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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Opinione - Il Foglio - Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.04.2010 Due razzi lanciati contro Eilat: che però esplodono in Giordania
La notizia è quasi trascurata dai giornali. Perchè? Cronache di Michael Sfaradi, Redazione del Foglio, Francesco Battistini

Testata:L'Opinione - Il Foglio - Corriere della Sera
Autore: Michael Sfaradi - La redazione del Foglio - Francesco Battistini
Titolo: «La minaccia su Eilat - Razzi oltreconfine da sud, l’assedio d’Israele ha un terzo fronte - Il mistero dei razzi esplosi in Giordania: Diretti in Israele»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 23/04/2010, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " La minaccia su Eilat ". Dal FOGLIO,  a pag. 3, l'articolo dal titolo " Razzi oltreconfine da sud, l’assedio d’Israele ha un terzo fronte ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Il mistero dei razzi esplosi in Giordania: Diretti in Israele ". Ecco i pezzi:

L'OPINIONE - Michael Sfaradi : " La minaccia su Eilat "

Dopo alcuni giorni di calma relativa ieri i palestinesi hanno trovato un modo spettacolare e di grande impatto per risvegliare l'attenzione dei media internazionali. Spettacolare per due motivi: il primo perché i missili contro Israele sono stati lanciati dalla penisola del Sinai, cioè dal territorio egiziano, ed avevano come obiettivo la città di Eilat, il secondo perché non si è trattato di missili Kassam, ma di due Katiuscia  a lunga gittata e ad alto potenziale. Di grande impatto perché, probabilmente per la fretta di agire, la mira è stata così errata che il primo missile è finito in mare, mentre il secondo ha colpito la zona industriale del porto di Aqaba in Giordania. Anche se  gli unici danni per Israele sono stati alcuni vetri infranti delle finestre di abitazioni private e di qualche hotel, bisogna ammettere che, almeno nelle intenzioni degli autori dell'odierno attentato, l'obiettivo preso di mira era estremamente importante, sensibile e delicato. Crediamo sia necessario ricordare che nella zona di confine fra le due città portuali di Eilat ed Aqaba, come se ci fosse un accordo non scritto fra Amman e Gerusalemme, non sono mai stati aperti fronti, né durante la guerra dei sei giorni né in quella dello Yom Kippur. Tentare di alzare la tensione proprio in quella zona deve essere visto come un vero e proprio salto di qualità nelle intenzioni dei dirigenti di Hamas che, nella politica del "tanto peggio tanto meglio", tentano ora di coinvolgere l'Egitto,ed anche la Giordania, nella guerra di attrito terroristico che portano avanti contro Israele fin dalla fine dell'operazione "piombo fuso". Anche se nel tentativo odierno fortunatamente non si registrano vittime e i danni sono limitati, per il solo fatto di essere riusciti a far arrivare le rampe e i razzi a ridosso del confine fra Egitto e Israele ed aver avuto il tempo di approntarli e lanciare, ci saranno, inevitabilmente, ripercussioni a livello diplomatico fra l'Egitto e lo Stato ebraico. Nei giorni scorsi il ministero del turismo di Gerusalemme, facendo seguito ad un rapporto dei servizi segreti che prevedevano un imminente azione terroristica, aveva chiesto ai cittadini israeliani in vacanza nelle zone turistiche della penisola del Sinai di rientrare nel più breve tempo possibile all'interno dei confini nazionali. Da mesi le autorità israeliane si lamentano della mancato controllo da parte egiziana della parte di confine con la striscia di Gaza, e il lancio odierno è la conferma che le lamentele espresse, a diversi livelli e a più riprese, erano totalmente giustificate. D'altro canto per il governo del Cairo, sempre più assediato dalla forte minoranza religiosa ed estremista dei "fratelli musulmani"  che appoggiano apertamente la politica di Hamas, è sempre più difficile impedire il traffico di materiale bellico dalla penisola del Sinai verso la striscia di Gaza e viceversa. Un altro aspetto, anche questo estremamente inquietante, è la data che è stata scelta per effettuare questo spettacolare lancio, che non deve essere visto come un fatto a se stante ma come la parte di una manovra a più ampio raggio che vede coinvolte, oltre ad Hamas, anche Hetzbollah, Siria e Iran. Infatti, nelle stesse ore che i due Katiuscia segnavano la loro parabola in cielo, le forze navali iraniane inauguravano nel Golfo Persico la più importante manovra degli ultimi 10 anni. La quasi totalità dei mezzi a disposizione della marina iraniana, aerei militari e batterie missilistiche di ultima generazione si sono dati battaglia per testare la loro operatività.
Questo in previsione di un possibile "riscaldamento" della regione mediorientale nel caso in cui dovessero essere attuate dalla comunità internazionale serie sanzioni nei confronti di Teheran, causa il suo programma nucleare o nel caso di un attacco, da parte israeliana o statunitense, alle centrali nucleari.

