Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Afghanistan: le strategie di Petraeus e McChrystal a confronto Commenti di Maurizio Molinari, redazione del Foglio
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Maurizio Molinari - La Redazione del Foglio Titolo: «Ciclone Petraeus a Kabul: 'Qui comando soltanto io' - Però McChrystal aveva ragione»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 16/07/2010, a pag. 19, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Ciclone Petraeus a Kabul: 'Qui comando soltanto io' ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Però McChrystal aveva ragione ". Ecco i due articoli:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Ciclone Petraeus a Kabul: 'Qui comando soltanto io' "
Maurizio Molinari
Ad appena dodici giorni dall’insediamento a Kabul alla guida delle truppe americane, il generale David Petraeus ha ottenuto dal presidente Hamid Karzai il via libera alla nascita dei «Guardiani dei villaggi», le milizie tribali destinate ad affiancare le forze regolari per garantire l’ordine pubblico. Il governo afghano aveva negato per mesi tale avallo al generale Stanley McChrystal con ogni sorta di motivazioni: dal rischio di «rafforzare i signori della guerra» alla possibilità di «moltiplicare la corruzione». Ma se McChrystal aveva prestato molta attenzione a tali obiezioni, Petraeus le ha liquidate in fretta facendo a un recalcitrante Karzai solo due concessioni, le milizie dipenderanno dal ministero dell’Interno e terminata la missione saranno disciolte. L’approccio energico con cui Petraeus ha sciolto il nodo delle milizie - a cui tiene molto per via del fatto che in Iraq furono decisive per sconfiggere Al Qaeda nel Triangolo sunnita - è la cartina di tornasole di quanto sta avvenendo a Kabul e dintorni. Alti diplomatici e ufficiali militari, tanto americani che di altre nazioni, nei telegrammi recapitati alle rispettive capitali nell’ultima settimana - alcuni dei quali sono stati consultati da «La Stampa» - adoperano termini come «ciclone» per descrivere quanto sta avvenendo. I primi ad accorgersene sono stati gli ufficiali delle forze Nato e Isaf perché erano abituati a un McChrystal che li ascoltava a lungo in religioso silenzio prima di fare alcune domande, mentre Petraeus di quesiti ne rivolge ben pochi ma interrompe spesso per spiegare come la pensa e «dare ordini». Poi è stata la volta di Mark Sedwill, l’ambasciatore di Sua Maestà britannica a capo delle operazioni civili della coalizione, a doversi accorgere che Petraeus è fatto di una pasta ben diversa dal predecessore. L’impatto è stato tale che Sedwill si è sfogato con alcuni collaboratori: «Pensate un po’, Petraeus mi dà istruzioni, non capisce che qui non siamo in Iraq, l’America non è da sola ma c’è una coalizione». Ma per Petraeus ciò che conta non è la nazionalità delle truppe bensì chi decide e, visto che la guerra non va per il meglio, sente che tocca a lui rimettere le cose a posto. A farne le spese è stato anche l’ambasciatore Usa a Kabul, l’ex generale Karl Eikenberry, al quale ha fatto sapere senza troppi complimenti di considerarlo un «consigliere politico». Come dire: senza voce in capitolo sulle questioni militari. La prima in agenda riguardava le milizie, l’ostacolo era Karzai ed è stato superato. Ora è il turno delle «nuove disposizioni per le truppe» al fine di ridurre le perdite attribuite dai comandanti sul campo agli ordini impartiti da McChrystal perché spingono i soldati ad «assumersi rischi per proteggere i civili». Molteplici ufficiali hanno fatto presente a Petraeus che «le norme di McChrystal spesso si rivelano fatali» provocando «malumore nelle truppe» e Petraeus è intenzionato a risolvere il problema modificando i regolamenti operativi per tutelare di più le truppe, nel quadro della strategia decisa dal presidente Obama che punta comunque sulla «protezione dei civili» per sconfiggere i taleban. Il terzo pilastro dell’approccio di Petraeus è il riassetto delle truppe della coalizione sul territorio: se McChrystal aveva accelerato l’abbandono degli avamposti isolati, adesso l’accento non è sul ritiro ma sull’assegnazione di nuovi compiti. Le truppe resteranno dove sono ma avranno mansioni diverse, passando dal «combattimento» al «sostegno» delle forze regolari afghane. Fra le innovazioni che il nuovo comandante americano ha in mente ce n’è anche una che fa venire i brividi agli alleati europei con i contingenti nelle zone meno esposte ai taleban (Italia, Francia, Germania e Spagna). Si tratta del «Transition Dividend» ovvero l’ipotesi che le truppe di un singolo Paese non più necessarie in un’area divenuta sicura possano essere «spostate altrove», magari in zone dell’Est e del Sud dove gli scontri sono più aspri. Per avere un’idea dei primi risultati prodotti dal «ciclone Petraeus» basti pensare che quando il generale entra in una sala tutti scattano in piedi, cosa che con McChrystal non avveniva. Forse perché, come osserva un diplomatico, «è assai meno gentile» del predecessore.
Il FOGLIO - " Però McChrystal aveva ragione "
Stanley McChrystal, David Petraeus
McChrystal aveva ragione. Il generale cacciato dall’Amministrazione Obama per i commenti imprudenti – suoi e del suo staff – è riuscito a mantenere la sua promessa di ridurre drasticamente il numero di vittime civili dei raid aerei americani in Afghanistan. Nei primi sei mesi del 2010 i morti sono la metà rispetto ai primi sei mesi del 2009, grazie alle nuove regole imposte dall’ex comandante, che ha chiesto ai suoi soldati di chiamare aerei ed elicotteri da combattimento soltanto in casi estremi. Il dimezzamento delle vittime è sorprendente perché arriva in un anno che è molto più violento di quelli precedenti. Aumentano invece i civili uccisi dai talebani, che seminano bombe stradali e non esitano a mandare attentatori suicidi tra la folla. Finora quest’anno i talebani hanno ucciso un numero di afghani tre volte superiore, 661 contro i 210 della Coalizione, come era successo anche l’anno scorso. Il dato è ancora più importante perché i guerriglieri di solito si mescolano e si fanno scudo con i civili e tentano in ogni modo di provocare il fuoco dei soldati: il sangue dei civili è sempre un ottimo strumento di propaganda. Invece, colpire i soldati senza toccare i civili è più facile. L’articolo di Rolling Stone che è costato il posto a McChrystal spiegava anche che i soldati erano esasperati dai suoi tentativi di frenare la loro potenza di fuoco e da regole d’ingaggio che considerano troppo caute. Un destino amaro per il generale arrivato alle quattro stelle grazie a una carriera di duro e di sicario di terroristi, e che invece in Afghanistan girava le basi a spiegare che ogni civile morto genera dieci talebani arrabbiati ed è così che i russi hanno perso e che l’America invece alla fine avrebbe vinto. I numeri, ora che in silenzio pietrificato si è ritirato dopo 34 anni di carriera militare, gli danno ragione. Tanto che il suo maestro che lo ha rimpiazzato, Petraeus, ha detto che non cambierà le regole contestate, piuttosto le “chiarirà” ai soldati.
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