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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Il Giornale Rassegna Stampa
21.06.2010 La situazione a Gaza: sono le sbarre di una prigione o di un cancello ?
Cronaca di Aldo Baquis, commento di Paolo Granzotto

Testata:La Stampa - Il Giornale
Autore: Aldo Baquis - Paolo Granzotto
Titolo: «Allentato il blocco a Gaza. sì al transito di beni civili - Al blocco attorno a Gaza partecipa anche l’Egitto. Eppure nessuno protesta»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 21/06/2010, a pag. 16, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Allentato il blocco a Gaza. sì al transito di beni civili ", preceduto dal nostro commento. Dal GIORNALE, a pag. 42, la risposta di Paolo Granzotto ad un lettore dal titolo " Al blocco attorno a Gaza partecipa anche l’Egitto. Eppure nessuno protesta ". Ecco i due articoli:

La STAMPA - Aldo Baquis : " Allentato il blocco a Gaza. sì al transito di beni civili "

L'articolo di Aldo Baquis è corretto e accurato. Anche i pezzi di Francesco Battistini (CORRIERE della SERA) e Alberto Flores D'Arcais (La REPUBBLICA) che però non riportiamo lo erano.
Non si può scrivere lo stesso della scelta delle immagini per il pezzo.
La prima (riprodotta in questa pagina in alto a destra) rappresenta, come scritto nella didascalia, " b
ambini palestinesi manifestano attaccati ai cancelli della zona industriale di Gaza, chiedendo la riapertura dei posti di blocco ela fine dell’assedio ". Osservando l'immagine si vedono chiaramente anche mani di adulti, ma ovviamente l'idea di bambini che manifestano spontaneamente contro Israele fa più sensazione. In ogni caso, l'elemento che colpisce sono le sbarre. Sembra che i bambini si aggrappino alle sbarre di una prigione, più che di un cancello. L'immagine è riprodotta (con i bambini visti di fronte) anche in prima pagina. Lì non ci sono didascalie, perciò la foto suggerisce che i bambini siano imprigionati.
Un nuovo sistema per far credere al lettore che Gaza sia una prigione a cielo aperto e i suoi abitanti (soprattutto bambini indifesi) siano vittime dell'oppressione israeliana.
La seconda immagine, invece, ha come titolo " 4 anni di assedio " ed è uno schema riassuntivo della situazione a Gaza con dati e percentuali sulla popolazione, sulle dimensioni della Striscia, sull'economia. Quello che lascia perplessi, oltre al titolo, è la fonte: l'UNRWA.
Per notizie sull'UNRWA cliccare sul link sottostante:

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=100&id=33081

Ecco l'articolo di Aldo Baquis:

