lunedi` 12 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
27.06.2010 Obama - chiusura di Guantanamo: un'altra promessa elettorale non mantenuta
Cronaca di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 27 giugno 2010
Pagina: 16
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Rebus Guantanamo: chiusura sempre più lontana»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 27/06/2010, a pag. 16, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Rebus Guantanamo: chiusura sempre più lontana".


Barack Obama

WASHINGTON — Durante la campagna elettorale Barack Obama aveva fatto una promessa: chiuderò il campo di prigionia di Guantanamo entro il gennaio 2010. E una volta presidente ha chiesto aiuto agli alleati affinché accogliessero alcuni degli «ospiti». I partner, con grande sofferenza, hanno accettato 33 ex detenuti ed altri 22 potrebbero essere distribuiti in Paesi amici. Sembrava davvero che l’obiettivo di smantellare Gitmo fosse vicino. Invece, mese dopo mese, la meta è diventata sempre più lontana. E come ha sottolineato ieri il New York Times non si può escludere che il campo resterà attivo per molto, forse fino alla scadenza del primo mandato del presidente. Restando una macchia sull’onore americano e una maledizione per chi comanda alla Casa Bianca.

Ma perché eliminare il campo è diventata un’impresa? Il primo ostacolo è rappresentato dai terroristi. Al Qaeda avrà perso la sua capacità strategica, ma i gruppi affiliati o ispirati sono comunque in grado di tenere in allarme l’America. E senza spargere sangue: i due mancati attentati— al jet Northwest e a Times Square— hanno messo in difficoltà la Casa Bianca. I qaedisti hanno fallito, però hanno dimostrato di non essere mai domi. Sbaraccare Guantanamo sarebbe stato considerato un gesto di debolezza. E l’idea di trasferire i qaedisti in una prigione a Thomson, Illinois, è naufragata nonostante gli incentivi economici per la città e qualche posto di lavoro da secondino. Tranne delle rarissime eccezioni, nessun governatore o senatore è disposto ad avere i reclusi nel «cortile di casa».

C’è poi il problema di cosa fare del nucleo duro dei 181 prigionieri rimasti. Di nuovo, Obama voleva processare le menti dell’11 settembre a New York davanti ad un tribunale civile. Ma l’idea ha provocato reazioni veementi. Un evento drammatico— hanno denunciato i critici — che metteva a rischio la città e per giunta avrebbe pesato molto su budget già all’osso.

Gli schieramenti pro e contro hanno cercato di sostenere le proprie ragioni citando studi ad hoc. Un rapporto ha indicato che solo il 10 per cento dei detenuti era da considerare davvero pericoloso. Gli avversari hanno ribattuto ricordando come dei 120 estremisti rinviati in Arabia Saudita ben 25 siano tornati alla Jihad entrando — con ruoli importanti — nella fazione regionale di Al Qaeda. La stessa che ha cercato di distruggere il jet Northwest.

Per uscire dall’angolo, la Casa Bianca ha provato ad elaborare il piano B. In due mosse. Gli Usa potrebbero rimandare nei loro Paesi alcuni dei detenuti, quelli ritenuti non a rischio. Quindi proveranno a convincere il governo Karzai a lasciare sotto il controllo Usa una piccola sezione del nuovo carcere di Bagram: un «braccio» dove rinchiudere 48 terroristi duri e puri. Un’estensione di un centro di reclusione «segreto» già operativo che qualcuno definisce una mini-Gitmo. Un approccio molto pragmatico e poco ideologico per eliminare un simbolo negativo e, al tempo stesso, tenere sotto chiave i seguaci di Osama. L’ultima scappatoia per sottrarsi alla maledizione di Guantanamo.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT