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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Stampa - Il Foglio - L'Opinione - Il Giornale Rassegna Stampa
17.04.2010 Emergency: visita in carcere per i tre italiani. Stanno bene
Ma l'atteggiamento arrogante di Strada rischia di far precipitare la loro situazione

Testata:Corriere della Sera - La Stampa - Il Foglio - L'Opinione - Il Giornale
Autore: Lorenzo Cremonesi - Emanuele Novazio - La redazione del Foglio - Dimitri Buffa - Gian Micalessin
Titolo: «Kabul, visita in carcere per i tre di Emergency: 'Ci trattano bene' - Emergency: Strada attacca Londra - Tre prigionieri e un giocatore - Nasce il partito di Emergency e delle Ong anti governative - Ecco perché Karzai vede Gino Strada come il fumo negli o»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/04/2010, a pag.21, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Kabul, visita in carcere per i tre di Emergency: 'Ci trattano bene' ". Dalla STAMPA, a pag. 13, l'articolo di Emanuele Novazio dal titolo " Emergency: Strada attacca Londra ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Tre prigionieri e un giocatore ". Dall'OPINIONE, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Nasce il partito di Emergency e delle Ong anti governative ". Dal GIORNALE, a pag. 11, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo " Ecco perché Karzai vede Gino Strada come il fumo negli occhi ". Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi : " Kabul, visita in carcere per i tre di Emergency: 'Ci trattano bene' "

KABUL — Tra loro non sono in contatto. Vivono in tre celle separate. Restano all’oscuro di ogni notizia e rapporto con l’esterno. Non hanno ancora mai visto alcun avvocato e neppure nessun rappresentante della Croce Rossa. Vengono interrogati dagli ufficiali dei servizi segreti afghani. «Fisicamente non stanno male. Anzi, ci hanno detto di essere trattati bene. Non subiscono maltrattamenti. Hanno un letto pulito e coperte. Visti gli standard delle carceri afghane, vanno considerati dei privilegiati. Ci hanno consegnato messaggi di rassicurazione per le famiglie», così l’inviato speciale della Farnesina, Massimo Iannucci, ha sintetizzato ieri i suoi incontri separati con Marco Garatti, Matteo Pagani e Matteo Dell’Aira. Il tutto condito con un’affermazione che appare perlomeno un poco contraddittoria: «Sono sereni, ma ansiosi per il futuro».

E chi non lo sarebbe? I sospetti, non ancora formalizzati ufficialmente, sono gravissimi per i tre operatori di Emergency: aver partecipato più o meno direttamente al complotto talebano per assassinare il governatore della provincia di Lashkar Gah. «Sono preoccupato. L’istruttoria potrebbe prendere tempi lunghi. Il fatto che i tre siano nelle mani dei servizi segreti e che questi ricorrano ai regolamenti speciali per i casi di lotta al terrorismo mi fa pensare che il periodo delle indagini sia destinato a protrarsi. Non è un caso per nulla semplice», ha commentato in serata anche Afzal Nooristani, l’avvocato assunto da Emergency in coordinamento con la Farnesina per seguire la vicenda.

Iannucci ha visto i tre assieme all’ambasciatore italiano a Kabul, Claudio Glaentzer (che li aveva già incontrati domenica scorsa nelle prigioni di Lashkar Gah), in una saletta della struttura «numero 16» nel centro di Kabul. «Li ho incontrati separatamente. Con noi c’era anche il direttore del carcere. Che ci ha permesso di prolungare i colloqui a patto che parlassimo in inglese, così da poter seguire la conversazione e con l’accordo che non avremmo toccato il tema della indagini», ha precisato. Modalità che in ogni caso lasciano trapelare quanto ci si trovi ancora nella fase dei preliminari. La difficoltà della situazione è puntellata da un elemento ulteriore: Iannucci avrebbe dovuto incontrare il presidente Hamid Karzai per consegnare una lettera di Silvio Berlusconi. Ma sino a ieri sera non era stato fissato alcun appuntamento per la sua visita al palazzo presidenziale. «Viviamo alla giornata», ha commentato elusivo l’inviato.

Ancora Nooristani sottolinea che potrebbe trascorrere quasi un mese prima che vengano formalizzate le accuse. «Non vedo alcun procedimento di rilascio in atto», aggiunge, smentendo così le voci dell’imminente liberazione di uno dei tre. Altri particolari emersi nelle ultime ore paiono invece mettere l’accento sulla gravità della posizione degli arrestati italiani. Alti esponenti dei servizi afghani hanno infatti vivamente sconsigliato a Nooristani di seguire il loro caso. Ed emerge che ancora gli agenti dei servizi sin da lunedì scorso avevano contattato i direttori dei massimi media locali per spingerli a pubblicare le loro «informazioni» relative al supposto coinvolgimento di Garatti nel rapimento di Daniele Mastrogiacomo nel 2007. Tutti inizialmente si erano rifiutati, considerandole fabbricazioni. Infine l’agenzia stampa Pajhwok ne aveva dato notizia. «Gli italiani pagano il prezzo della crescita recente dell’ostilità antioccidentale in Afghanistan», osserva tra i tanti Shah Mohammed, il celebre «libraio di Kabul». «Solo due anni fa dicerie di questo genere non avrebbero ricevuto attenzione. Ma ora è diverso».