Il FOGLIO - " Razzi oltreconfine da sud, l’assedio d’Israele ha un terzo fronte "


Eilat

Gerusalemme. Gli israeliani dicono che Eilat è un altro paese, poiché raramente la cittadina balneare sul Mar Rosso vive direttamente i drammi della nazione. Ma ieri mattina gli abitanti della punta meridionale d’Israele si sono svegliati con l’esplosione di due razzi, a ricordare che i confini con Egitto e Giordania rimangono zone calde per uno stato già sotto il tiro dei missili di Hamas a Gaza e di Hezbollah in Libano. I due Katyusha non hanno causato vittime, dicono in municipio: uno si è schiantato nella vicina città giordana di Aqaba, danneggiando un capannone, mentre il secondo sarebbe finito in mare. Nello stretto golfo su cui si affacciano in pochi chilometri quattro paesi – Egitto, Israele, Giordania e Arabia Saudita – c’è ancora confusione sul punto d’origine dei razzi. Dal Cairo dicono di non saperne nulla, ma fonti della sicurezza giordana e l’esercito israeliano sospettano siano partiti dalla penisola del Sinai, territorio egiziano in cui da anni proliferano le cellule legate ad al Qaida. La zona non è nuova a bombardamenti e attentati. Nel 2005 tre razzi partirono da Aqaba, colpendo Eilat e mancando di poco una nave americana ancorata nel porto giordano, attacco per il quale Amman arrestò otto uomini di al Qaida. Due anni dopo un terrorista suicida palestinese si fece saltare in aria nella cittadina israeliana facendo tre vittime. Se da allora la zona non era stata colpita direttamente, negli ultimi mesi da Egitto e Giordania è arrivata una serie di campanelli di allarme per Israele e i suoi vicini che indicano un rinnovato impeto degli estremisti ispirati a Osama bin Laden nell’area. A gennaio un convoglio diplomatico israeliano in Giordania è stato investito dall’esplosione di una bomba improvvisata piazzata sulla strada. Anche se l’attacco non ha causato vittime, la tecnica, sconosciuta in Giordania, ha destato preoccupazione ad Amman, in quanto segnala la possibile presenza di cellule terroristiche provenienti dall’Iraq, dove gli Ied (“improvised explosive device”) sono un incubo quotidiano. Sul confine opposto, l’ultimo allarme è scattato la settimana scorsa, quando l’intelligence di Gerusalemme ha chiesto alle migliaia d’israeliani in vacanza in Sinai di rientrare urgentemente dopo aver saputo di un piano per rapire dei connazionali. Secondo gli analisti, sono almeno una ventina i gruppi legati ad al Qaida che operano nel Sinai. Il loro obiettivo principale è colpire i turisti occidentali, sfidando il regime di Hosni Mubarak e danneggiando l’economia egiziana. A questi si aggiungono altre organizzazioni minori che, con l’aiuto dei beduini, attraversano il deserto per trafficare in armi, droga e prostituzione. Per questo l’anno scorso il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato la costruzione lungo il poroso confine con l’Egitto di una barriera simile a quella che separa Israele dalla Cisgiordania. Con l’attacco su Eilat e il riacutizzarsi delle tensioni al sud, Israele si vede minacciata su tutti i fronti, mentre proseguono le incomprensioni e i disaccordi tra Gerusalemme e Washington. Ieri il segretario di stato Hillary Clinton ha detto che l’Amministrazione Obama intende andare avanti con l’invio di un ambasciatore a Damasco, dopo un’assenza di cinque anni, nonostante i “preoccupanti” rapporti provenienti da Israele e dal mondo arabo secondo cui la Siria avrebbe passato ad Hezbollah alcuni dei suoi Scud, missili a lungo raggio che potrebbero colpire tutto il territorio dello stato ebraico. Ancora irrisolta rimane la crisi fra Israele e gli Stati Uniti sull’empasse con i palestinesi. L’ufficio di Netanyahu fa sapere che il premier ha ufficialmente rifiutato di congelare la costruzione di nuove case a Gerusalemme Est come richiesto da Obama. Il presidente ha ricevuto diverse critiche per l’insistenza su concessioni israeliane prima ancora dei negoziati. Le ultime dal Premio Nobel Elie Wiesel, che sul Washington Post ha invitato Obama a non cercare una soluzione imposta al conflitto mediorientale.

