Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Obama incontra Abu Mazen e gli promette 400 milioni di $ che finiranno nelle tasche dell'Anp, non della popolazione. Come sempre
Testata:Corriere della Sera - Libero - L'Unità Autore: Paolo Valentino - Antonio Spampinato - Umberto De Giovannangeli Titolo: «Obama offre aiuto ad Abu Mazen: 'A Gaza situazione insostenibile' - Sono pessimista sulla pace, Netanyahu non la vuole»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/06/2010, a pag. 15, l'articolo di Paolo Valentino dal titolo " Obama offre aiuto ad Abu Mazen: 'A Gaza situazione insostenibile' ", preceduto dal nostro commento. Da LIBERO, a pag. 19, l'articolo di Antonio Spampinato dal titolo " Israele allenta il blocco su Gaza ma nei territori le merci sono sempre entrate ". Dall'UNITA', a pag. 30, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Zeev Sternhell dal titolo " Sono pessimista sulla pace, Netanyahu non la vuole ", preceduta dal nostro commento. Ecco i pezzi:
CORRIERE della SERA - Paolo Valentino : " Obama offre aiuto ad Abu Mazen: 'A Gaza situazione insostenibile' "
Obama con Abu Mazen
Ecco come Valentino descrive la Flotilla e la reazione israeliana : " A poco più di una settimana dall'incidente nel quale i soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro una flottiglia di navi turche, uccidendo alcuni dei volontari pacifisti che cercavano di forzare il blocco per portare aiuti umanitari a Gaza, Obama ha offerto l'idea di un «nuovo quadro concettuale», che cerchi di conciliare un embargo mirato a impedire l'introduzione di armi ed esplosivi, con le necessità di base della popolazione nell'enclave palestinese.". I soldati hanno sparato per legittima difesa. Le foto e i filmati lo dimostrano. A bordo della nave c'erano terroristi armati. E lo scopo della flotilla non era quello di mandare aiuti a Gaza, ma di raggiungere Gaza in aiuto di Hamas, trovare un sistema di dare armi ai terroristi della Striscia.
Per capire meglio vedere questo video, e poi chiedere a Obama che ne pensa:
WASHINGTON— La situazione a Gaza e nel Medio Oriente è ormai «insostenibile». Ma nei prossimi mesi, l'Amministrazione americana è fiduciosa che ci possa essere «un reale progresso» nei suoi sforzi per portare israeliani e palestinesi a negoziati di pace diretti. Ricevendo alla Casa Bianca il leader palestinese Abu Mazen, il presidente Obama non ha fatto mistero della gravità della situazione, ma ha cercato di cogliere le opportunità offerte dal momento.
A poco più di una settimana dall'incidente nel quale i soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro una flottiglia di navi turche, uccidendo alcuni dei volontari pacifisti che cercavano di forzare il blocco per portare aiuti umanitari a Gaza, Obama ha offerto l'idea di un «nuovo quadro concettuale», che cerchi di conciliare un embargo mirato a impedire l'introduzione di armi ed esplosivi, con le necessità di base della popolazione nell'enclave palestinese. «Dobbiamo trasformare una tragedia nell'occasione per migliorare la vita di chi vive a Gaza», ha detto il presidente americano. una posizione pubblica più dura nei confronti dell'azione di Israele, limitandosi a dire che la maggior parte dell'incontro è stato dedicato a discutere i modi di risolvere «il problema» nella Striscia.
Obama ha annunciato l'invio a Gaza di nuovi aiuti per 400 milioni di dollari.
Abu Mazen, che nell'enclave controllata da Hamas non ha punta influenza, ha definito il gesto come «un segnale positivo» dell'impegno americano verso i palestinesi. «Ciò che abbiamo a cuore — ha aggiunto il leader moderato— è di vivere in coesistenza con Israele».
Obama ha detto che il lavoro necessario a creare le condizioni della pace spetta a entrambe le parti: «Devono produrre un clima dove sarà possibile arrivare a una svolta». In particolare, il presidente ha detto che Israele deve tagliare gli insediamenti nei Territori occupati, mentre l'Autorità palestinese deve fra le altre cose compiere nuovi progressi nel garantire la sicurezza. «Noi continueremo a lavorare al vostro fianco, così come al fianco degli israeliani», ha assicurato Obama.
