malaguti
Titolo: «Gaza è prigioniera di Hamas-Cameron ai turchi, vi porto nell'Ue»

La Gran Bretagna nelle mani di David Cameron, il che dimostra che il declino dell'Europa non è solo più rappresentato dalla sinistra, che in GB ha profonde radici, come ha dimostrato la politica inglese degli anni '30, ma ha raggiunto la componenete conservatrice. Dimenticare Churchill, è la nuova parola d'ordine. Basteranno le parole di Guido Westerwelle a farlo rinsavire ? Ne dubitiamo. Il commento del FOGLIO è un editoriale a pag.3, la cronaca della STAMPA, di Andrea Malaguti, a pag.16.

Il Foglio- " Gaza è prigioniera di Hamas "


Hamas                                  David Cameron

Nella sua prima visita in Turchia, David Cameron ha scelto parole forti e inopportune su Gaza. “Non può e non deve rimanere un campo di prigionia”, ha detto il premier britannico, prima di incontrare il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, con cui ha discusso soprattutto del dossier Iran. Cameron forse pensa di potere strappare ad Ankara un atteggiamento più ragionevole. Dopo aver cercato di fare deragliare le sanzioni Onu, la Turchia ha annunciato che non cederà alle pressioni occidentali per applicare misure più dure. Peggio: Ankara si è candidata a diventare lo scalo degli interessi economici e finanziari iraniani e ha promesso all’Iran un aiuto per aggirare le sanzioni sulle importazioni di benzina. Ma non è echeggiando la retorica anti israeliana di Erdogan che Cameron riuscirà ad arginare la deriva. Anzi, ascoltando un premier britannico paragonare Gaza a un “campo di prigionia”, Erdogan si sentirà legittimato nella sua politica neo-ottomana che contrasta con gli interessi e gli obiettivi occidentali nella regione. Se Gaza è un campo di prigionia, lo si deve più a Hamas che al blocco – sempre più allentato – di Israele. Sabato l’organizzazione islamista che controlla la Striscia ha proclamato che non accetterà gli aiuti umanitari via terra. La posizione dell’Onu, che vuole farli transitare dai valichi, è “inaccettabile e illegale”, dice il portavoce di Hamas: le flottiglie in partenza (l’ultima dal Libano) devono “continuare a raggiungere Gaza via mare”. L’invito alla provocazione non può essere più esplicito, sapendo che Israele non permetterà di violare il blocco navale. Sulla situazione umanitaria a Gaza, Hamas gioca al tanto peggio per i palestinesi, tanto meglio per la propaganda islamista. Gli aiuti scaricati dal mare sono rimasti per giorni nei magazzini ai valichi, perché Hamas li ha rifiutati. Ora il gruppo ha deciso di bloccare le importazioni perché minerebbero il proprio controllo sull’economia di Gaza.

La Stampa-Andrea Malaguti: " Cameron ai turchi, vi porto nell'Ue "


David Cameron           Guido Westerwelle

CORRISPONDENTE DA LONDRA
Pronto a raccogliere il deciso invito del ministro della Difesa americano Robert Gates («Qualcuno spinga i turchi in Europa»), animato da uno stimolante paradosso - lui, euroscettico, in prima linea per spalancare le porte dell’Ue a una enigmatica potenza mondiale - e affascinato dalla possibilità dell’ennesimo braccio di ferro a distanza con Francia e Germania, un ispirato David Cameron, intervenendo al Parlamento di Ankara con la stessa immutabile espressione della statua di cera di Madame Tussauds, ha teatralmente chiarito agli amici turchi che cosa intenda fare la sua Inghilterra per loro: «Combatteremo per difendere i vostri diritti al tavolo dei leader del Vecchio Continente». L’applauso è durato un minuto.
Al rientro da un non del tutto soddisfacente viaggio in India, dopo aver letto in aereo il dossier sui rapporti commerciali tra Gran Bretagna e Turchia, stimati in più di nove miliardi di dollari l’anno, il primo ministro di Sua Maestà si è sistemato la cravatta viola e, girato lo sguardo verso l’enorme bandiera con la mezzaluna alle sue spalle, si è schierato al fianco dell’unica nazione musulmana della Nato impegnata nella guerra in Afghanistan, interlocutrice decisiva nei rapporti con Israele e l’Iran. «La mia visione è chiara: non è possibile chiedervi di fare la guardia al campo senza lasciare che entriate nella tenda». Nuovo applauso.
Recep Erdogan, primo ministro di un Paese alle prese con la questione curda ma che è già oggi la sedicesima potenza economica mondiale ed è destinato a diventare la seconda europea entro il 2050, ha stirato lievemente le labbra in quello che poteva sembrare un sorriso.
Il voto di Ankara contrario alle sanzioni dell’Onu all’Iran della scorsa settimana e le relazioni con Israele drasticamente peggiorate dopo l’assalto alla nave dei pacifisti, sembravano l’ennesimo ostacolo sul cammino del riconoscimento continentale, ma in quel preciso istante David Cameron gli stava dicendo che lui e i suoi 72 milioni di concittadini hanno alleati potenti e disposti a molto per raggiungere l’obiettivo. «Saremo noi a pavimentare la strada che porta da Ankara a Bruxelles», ha insistito il primo ministro britannico. Boato. «Sbaglia chi vede in voi un pericolo e non una opportunità. L’Europa non si identifica con le singole scelte religiose, ma con i valori: e quelli sono condivisi. E sbaglia chi pensa che dobbiate rinunciare alla vostra identità per decidere se volete stare a Est o a Ovest. Solo, vi prego, mantenete saldi i rapporti di amicizia con Israele e accelerate il cammino del completo riconoscimento dei diritti umani». La Big Society universale, ecco il suo grande sogno. Il viaggio nella storia degli uomini di buona volontà.
Ma mentre Cameron incassava consensi e stringeva mani («Gaza non può più essere una prigione, le persone e le cose devono circolare liberamente»), Guido Westerwelle, capo della diplomazia tedesca, rilasciava una intervista-risposta alla vigilia della sua partenza per Istanbul, chiarendo che «chiunque abbia l’impressione che l’ingresso nella Ue della Turchia sia dietro l’angolo si sbaglia di grosso». Dunque Cameron sbaglia di grosso e quello che piace agli inglesi alla Germania non piace affatto. Chi può fare i conti con l’immigrazione di massa che si scatenerebbe con l’ingresso nell’Unione? Chi può garantire l’Europa dal proselitismo degli estremisti musulmani? Fantasmi sospesi nell’aria.
«Se si dovesse decidere oggi, la Turchia non sarebbe pronta a fare parte dell’Unione Europea e l’Unione non sarebbe in grado di assorbirla. Degli oltre trenta capitoli del negoziato più della metà sono bloccati. D’altra parte è vitale, non solo per ragioni economiche, che Ankara sia sulla sponda europea». A fare la guardia al campo. Ma fuori dalla tenda. Non sarà semplice convincere i turchi che per ora va bene così.

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