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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
20.04.2010 Uccisi i due maggiori leader di al Qaeda in Iraq
Cronaca e commento di Maurizio Molinari, redazione del Foglio

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Maurizio Molinari - La redazione del Foglio
Titolo: «Decapitata Al Qaeda in Iraq - Uccisi i due leader di al Qaida in Iraq, così finisce la 'Prima linea'»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 20/04/2010, a pag. 14, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Decapitata Al Qaeda in Iraq ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Uccisi i due leader di al Qaida in Iraq, così finisce la 'Prima linea' ". Ecco i due articoli:

La STAMPA - Maurizio Molinari: " Decapitata Al Qaeda in Iraq "


Maurizio Molinari

Con un blitz di unità speciali, elicotteri e droni un contingente misto di truppe americane e irachene ha eliminato nei pressi di Tikrit, luogo natale di Saddam Hussein, i due leader di Al Qaeda in Mesopotamia: il comandante militare Abu Ayyub al Masri e il leader politico Abu Omar al Baghdadi che si fregiava del titolo di «comandante dello Stato islamico iracheno».
«La morte di questi due terroristi è potenzialmente il maggior colpo inferto ad Al Qaeda sin dall’inizio delle sue attività di guerriglia in Iraq» ha commentato il generale Raymond Odierno poco dopo che il premier di Baghdad, Nouri al Maliki, aveva mostrato le foto dei cadaveri degli uccisi rendendo noto l’esito dell’attacco costato la vita anche a un militare americano, deceduto nella caduta di un elicottero.
Per comprendere la frase di Odierno bisogna tener presente che Al Masri, l’«egiziano», era stato designato dal numero due di Al Qaeda Ayman Al Zawahiri nel giugno del 2006 all’indomani dell’eliminazione di Abu Musab al Zarqawi, che doveva la sua fama alle feroci decapitazioni degli ostaggi. Al Zawahiri, anch’egli egiziano, conosceva Al Masri dal 1982 e lo aveva fatto crescere nei ranghi della Jihad islamica al Cairo fino a ritenerlo maturo nel 1999 per il trasferimento in Afghanistan, dove si addestrò agli ordini di Osama bin Laden. Quando gli americani invadono l’Iraq, Bin Laden pensa a lui per innescare una guerriglia sanguinaria sunnita e gli affida il Sud con il compito di fare strage di civili sciiti. I risultati soddisfano i leader di Al Qaeda, che lo promuovono a capo della cellula di Baghdad e quindi gli affidano la gestione dell’arrivo di volontari kamikaze dalla Siria, lungo il corso dell’Eufrate. Nel 2004 è sempre Al Masri a guidare i jihadisti a Fallujah e quando Al Zarkawi viene eliminato con un bombardamento mirato su ordine del generale Stanley McChrystal - allora capo delle operazioni speciali - Al Zawahiri non ha dubbi nell’indicare il successore, tanto più che Al Masri gli dà maggiori garanzie di fedeltà personale rispetto al giordano-palestinese Al Zarkawi.
La successione nella guida nella Jihad irachena avvenne con una novità: il capo militare veniva affiancato da una sorta di «emiro», Abu Omar al Baghdadi, altrimenti noto come Abu Hamza, posto alla guida del «Consiglio dei mujaheddin» con i gradi di «comandante dello Stato islamico dell’Iraq» destinato a diventare il primo tassello del califfato pan-musulmano di Osama bin Laden. Più volte dato per catturato o addirittura morto, Al Baghdadi era riuscito a essere a tal punto imprendibile da far balenare l’ipotesi nell’intelligence americana che fosse il nome assegnato a una persona inesistente.
Essere riusciti a eliminarli entrambi è un successo militare che viene al termine di mesi nei quali le forze americane hanno decimato i colonnelli di Al Qaeda. «Abbiamo messo a segno un colpo devastante contro Al Qaeda», ha commentato il vicepresidente americano Joe Biden, mostrando commozione per «la morte di un nostro eroe» e sottolineando «la stretta cooperazione con le nuove forze irachene» che fa ben sperare per l’assetto della sicurezza quando «a fine agosto 2010 manterremo l’impegno al ritiro di tutte le truppe combattenti». Il successo militare coincide con una fase di forte incertezza politica a Baghdad a causa del contenzioso sul risultato delle ultime elezioni parlamentari, vinte dall’ex premier Ayad Allawi con 91 seggi contro gli 89 dell’uscente Al Maliki. Ieri la commissione elettorale ha ordinato un riconteggio di tutti i voti nella provincia di Baghdad, su richiesta del premier.Hamid Daud Muhammad Khalil al Zawi, alias Abu Omar al Bagdadi, era il capo dello «Stato islamico dell’Iraq» (Isi) creato nel 2006. Dato per catturato già tre volte (nel 2005, 2007 e 2009) questa volta non è sfuggito al colpo.Abu Hamzah al Muhajer, conosciuto con il nome di Abu Ayyub al Masri, comincia la sua carriera di terrorista nel natio Egitto, nel 1992, sotto l’ala di Aymen al Zawahiri. Nel 2002 arriva in Iraq e crea la cellula locale di Al Qaeda.

