Sul CORRIERE della SERA di oggi, 06/06/2010, a pag. 26, il commento di Guido Olimpio dal titolo " I gommoni e la 'Rachel Carrie', cosa insegna il finale senza vittime ". Lo condividiamo, anche se occorre dire che bisogna andare cauti con il senno di poi. L'errore di Israele è il mancato calcolo su chi erano i viaggiatori sulla nave turca, non pacifisti, come peraltro li hanno definiti i media di tutto il mondo, Corriere compreso, finchè non sono arrivati i video che hanno permesso a tanti "esperti" di rendersi conto di pasta erano quei criminali. Da militanti sono diventati attivisti, ma anora oggi, sulla maggior parte dei nostri media si continua a chiamarli pacifisti.
Ecco il pezzo:

Nell’abbordaggio della Rachel Corrie tutto è filato liscio per tre ragioni. Intanto i «clienti». Sulla nave non c’erano imilitanti armati di coltelli e spranghe ma attivisti che non hanno opposto resistenza. E che hanno obbedito agli ordini impartiti dai militari. Una bella differenza rispetto ai turchi «che cercavano il martirio» per mano degli israeliani.
Il secondo aspetto riguarda la preparazione. Nell’assalto alla Marmara, c’è stato un clamoroso buco dell’intelligence ed un errore operativo. Gli 007 hanno sottovalutato il pericolo di uno scontro e ciò ha indotto i commandos della Flottiglia 13 a calarsi dagli elicotteri sulla nave come fossero in una esercitazione. Uno dopo l’altro i soldati sono stati sopraffatti.
L’analisi del quadro tattico ha poi permesso di ricorrere ai soli gommoni. Ai commandos è bastato affiancarsi al mercantile, intimare l’alt e salire a bordo. Tutto assai meno invasivo e «spettacolare Poteva sembrare un normale controllo in alto mare. In caso di emergenza l’operazione poteva venire sospesa e i battelli richiamati.
Ben diverso rispetto all’impiego di un elicottero. Una volta calate le cime e fatti scendere i primi soldati sul ponte della nave è arduo tornare indietro. Si può solo continuare prendendosi tutti i rischi.
Lo stop tranquillo alla Rachel Corrie non cancella ovviamente in alcun modo il dramma della Marmara. E deve far riflettere il governo israeliano. L’uso della forza— anche se il Medio Oriente non è la bucolica Svizzera — non è detto che sia sempre la risposta adeguata contro i molti nemici. Specie se alcuni di loro sognano di morire da martiri.
Senza contare che oggi le battaglie si combattono anche sul fronte mediatico. E in questo caso c’è Israele nella parte di Golia. Una situazione dove ha solo da perdere
Il secondo, che non riportiamo quale atto di gentilezza nei confronti dei lettori, è quello uscito oggi su REPUBBLICA, due paginone scritte da Henning Mankell, lo scrittore svedese di gialli, con il titolo " Diario di bordo verso Gaza"

Henning Mankell
Il giornale di Carlo De Benedetti e diretto da Ezio Mauro, lo presenta così:
" Lo scrittore svedese Henning Mankell era su una delle navi che il 31 maggio hanno tentato di raggiungere la Striscia per portare aiuti umanitari. Dalla partenza all'abbordaggio dei soldati israeliani "
Che l'intenzione vera fosse spezzare il blocco, come tutti i gitanti hanno poi confermato, e non far giungere gli aiuti alla Striscia, è cosa arcinota, tranne che a REPUBBLICA. Che poi il signor Mankell fosse alla ricerca di una qualche nuova trama, essendosi esaurita la vena sanguinolenta che carattezizza i suoi romanzi, beh, complimenti per l'idea. Solo che nei panni dei criminali lui ci metterà i soldati israeliani, invece dei buoni pacifisti.
Mankell è autore di best seller, il pubblico è di bocca buona, ingerisce di tutto, anche i bocconi avvelenati.
Da notare la foto che illustra le due paginone, una scena da dopo terremoto, mentre è soltanto una scena preparata ad arte, straccioni, rovine di case, ripresi di spalle, tanto per rendere l'idea di una Gaza che piace ai manipolatori dell'informazione e che REPUBBLICA avrà guardato leccandosi i baffi dalla gioia. E' quella la Gaza che loro vogliono, non quella di Hamas che butta giù palestinesi dai piani alti delle case, niente mercati ripieni di cibo, niente bambini di pochi anni già travestiti da futuri martiri. Quello che va forte su REPUBBLICA è il neorealismo fotografico reinventato su un set.
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