L'allentamento del blocco di Gaza è diventato ieri una realtà più concreta per un milione e mezzo di palestinesi che vivono nella Striscia. Le nuove procedure sono state annunciate congiuntamente dal premier Benyamin Netanyahu e dall'emissario del Quartetto Tony Blair, dopo che erano state approvate dal governo israeliano. D'ora in poi potranno entrare nella Striscia tutte le merci che non rientrino nella categoria delle armi o di materiali utilizzabili per la loro produzione. Prossimamente Israele pubblicherà una lista dei prodotti ancora al bando: tutti gli altri, alcune migliaia, saranno invece permessi. E se i valichi attuali si rivelassero insufficienti, ne saranno approntati altri due.
Anche i lavori di costruzione potranno riprendere: si tratta di progetti di scuole e ospedali che vengono realizzati sotto la supervisione di organizzazioni internazionali e - in un caso specifico - anche di un nuovo rione. L'economia di Gaza adesso può rimettersi in moto.
Resta invece in vigore il blocco marino, necessario, secondo i servizi di sicurezza, per impedire che vengano trafugate armi a favore di Hamas. Anche in futuro le navi dirette a Gaza dovranno scaricare le loro merci nel porto israeliano di Ashdod, dove saranno ispezionate e poi inoltrate nella Striscia via terra.
Annunciando queste misure, Israele ha implicitamente ammesso che tre anni di blocco terrestre a Gaza non hanno sortito gli effetti sperati. Il ministro per la Sicurezza Sociale, il laburista Yitzhak Herzog, ieri ha detto che il regime di Hamas non sembra essersi indebolito e che non si registrano progressi nemmeno per la liberazione di Ghilad Shalit, il soldato tenuto prigioniero a Gaza da quattro anni.
Nel giorno in cui Israele ha annunciato l'ammorbidimento della propria politica verso Gaza, il governo di Benyamin Netanyahu è riuscito a irritare fortemente il governo amico della cancelliera tedesca, Angela Merkel, vietando a un suo ministro l'ingresso nella Striscia.
Al centro della vicenda si è trovato, suo malgrado, il ministro per la Cooperazione e lo sviluppo Dirk Niebel, che fra l'altro è vice-presidente dell’Associazione di amicizia fra Germania e Israele. Niebel contava di essere ieri a Gaza per verificare gli sviluppi di un progetto di depurazione delle acque in cui il suo Paese ha investito ingenti fondi. Ma sabato Niebel è stato informato che non avrebbe potuto attraversare il valico di Erez, fra Israele e Gaza.
«A volte il governo israeliano non facilita ai suoi amici il compito di spiegare le ragioni dei suoi comportamenti», ha detto amareggiato Niebel alla stampa israeliana, mentre a Berlino il ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, si diceva desolato per l'annullamento di quella missione a Gaza.
A Gerusalemme il portavoce del Ministero degli Esteri ha replicato che la decisione non riguardava affatto la figura di Niebel («che gode di grande stima»), ma ha un carattere di principio. Israele, in sostanza, cerca di impedire che Hamas - che nei giorni scorsi ha accolto a braccia aperte il segretario della Lega araba Amr Mussa - «sfrutti» visite del genere per creare una sorta di assuefazione occidentale al suo regime, che non è riconosciuto nemmeno da molti Paesi arabi.
Da parte sua Hamas ha ribadito ancora una volta che le misure decise ieri da Israele hanno un carattere limitato e che nella sostanza non rimuovono il blocco a Gaza. La speranza di Hamas è che, dopo molte esitazioni, il presidente dell'Anp Abu Mazen decida adesso di recarsi nella Striscia per cercare un’intesa che metta fine alla rottura fra gli islamici e al-Fatah. Lo stesso Abu Mazen ha rivelato ieri di aver «soppesato almeno cento volte» la possibilità di un suo viaggio a Gaza, da dove fu espulso tre anni fa dal putsch militare di Hamas.
Giovedì alla mezzanotte israeliana - le 23 in Italia - le luci del Colosseo saranno spente per chiedere la liberazione di Gilad Shalit, il soldato israeliano dal 25 giugno 2006 prigioniero di Hamas. La manifestazione, alla quale sarà presente il padre di Gilad Shalit, è promossa dalle associazioni giovanili Bnei Brit Giovani e Ugei (Unione Giovani Ebrei Italiani). L’obiettivo dell’evento è quello di unire le forze e sensibilizzare l’opinione pubblica per riportare Gilad a casa e rilanciare il processo di pace in Medio Oriente.

Il GIORNALE - Paolo Granzotto : " Al blocco attorno a Gaza partecipa anche l’Egitto. Eppure nessuno protesta "