Il FOGLIO - "Uccisi i due leader di al Qaida in Iraq, così finisce la 'Prima linea'"


Nouri al Maliki, primo ministro iraqeno

Roma. I due leader al comando di al Qaida in Iraq sono stati uccisi domenica all’alba. Si tratta di una notizia che più volte in passato era stata data per certa e poi sempre smentita. Questa volta, con un giorno di ritardo, è stata confermata sia dal primo ministro iracheno, Nouri al Maliki, sia dai militari americani. Uno dei due capi è Abu Ayyub al Masri, un membro storico del gruppo estremista in Iraq. Al Masri, che in arabo vuol dire “l’egiziano”perché come quasi tutti i capi di al Qaida era straniero e non iracheno, faceva parte di quel leggendario nucleo originario di 33 uomini, conosciuto come “la Prima linea”, che nel 2002 arrivò in Iraq capeggiato da Abu Musab al Zarqawi per preparare in anticipo la violenza e la guerriglia da scatenare dopo il previsto intervento di George W. Bush contro Saddam Hussein. Prima della morte di al Zarqawi nel giugno 2006, al Masri – addestrato in Afghanistan – comandava al Qaida nel sud del paese e confezionava di persona le autobomba del suo gruppo di fuoco. Dopo la morte del suo capo, fu scelto da Ayman al Zawahiri, il numero due di al Qaida, per guidare l’organizzazione. Quell’anno al Qaida in Iraq comprese l’errore di avere scelto un nome così internazionale e troppo vuoto di significato per i guerriglieri iracheni e si tramutò nel Darul al Islamiyya al Iraqiya, lo Stato islamico dell’Iraq. Si dette un’immagine nazionale e attirò più iracheni – resi diffidenti e ostili dalla violenza indiscriminata, come le bombe nei mercati e le decapitazioni per rappresaglia – dalla propria parte. Sotto al Masri, lo Stato islamico raggiunse l’apice della propria potenza, fino a diventare una giunta militare che ebbe il controllo effettivo di gran parte dell’Iraq centrale, poche zone escluse; ma conobbe anche il declino, grazie alla nuova strategia americana e al “surge” di soldati ordinato dall’Amministrazione Bush. Il trucco da quattro soldi Con l’egiziano è stato ucciso anche Abu Omar al Baghdadi, “l’uomo da Baghdad”, il leader dello Stato islamico. Anche lui faceva parte dell’operazione “trasformiamo al Qaida in Iraq in un’organizzazione più nazionale e meno aliena agli iracheni”. Il suo vero nome era senza dubbio iracheno, riconoscibile per la sua lunghezza: Hamed Dawood Mohammed Khalil al Zawi. Al Baghdadi fu nominato in fretta e furia da al Qaida nel 2008, dopo che i servizi segreti americani in Iraq avevano scoperto che al Masri, l’egiziano, faceva leggere i suoi proclami a un attore iracheno, in modo che avessero il giusto accento nazionale. Un trucco da quattro soldi, una brutta figura che fu recuperata proprio con la nomina al rango di emiro dell’organizzazione di al Zawi, un ex ufficiale dell’esercito di Saddam Hussein cacciato dal suo incarico per il suo estremismo. Al Qaida in Iraq stava riguadagnando terreno dopo due anni di crisi. E’ riuscita a organizzare una serie di attentati devastanti contro i ministeri di Baghdad che da agosto 2009 alle elezioni del marzo scorso ha fatto più di 600 morti. Il raid di domenica è il risultato di una settimana di operazioni miste dell’intelligence irachena e dei soldati americani che ha portato fino al covo nell’area di Thar Thar: si tratta di una zona desertica brulla e inospitale, al centro del paese, dove il gruppo s’è rifugiato dopo essere stato cacciato dai centri urbani durante il “surge”, pochi chilometri a sud di Tikrit, città natale di Saddam e riserva indiana per gli irriducibili sunniti. Al Masri e al Baghdadi hanno risposto all’attacco e sono stati uccisi, e con loro un vice di Masri e un figlio di Baghdadi, entrambi membri operativi del gruppo. Nella stessa azione sono stati catturati altri 16 uomini di al Qaida. Un soldato americano è morto quando un elicottero d’appoggio al raid è precipitato. Secondo il comandante americano in Iraq, il generale Ray Odierno, “si tratta del colpo più duro contro al Qaida in Iraq dall’inizio della guerra”. L’azione, assieme alle altre che da due mesi stanno decimando il gruppo terrorista nel nord, a Mosul, rafforza l’immagine del premier uscente, al Maliki, di uomo della stabilizzazione, proprio quando è in corsa per strappare il risultato elettorale al rivale e vincente Iyyad Allawi, che lo ha battuto per due soli seggi al voto del 7 marzo. Ieri la Commissione elettorale ha annunciato che conterà di nuovo i voti di Baghdad, come chiesto da Maliki. Ma ieri è anche stata scoperta una prigione segreta illegale con detenuti sunniti, e questo renderà più tese le trattative post voto.

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