Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 23/07/2010, a pag. 10, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Israele ora ha uno scudo che lo protegge dai razzi degli amici di Teheran ".
Come funziona Iron Dome:
1) Un razzo viene lanciato dalla Striscia contro Israele;
2) I radar israeliani individuano il razzo mentre è in volo;
3) Un secondo dopo parte un razzo più veloce da Israele;
4) Il missile israeliano intercetta il razzo di Hamas;

Fiamma Nirenstein
L’arte della guerra è un’avventura psicologica molto più che tecnica; chi riesce a intraprendere le rivoluzioni necessarie, vince. E in genere, soltanto le democrazie riescono a mettersi in discussione fino a scavalcare tradizioni d’arma e gerarchie militari che impongono vecchi sistemi perdenti. Adesso, siamo di fronte a una rivoluzione strategica di valore globale. Tre giorni or sono su Israele è stata virtualmente eretta una «cupola di acciaio», Iron Dome, un sistema di difesa missilistico le cui due prime batterie saranno pronte a novembre. È la risposta ai missili Kassam, Katiusha, Grad, Fajr e simili lanciati, con un raggio fino a 70 chilometri, da Gaza e da Hezbollah in Libano, ovvero i razzi a breve gittata che tengono i civili di Israele ostaggio ogni giorno dell’anno. È la risposta al nuovo pericolo strategico immediato che si affianca, nel programma dell’Idf, l’esercito israeliano, al Magic Wand contro i missili a medio raggio, e l’Arrow, contro i missili a lungo raggio.
In una serie di test condotti nel deserto del Negev in cui la «cupola» ha distrutto contemporaneamente missili provenienti da molte direzioni, si è sperimentata anche la capacità del nuovo sistema di distinguere missili diretti contro zone abitate da quelli destinati a cadere senza fare danni, e questo potrebbe risparmiare esplosivo e 100mila dollari a missile, tanto ne costa ciascuno. Si discute su quante batterie siano necessarie per difendere Sderot, città a pochi chilometri da Gaza. Alcuni dicono una, altri due, ma si pensa soprattutto al Nord, alle minacce del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che ha il tipo di missili che ormai Israele può fermare. Come usa in Israele, si discute ferocemente anche su un successo, ma è chiaro a tutti che si apre una nuova era, quella in cui i civili sono difesi dalla maggiore minaccia della guerra asimmetrica, quella di attaccare donne e bambini a casa loro.
Nel 2000 l’arma definitiva erano i terroristi suicidi. Sembrava impossibile fermarli: poiché erano determinati a morire, nessuna minaccia poteva arginare l’orrida quotidiana ondata di giovani col giubbotto, eguale agli altri salvo che per la cintura di tritolo; di pie fanciulle bianco velate secondo il precetto islamico che, davanti a un supermarket o a un caffè israeliano pieno di avventori da uccidere, scendevano da un taxi proveniente da Betlemme, in cui per la prima volta in vita loro avevano trascorso una mezz’ora da sole con un uomo, l’autista. Poi Ariel Sharon disse basta, e lanciò l’operazione «Muro di difesa» che disseccò la palude: i depositi di esplosivo, i finanziamenti di Yasser Arafat, le bande di supporto come i Tanzim, interi paesi, come Jenin, conquistata in una dura battaglia con 52 morti palestinesi e 23 soldati israeliani, macchine pianificatrici di questo nuovo tipo di guerra. Sharon vinse, il terrorismo si arenò. E nacque la nuova grande guerra dei missili: da lontano, al Nord e al Sud, sia gli Hezbollah sia Hamas, il secondo reso libero di agire dallo sgombero di Gaza cinque anni fa, il primo dallo sgombero del 2000 misero mano a Kassam, Grad, Fajr,Katiushe. Ne nacquero due guerre, la seconda guerra del Libano e l’Operazione Piombo Fuso. Era la grande scoperta terrorista: invece di mandare i tuoi uomini in casa del nemico, invece di esplodere sugli autobus e nei ristoranti, vai a trovarli con i missili fin dentro casa, mandali al cimitero, all’ospedale e anche al manicomio sparando molto e da molto lontano. La sfida è strategica, definitiva, una forma di minaccia così convincente che l’Iran, coadiuvato dalla Siria, ci ha impostato sopra gran parte della sua prospettiva egemonica. I suoi amici Hezbollah hanno ricevuto in regalo 40mila missili e anche Hamas dispone ormai di una pioggia di missili da usare al bisogno, se per esempio l’Iran dovesse innervosirsi alla prospettiva di un attacco alle sue strutture atomiche. Ma le cose sono cambiate in questi giorni, e non solo per Israele: da una fase di potenziamento delle armi aggressive, passando a quello delle armi difensive indica una strada a chiunque possa trovarsi a temere che il terrorismo lo scelga come obiettivo della nuova arma missilistica. Essere coperti dall’attacco degli amici dell’Iran crea anche la possibilità per Israele di non dovere temere una furiosa risposta pilotata nel caso decida di attaccare le strutture atomiche iraniane, la maggiore minaccia esistenziale che Israele abbia mai conosciuto. Sarà interessante in questi giorni seguire quale sarà la decisione finale di Israele sull’acquistare o meno l’F15 dagli Usa: lo Stato ebraico deve decidere se acquistare uno squadrone di questi aerei da combattimento di quinta generazione che i radar non intercettano. In questo modo con i nuovi sistemi di difesa e quelli di attacco, con la convinzione che l’Iran non deve raggiungere l’atomica, Hezbollah e Hamas non saranno contenti.
www.fiammanirenstein.com
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