In un gesto di buona volontà, ieri Israele ha compiuto un primo passo, allentando le maglie del blocco e annunciando che da questo momento potranno passare bibite, patatine, biscotti, marmellate, succhi di frutta e insalata, tutti prodotti fin qui proibiti. Resta però il bando sui laterizi, indispensabili per ricostruire un territorio devastato dai bombardamenti.
Obama non ha condannato apertamente il raid navale, che ha però definito una tragedia, ripetendo che è importante avere una precisa ricostruzione di «tutti i fatti». Il presidente non ha risposto alla domanda se l'ospite palestinese gli avesse chiesto di assumere una posizione pubblica più dura nei confronti dell'azione di Israele, limitandosi a dire che la maggior parte dell'incontro è stato dedicato a discutere i modi di risolvere «il problema» nella Striscia. Obama ha annunciato l'invio a Gaza di nuovi aiuti per 400 milioni di dollari. Abu Mazen, che nell'enclave controllata da Hamas non ha punta influenza, ha definito il gesto come «un segnale positivo» dell'impegno americano verso i palestinesi. «Ciò che abbiamo a cuore ha aggiunto il leader moderato è di vive- re in coesistenza con Israele». Obamaha detto che ll lavoro necessario a creare le condizioni della pace spetta a entrambe le parti: «Devono produrre un clima dove sarà possibile arrivare auna svolta». In particolare, il presidente ha detto che Israele deve tagliare gli insediamenti nei Territori occupati, mentre l'Autorità palestinese deve fra le altre cose compiere nuovi progressi nel garantire la sicurezza. «Noi continueremo a lavorare al vostro fianco, così come al fianco degli israeliani-, ha assicurato Obama.
Il colloquio con Abu Mazen avrebbe dovuto seguire quello con Benjamin Netanyahu il 1 giugno. Ma dopo l'incidente navale del 31 maggio, il premier israeliano aveva cancellato l'incontro facendo ritorno a Gerusalemme da Washington, dov'era già arrivato.
LIBERO - Antonio Spampinato : " Israele allenta il blocco su Gaza ma nei territori le merci sono sempre entrate "
“Israele cede alle pressioni internazionali e allenta il blocco su Gaza”. L’incipit del lancio di agenzia messo in rete ieri sull’apertura di Gerusalemme, è di quelli che allieta i cuori perché dà una speranza: vedere una distensione in quelle terre martoriate da decenni di guerre. La doccia fredda arriva scorrendo il testo dell’articolo: “Per la prima volta in tre anni Israele permetterà l’entrata nell’enclave palestinese di alimenti come bibite, marmellate, insalate, succhi di frutta e dolci”. Patatine? Succhi di frutta? In un articolo pubblicato giorni fa in queste pagine, Angelo Pezzana raccontava di un’inchiesta del Financial Times dove risultava che i mercati palestinesi a tutto somigliavano tranne che a un’ac - cozzaglia di bancarelle semivuote. A Gaza entra di tutto, condizionatori d’aria compresi. Che senso ha dunque bloccare alla frontiera le patatine? Girando la domanda a chi ha cuore la sicurezza e il futuro di Israele, ne viene fuori una risposta piuttosto semplice: non è vero che esiste un blocco israeliano del genere, non è vero che i succhi di frutta vengono rispediti al mittente, è vero invece che alla frontiera queste, come altre merci, vengono controllate e fatte entrare. Il blocco esiste, questo sì, via mare. Sono ben altre le merci che le frontiere israeliane bloccano, ed è semplice capire quali. Intanto però la comunità internazionale continua a chiedere a Gerusalemme di allentare lemaglie verso Gaza e sicuramente non intende dire dolcetti e patatine. Un muro che, compatibilmente con la sicurezza del Paese, dev’essere abbattuto. Come quelloche palestinesi, coloni israeliani, ambientalisti e un’impresa di costruzioni non vogliono neanche tirare su. La storia riguarda la costruzione di un nuovo tratto del muro tra Israele e i Territori palestinesi, a sud di Gerusalemme. I lavori di costruzione della struttura - riferisce l’Adnkronos che ha riportato la notizia citando il sito di “Haa - retz” - che dovrebbe sorgere nei pressi del villaggio palestinese di al-Walaja, interrotti fino a un mese fa, sono ora ripresi. I bulldozer israeliani hanno già iniziato a sradicare le piante dai campi che sorgono lungo il percorso, tra le proteste degli abitanti di al-Walaja, proprietari delle terre, che temono inoltre di non poter raggiungere le tombe dei loro familiari. Le dimostrazioni palestinesi non sono rimaste isolate: diversi gruppi ambientalisti si sono opposti ai lavori, sostenendo che la costruzione della barriera distrugge il paesaggio naturale del luogo. Ma il primo pensiero di Gerusalemme va alla sicurezza degli Israeliani e tira dritto. Suscitando però anche la protesta dei coloni che abitano nel vicino insediamento ebraico di Gush Etzion. La preoccupazione è per il percorso della struttura che potrebbe lasciare fuori parte dell’abitato, e hanno chiesto al governo di ridefinire il progetto.