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Il mistero dei razzi esplosi in Giordania: Diretti in Israele "

GERUSALEMME — Di primo mattino, di primo acchito, i più attendibili sono i turisti. I russi «all inclusive» di Eilat che si svegliano di buon’ora e anche ieri, alle 7, erano già pronti alla colazione. « Si sono sentite due esplosioni», raccontano subito alle tv. Due, non una come per molte ore ripeteranno fonti ufficiali.

Due razzi sfrecciati sulla perla israeliana del Mar Rosso e piombati — il primo — qualche chilometro in là, in territorio giordano, su un magazzino refrigerato della zona esentasse di Aqaba e il secondo, poco dopo, nelle acque del porto. Lanciati, non si sa da chi. Diretti, non si capisce a chi. Senza firma. Senza far morti. Ma capaci di preoccupare perfino più dei settimanali Qassam spediti da Hamas o degli Scud che gli Hezbollah si sono appena comprati. «Se è un segnale— dice una fonte d’intelligence a Gerusalemme — è un brutto segnale».

Sorvolando Eilat, i due missili si lasciano dietro una nube di mistero. Uno era un vecchio Grad sovietico Bm-21, 122 millimetri, 40 km di gittata, trasportabile su camion. L’altro era un Katyusha, simile a quello che otto qaedisti del Sinai egiziano lanciarono nel 2005 proprio sulle acque di Eilat: allora, volevano colpire una nave americana della Quinta flotta e invece centrarono un deposito, ammazzando un soldato giordano e finendo condannati al patibolo. Chi stava nel mirino, stavolta? Le interpretazioni sono tante quante le polizie che indagano. La Giordania: prima è il suo ministro Nabil al-Sharif a dire che i due razzi si sono alzati dal suo Paese; più tardi, è il premier Samir Rifai a correggere il tiro, «al 100% posso escludere che il primo non è partito dal nostro territorio » ; la sera, è lo stesso al-Sharif a correggere tutto, «nessuno dei due razzi è partito da qui».

L'Egitto: nega su tutta la linea, «i lanci non sono avvenuti su territorio egiziano». Israele: l’obbiettivo era chiaramente Eilat, spiega l'esercito, ed è probabile che le rampe si trovino nel Sinai. Proprio da dove, la settimana scorsa, è partito un allarme rapimenti e centinaia di turisti israeliani sono stati invitati a rimpatriare di corsa.

L’obbiettivo non è stato colpito, qualunque fosse, ma a colpire è il luogo— Eilat e Aqaba, praticamente attaccate, dal 1970 convivono in un tacito accordo di non belligeranza — e il momento. In Egitto, proprio ieri si trovava il re di Giordania. In Iran, proprio ieri è cominciata una delle più grandi esercitazioni militari degli ultimi anni. A Gerusalemme proprio ieri è arrivato l’inviato di Obama, George Mitchell, primo viaggio per ricucire lo strappo d'un mese fa. Il premier Bibi Netanyahu ha ripetuto chiaramente in tv che le costruzioni nella capitale non verranno congelate. Ma qualcosa può accadere se anche un rabbino come Ovadia Yosef, leader della destra Shas, dice che l'amicizia con gli americani conta più di qualche betoniera. E se Dan Shapiro, uomo ombra delle trattative fra Israele e Casa Bianca, ha deciso di fermarsi qui tutta la settimana. Soppesando Eilat.

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