Abbiamo scelto di aprire oggi IC con due pezzi, l'opinione di Fiamma Nirenstein sul GIORNALE, che riassume con grande lucidità gli avvenimenti di questi giorni, accompagnadola con le parole di Aharon Appelfeld, un gigante della letteratura israeliana contemporanea, intervistato da Alain Elkann sulla STAMPA. Intossicati da tante prime donne sempre pronte ad ammonire Israele, ecco l'intelligenza di uno scrittore che non dimentica mai coraggio e onestà.
Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Il vero terrorismo sono le bugie contro Israele "

Fiamma Nirenstein
Davvero è uno choc, come ha detto Ban Ki Moon, come hanno detto i governi che scandalizzati hanno richiamato gli ambasciatori, la Turchia, la Svezia, la Grecia, la Giordania, è uno choc, oh sì, come ha detto Hillary Clinton e come anche Tony Blair ha dichiarato. È un orrore come ha detto la ministro degli Esteri dell’Unione Europea la signora Ashton… è un grande scandalo: ma non stiamo parlando della battaglia compiutasi, purtroppo con nove morti, fra gli attivisti armati della nave Marmara e le forze israeliane che cercavano di condurre il convoglio carico di beni e di personaggi non identificati a Ashdod per evitare che fossero consegnati a Hamas doni esplosivi adatti a continuare, fino a Tel Aviv, il lancio di seimila missili in territorio israeliano. No, il maggiore scandalo, il vero orrore è legato alla foga con la quale, da muro a muro, tutto il salotto internazionale si è affrettato a brandire lo stendardo antisraeliano senza nessuna cura per la verità, fregandosene dei video in cui si vede come i soldati che volevano ispezionare il contenuto del convoglio sono stati accolti a mazzate, coltellate, bombe a mano, spari; non importa alla Clinton o alla Ashton la verificata origine aggressiva e la dichiarata intenzione terrorista suicida delle organizzazioni filo-Hamas imbarcate sulla Marmara. Anche il contesto internazionale non è stato preso in considerazione, quello di una Turchia legata all’Iran fornitore di armi di Hamas, sempre più determinata a trovarsi un posto al sole dell’islamismo radicale.
Lo scandalo che avvertiamo è per la mancanza di moralità, di integrità, di civiltà del mondo che ha subito dichiarato Israele criminale, riguarda il Consiglio di sicurezza dell’Onu, la commissione per i diritti umani, riguarda la corsa dei più svariati Paesi a dichiarare la loro disapprovazione per Israele: questo sì che è uno scandalo immenso, l’ondata di odio delle classi dirigenti europee e americane, della «main stream», della stampa internazionale con i titoli a tutta pagina eguali a condanne senza appello; l’odio soddisfatto degli accademici, degli studenti del movimento: un mucchio di paglia che aspetta solo che il fiammifero venga sfregato, divampa, e poi arriva miserevolmente a minacciare gli ebrei del ghetto di Roma.
È ingiusto che, mentre Hillary Clinton assieme al suo governo abbandona Israele ai «Paesi non allineati», tutti ignorino la notizia che un drone americano ha ucciso insieme al leader di Al Qaida Mustafa Abu al Yazid sua moglie e i suoi tre figlioletti. Non abbiamo sentito che sia stato convocato per questo e per tanti episodi analoghi il Consiglio di sicurezza, né la Commissione per i Diritti umani. I turchi hanno ucciso nel sud est dell’Anatolia e nel nord Irak qualcosa come 32mila curdi. Dov’è lo shock? In Darfur si parla di 300mila morti e due milioni di sfollati. Ah sì? E allora? Nello Sri Lanka, proprio mentre Israele fermava il lancio di missili sulla sua popolazione civile, in due mesi furono fatte 6500 vittime civili. In Cina, per la violenta repressione degli uiguri a Urumqi l’alto commissario dell’Onu che ha condannato Israele 27 volte su un totale di 33 condanne, ha pigolato che c’era stato «uno straordinario numero di uccisi in meno di un giorno di manifestazione». Non risulta che la Cina sia sotto inchiesta, come non lo è l’Iran per tutti gli impiccati, i perseguitati, gli uccisi.