L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Sono pessimista sulla pace, Netanyahu non la vuole "
Zeev Sternhell
Secondo Zeev Sternhell, la colpa dei negoziati fermi è di Netanyahu e del suo governo di ultradestra, dei coloni...la solita spazzatura pacifinta che piace tanto all'UNITA' e a Udg. Ecco il pezzo:
L’ultima volta che l'avevamo incontrato nella sua casa a Gerusalemme, era pochi giorni dopo un evento che aveva scioccato Israele: una bomba piazzata all'ingresso della sua abitazione. Un attentato compiuto da chi nonperdona a Zeev Sternhell le sue posizioni contro la deriva oltranzista della destra israeliana e la colonizzazione dei Territori palestinesi. «Come vede – dice sorridendo prendendo posto nel suo studio-biblioteca – nonsono riusciti a zittirmi». Fuori dal portone d'ingresso staziona una macchina della polizia: il segno tangibile di una ferita – diunpericolo- nonrimarginata. Sternhell guarda con preoccupazione al presente enon si fa illusioni sull'immediato futuro: «Nonc'è alcuna possibilità – osserva - che l'attuale governo israeliano, controllato dalla destra e fortemente influenzato dai coloni, compiaunqualsiasi serio progresso ». ProfessorSternhell,comeesceIsraele dalle vicende degli ultimi giorni? Questa crisi sembra lasciare un segno profondo sia politico che diplomatico ... «Mi scusi,non vorrei né essere rude e ne sviare la domanda, ma continuare ad occuparsi della Freedom Flotilla o di qualunque altro evento – per grave che sia – significa continuare a fare il gioco di chi i problemi del conflitto israelo palestinese, in realtà, non li vuole risolvere. Si cura il sintomo e non l'origine del male, si spegne lafiamma facendo finta di nonaccorgersi del focolaio dell'incendio che è proprio qui, davanti a noi. Finché non verrà rimosso il vero problema – con la fine dell' occupazione e la restituzione dei Territori –nonc'è alcuna possibilità che il conflitto giunga a termine. Invece, in tutti questi anni, si è deciso di puntare i riflettori su questo o l'altro evento facendo di tutto per non occuparsi del nucleo della questione. E in questo lungo lasso di tempo– oltre 40 anni – le cose non sono rimaste statiche. Quello che anni fa era realistico, oggi non lo è più. Per interi quartieri e piccole città che oggi sono una realtà, si dovrà pensare a soluzioni alternative, molto più complicate e dolorose anche se non impossibili. C'è veramente qualcuno che pensa che insediamenti trasformati in città come Maale Adumim, Ariel, Efrat, Ofra, Kiriat Arba possano essere evacuate delle centinaia di migliaia di loro abitanti?Oppure di abbattere e restituire quartieri di Gerusalemme come Ghilo, Pisgat Zeev, Har Homa? No, è chiaro che si dovrà procedere a scambi di territori. Ma dove sono oggi i leader – dalle due parti – in grado di prendere queste decisioni difficili e dolorose? E dove sono soprattutto i popoli, che dovrebbero spingere e spalleggiare i propri capi nel procedere sulla strada della pace? Personalmente, da parte israeliana, non identifico né la possibilità né la volontà di avviarsi su questa strada. La settimana scorsa c'è stata una "flottiglia della pace" la prossima settimana ne arriveranno forse altre o ci saranno altri eventi che occuperanno i media. Ideale per chi non vuole confrontarsi veramente con il problema e risolverlo». Comunque,èstatodeciso,nonostante tutto, di non bloccare il processo di pace ... «Si, ma non c'è alcuna possibilità che l'attuale governo israeliano, controllato dalla destra e fortemente influenzato dai coloni, compia un qualsiasi serio progresso. Per avere una pur remota possibilità di successo dei negoziati la spinta deve venire da fuori. Il modello dei colloqui diretti senza intermediari, oggi, fra israeliani e