Paolo Granzotto

Lettera: Granzotto: 1) il governo palestinese è presieduto da Abu Mazen e non da Abu Hammas (tua invenzione). 2) il governo palestinese risiede a Ramalla e non a Nablus. 3) Hamas non è una organizzazione terroristica ma eletta democraticamente sconfiggendo al-Fatah di Abu Mazen. Infatti, qualche giorno fa perfino il presidente russo ha incontrato a Damasco «Mashal» il segretario generale di Hamas... allora Medvedev è terrorista? 4) a Gaza non ci sono suv ma pik-up per il trasporto di persone e merce. 5) a Gaza manca il cibo e il cemento per costruire e non il danaro sempre offerto dai paesi del golfo. Visibile che volevi fare bella figura invece solo il cane nella foto è bello e forse più intelligente. Poi basta leggere il racconto su Repubblica dello scrittore svedese Henning Mankell testimone oculare, su una nave, della brutalità dei soldati israeliani davanti a una missione umanitaria perfino in acque internazionali. Giornalismo spazzatura. Meglio non dirti cosa dicono di voi del Giornale all’ordine dei giornalisti.

Risposta: Non resisto al piacere di risponderle, caro Massimi: la sua signorilità, la sua squisita gentilezza per non parlare della prosa, così forbita ed elegante, mi ha conquistato. Proprio vero: in quanto a dialogo e confronto, c’è sempre da imparare, da voi «sinceri democratici» filo Hamas. Qualcosina, però, dovrebbe impararla anche lei e non si offenda se le ricordo che Abu Mazen - come del resto Yasser Arafat, che Allah lo abbia in gloria - è conosciuto dai suoi con la «kunya», diciamo così col nome d’arte e d’onore (Mahmud Abbas il primo, Abu Ammar il secondo). E ancora, che per l’Autorità nazionale palestinese, e sottolineo palestinese, Hamas è una organizzazione terroristica che ha preso il potere con le armi in pugno (la «Battaglia di Gaza», appunto, giugno 2007: una resa dei conti fra palestinesi). Infine, che lei può chiamarli come meglio crede, anche pick-up, ma i Suv restano Suv e Gaza City ne pullula. Quisquilie, d’accordo. Quel che conta è il «blocco». Ne vogliamo parlare? Non se la prenda, son cose che capitano, ma a me pare che distratto dalla lettura di Repubblica lei non abbia osservato con attenzione la carta geografica della striscia di Gaza. Se lo avesse fatto, avrebbe notato che essa confina, oltre che col Mediterraneo e con Israele, anche con la Repubblica Araba d’Egitto. E sottolineo araba. Le parrà strano, le parrà inaudito, però quella frontiera, quella con i fratelli arabi egiziani, è chiusa. Blindata. Per volontà del Cairo. Oddio, chiusa proprio no perché gli eroici combattenti di Hamas vi seguitano a scavare, sotto, centinaia di gallerie che consentono il passaggio di contrabbando - contrabbando umanitario, ovviamente - di merci varie. Malauguratamente gli egiziani, fermi assertori del «blocco», quelle gallerie le fanno saltare una via l’altra. All’occasione, le saturano di gas letali cacciandone come sorci gli eroici combattenti di Hamas e interrompendo l’umanitario viavai di generi di conforto. Io di certe cose non me ne intendo, ma a quanto pare lei sì e dunque le chiedo: perché forzare il blocco presidiato dagli israeliani, notoriamente suscettibili? Perché non approntare un bel convoglio umanitario e pacifista in Egitto (magari lei potrebbe mettervisi alla testa, le farebbe onore) e via terra, che è più facile, irrompere nella Striscia e fra il tripudio della folla scaricare? In via subordinata che ne direbbe di un sit-in davanti all’ambasciata d’Egitto con rogo di bandiere e slogan «Giù le mani da Gaza»? O meglio ancora, di un poderoso girotondo di civile protesta sotto la residenza di Hosni Mubarak (l’aiuto: l’indirizzo è Mahmud Basyony, Abdeen, il Cairo)? Pensi quanto bene direbbero di lei all’Ordine dei giornalisti egiziani! Non indugi, Massimi: vada, vada, si troverà bene: al pari di lei e dei suoi amici di Hamas anche gli egiziani si acconciano con la keffia, che è simbolo di pace e di fratellanza, no?

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