Su Israele l’ossessione moralizzante costruisce invece un mito che disegna nei particolari l’indegnità di Israele a esistere. Le bugie sono ossessive: gli ebrei, disse Arafat e da allora viene ripetuto di continuo, non sono mai stati a Gerusalemme, il Tempio non è mai esistito. Una madornale menzogna, funzionale alla tecnica di delegittimazione che si nutre della asserita crudeltà di Israele: Israele ha ucciso intenzionalmente il bambino Mohammed Al Dura, che invece è probabilmente morto per una pallottola palestinese in uno scontro a fuoco; Israele ha compiuto una strage immane a Jenin, dove invece si è verificato che i morti quasi in numero pari caddero in una battaglia cui i palestinesi erano assai ben preparati; le conferenze di Durban del 2001 e poi del 2009 hanno fatto di Israele, col coro mondiale, uno «Stato di apartheid», menzogna ripetuta senza sosta. I giudizi di condanna sulla barriera di difesa della Corte dell’Aia nel 2003 e il rapporto Goldstone contro Israele nel 2009 hanno semplicemente proibito a Israele di difendersi.
Perché dovrebbe farlo, se non ha diritto di esistere? Le élite europee, e si è purtroppo letto anche nel pezzo di uno scrittore come Alessandro Piperno sul Corriere della Sera, ripetono variamente questo oscuro presagio, espressione di nihilismo dietro al quale danza la selvaggia vitalità di Ahmadinejad. Ma Israele sta benissimo. Lo dicono i suoi magnifici scrittori, l’economia fiorente, la scienza medica, la musica, il cinema, i ragazzi capaci di sacrificio e di una vita complessa fra guerra e amore per la pace. In tutto questo siamo fieri che all’Onu l’Italia abbia votato contro la richiesta d’indagini sul blitz israeliano.
La Stampa-Alain Elkann: " Appelfeld, vedo demonizzare di nuovo gli ebrei "

Aharon Appelfeld
Lo scrittore Aharon Appelfeld è nella sua casa di Gerusalemme, dove sta finendo il nuovo romanzo. Verrà a Milano a luglio, alla Milanesiana, per una lettura su «Vite e paradossi».
Che cosa pensa di quanto è accaduto nei giorni scorsi e di quello che si dice a proposito di Israele?
«Io sono un vecchio ebreo. Ho visto la situazione ebraica in fasi molto diverse e devo dire che sono soprattutto preoccupato del fatto che Israele è condannata all'unanimità da tutti gli Stati europei. Io penso che la gente intelligente sappia bene qual è la situazione di questo Paese, quanto sia complicata e abbia colori diversi. Non si possono usare le categorie del bianco o nero, dei buoni o cattivi».
Ma quanto è accaduto, secondo lei, è stato uno sbaglio da parte degli israeliani?
«Io non sono un militare, non so quello che un esercito deve fare, ma credo che si sia trattato di un'azione preventiva per non permettere un'eventuale azione terroristica mascherata. Ma non è questo il problema che più mi spaventa. Io parlo in un altro modo, parlo con la preoccupazione di vederci condannati da tutti i Paesi del mondo».
Che interrogativi si pone?
«Mi domando se Israele sia davvero un Paese così barbaro, peggiore di molti altri, peggiore del Libano, della Siria, del Pakistan, dell'Afghanistan, della Turchia. Mi sento a disagio perché questa situazione mi ricorda quanto è accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale, vedo di nuovo una demonizzazione degli ebrei».
Molte persone criticano più, che gli ebrei, la situazione politica dello Stato d'Israele.
«Anch’io sono critico su molte cose, ma, ripeto, la condanna unanime è pericolosa. Secondo lei la Turchia è meglio di Israele? Più democratica? I sei milioni e mezzo di ebrei che vivono in questo Stato in qualche modo sono da condannare?».
Che cosa si dice in questi giorni in Israele, che cosa dicono gli intellettuali israeliani?
«Gli israeliani sono molto critici, anche più dei Paesi stranieri. Non è una sorpresa, perché qui siamo in una situazione di critica permanente su tutto. A cominciare dalle critiche all'interno di Israele che, per quanto spiacevoli possano essere, non sono così pericolose come la condanna di tutti. Ripeto, è questa che mi spaventa».
Non tutti gli altri intellettuali o scrittori israeliani la pensano però come lei.
«No. Credo che in grandissima maggioranza siano critici verso l'atteggiamento degli israeliani contro i palestinesi. Io non sono nato in Israele, sono stato in campo di concentramento e so bene che cosa significhi la condanna totale. In poche parole, vuol dire che Israele è una Paese barbaro che deve sparire».
E questa situazione la angoscia?
«Mi rende triste, perché la situazione, come ho già detto prima, non è bianca o nera, non ci sono gli innocenti e i barbari. Mi aspettavo che la gente intelligente vedesse che ci sono varie tonalità in questa delicata situazione. Io non ho mai detto che Israele è un Paese perfetto, non lo è affatto, ma mi chiedo: esiste nel mondo un Paese perfetto? Ricordiamo sempre che, nella sua imperfezione, Israele è un Paese che ha delle leggi, dove non esiste il vandalismo».
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