palestinesi, è inapplicabile, non può assolutamente funzionare. È per questo che il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, li reclama così tanto; sa bene che è il modo più certo per perpetuare l'occupazione e dare ancora tempo all'ampliamento degli insediamenti nei Territori occupati. Invece, ciò che dovrebbe essere fatto è organizzare un massiccio coinvolgimento americano e europeo in cui vengano esercitate tutte le possibili pressioni sulle parti. Magari facendo una distinzione netta fra il sostegno a Israele come Stato legittimo e il sostegno al governo d'Israele, che nonè cosa ovvia e vincolante per nessuno – neppure per ilmondoebraico. Questo triangolo – Usa, Europa emondoebraico, deve sostenere il diritto irrinunciabile all'esistenza d'Israele, ma deve al contempo spingerla e costringerla a fare tutto il necessario e il possibile per giungere ad una soluzione del conflitto». E sul piano interno, c'è una possibilità che la crisi faccia da scossone? «E in che modo potrebbe farlo? Con il governo di coalizione di oggi, controllato dalla destra e in cui i laburisti fungono da foglia di fico? Forse potrebbe succedere qualcosa se ci fosse un governo di unità nazionale centro sinistra moderata e destra moderata – vale a dire Laburisti, Kadima e la parte moderata del Likud. Un governo che dovrebbe formarsi sulla base di una piattaforma che stabilisca come suo scopo di vita la soluzione del conflitto. Ma anche qui non sono sicuro che la lotta più cruenta non avverrà per le poltrone ministeriali ». Professor Sternhell, in un suo libro di successo, Lei ha rivisitato criticamente i “miti” che hanno caratterizzato la nascita d'Israele, soffermandosi sul sionismo.Unmitoinfrantodalla realtà? «Non sarei così drastico. Guardi, pur tenendo conto di tutte le ingiustizie inflitte agli arabi-palestinesi il sionismo salvò più di mezzo milione di ebrei che, se non avessero abbandonato l' Europa, non sarebbero sopravvissuti. Il sionismo però, a mio avviso, si fonda sui diritti naturali dei popoli all' autodeterminazione e all'autogoverno. Ne consegue che questi diritti sono anche propri dei palestinesi. Perciò il sionismo ha diritto di esistere solo se riconosce i diritti dei palestinesi. Chi vuole precludere ai palestinesi l'esercizio di tali diritti non può rivendicarli per se stesso soltanto. I diritti nazionali sono una estensione dei diritti individuali e per questo sono universali: i diritti degli israelianinon sono differenti da quelli dei palestinesi. Per questa ragione gli insediamenti devono fermarsi e l'unica soluzione logica sia per gli ebrei sia per gli arabi resta quella di due Stati per due popoli, conuna ridefinizione concordata dei confini che tenga conto di una realtà diversa da quella del 1967. L' ipotesi di un unico Stato non solo porta all' eliminazione dello Stato ebraico maapre la strada a conflitti sanguinosi per generazioni. Due Paesi, fianco a fianco, fondati su uguali diritti per entrambi i popoli, questa è la strada giusta e necessaria: ogni altra scelta condurrebbe o al colonialismo o alla eliminazione di Israele in uno Stato binazionale». Il Labour di oggi può riattivare ciò che di progressivo c'era nel sionismo? «Direi proprio di no. Stiamo parlando di unpartito che sembra voler mascherare la sua impotenza conun usurato esercizio del potere ministeriale; un partito “annebbiato” dal nazionalismo e in preda a un vuoto ideologico e progettuale che va dal sociale all' economia e naturalmente al processo di pace. E questo vuoto rende ancor più fragile non solo la ricerca di un'alternativa alle destre ma la stesse basi democratiche d'Israele»
Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera, Libero, Unità, cliccare sulle e-mail sottostanti