La STAMPA - Emanuele Novazio : " Emergency: Strada attacca Londra "


David Miliband

Gino Strada attacca il governo di Londra e, subito smentito dal Foreign Office, non esclude un ruolo dei soldati britannici (che comandano le forze internazionali nella regione di Helmand) nell’arresto dei tre cooperanti italiani di «Emergency» occupati nell’ospedale dell’ong italiana a Lashkar Gash. «I militari inglesi sono entrati nel nostro ospedale insieme a quelli afghani», ha sostenuto il fondatore di Emergency in una conferenza stampa: «Come si permette il governo di Londra di mandare soldati armati in una struttura sanitaria gestita da una ong italiana? Che cosa sarebbe successo se militari italiani avessero fatto irruzione in un ospedale gestito da una ong inglese?».
Secondo Strada «le forze afghane non avrebbero potuto svolgere un’operazione del genere senza avvertire il comando inglese». Kabul, sottolinea, ha bisogno della presenza di 150 mila militari di altri Paesi: «E’ ragionevole perciò pensare che chi decide non sono gli afghani». L’operazione, sostiene il fondatore dell’ong che da anni opera in Afghanistan, è stata «premeditata, preparata e organizzata» molto bene e di sicuro coordinata dagli inglesi che, in vista di una escalation militare, «preferiscono non avere tra i piedi testimoni scomodi». Se nei prossimi mesi ci saranno battaglie nella zona, «l’ipotesi che si sia voluto impedire che trapelassero gli orrori si farà certezza». Di certo, afferma Strada, le armi e l’esplosivo trovati nell’ospedale «non sono state introdotte dallo staff internazionale di Emergency: forse è stata qualcuna delle guardie afghane, corrotte o ricattate, o forse le ha portate direttamente chi ha fatto la perquisizione. Spero non siano state introdotte dai soldati inglesi».
Le affermazioni del fondatore di «Emergency» sono state smentite da Londra. «Le forze Isaf (delle quali fanno parte anche i soldati inglesi) non erano presenti al momento dell’arresto dei tre italiani nell’ospedale di Lashkar Gah», ha dichiarato un funzionario del ministero degli Esteri britannico, precisando che gli arresti «sono stati effettuati dalle forze di sicurezza afghane». Su richiesta del governatore di Helmand, Goukab Mangal, le truppe britanniche «hanno soltanto fornito assistenza alle truppe afghane per rendere sicuro l’ospedale al cui interno era presente materiale esplosivo».
Strada ha attaccato con asprezza anche i politici italiani che «sperano con tutto il cuore che i tre operatori di Emergency siano innocenti»: «Le loro parole sono delle vigliaccate che contribuiscono a mettere a repentaglio la sicurezza dei nostri tre collaboratori, che sono assolutamente innocenti». Infine un cenno polemico al governo italiano: «Ha tutti gli strumenti, della diplomazia ma anche della poitica, per ottenere in tempi brevissimi la loro liberazione»: Emergency, che ha curato 3 milioni e mezzo di persone nel mondo fra cui 2 milioni di afghani, «è un bel Made in Italy in Afghanistan». E l’Italia, che spende in quel Paese più di un miliardo di euro l’anno, «ha tutto il diritto di fare una domanda di fondo: “Potete permettervi di trattarci in questo modo?”». Basterebbe porla davvero questa domanda, sostiene Strada, «e i nostri tre operatori sarebbero subito liberi».

Il FOGLIO - " Tre prigionieri e un giocatore "

La detenzione in Afghanistan dei tre operatori di Emergency si inscrive in un groviglio di interessi tra i quali è assai arduo districarsi. L’azione della diplomazia per ottenere un trattamento rispettoso dei diritti per i nostri connazionali richiede quindi abilità. La pressione sulle autorità afghane è stata esercitata al massimo livello e pare cominci a dare qualche frutto, ma questo non è certo merito dell’agitazione scomposta e controproducente di Gino Strada. L’Italia deve lavorare per assicurare un trattamento giusto ai suoi cittadini, indipendentemente da considerazioni politiche e mettendo l’obiettivo della loro salvezza al primo posto. E sembra che stia facendo il suo dovere. E’ lecito invece domandarsi se le priorità di Strada siano le stesse. Se gli interessi di più aiutare chi può operare a favore dei suoi uomini, oppure tenere il campo con il suo orgoglio luciferino. Insistere nel definire “regime autoritario” quello al potere in Afghanistan, “truppe di occupazione” la missione delle Nazioni Unite, affermare che il governo italiano non conta niente, ostacola gli sforzi di chi cerca di aiutare i fermati a uscire dalla situazione nella quale sono finiti. Nessuno può chiedere a Strada di rinunciare alle sue idee, ma si può ben chiedergli di rinunciare a usare l’attenzione accesa dall’arresto dei suoi uomini per lanciare proclami che certo non li aiutano. Sembra quasi che a Strada, più della sorte degli arrestati, prema poter esibire la loro attuale condizione di “vittime” per denunciare quelli che considera i nemici della pace. Invece serve operare per liberare i nostri connazionali dimostrando l’infondatezza delle accuse e sostenendo i loro diritti: affinché non restino ostaggi, oltre che della polizia afghana, della demagogia del loro capo.

L'OPINIONE - Dimitri Buffa : " Nasce il partito di Emergency e delle Ong anti governative "


Dimitri Buffa

Se ne sentiva veramente la mancanza del partito di “Emergency” e di quelli che equiparano i soldati italiani in Afghanistan nella missione “Enduring freedom” ai terroristi  tagliagole talebani.
Da ieri, anzi da giovedì sera, quando Gino Strada ha fatto questa incredibile, ma non per lui inedita, comparazione in tv ad “Annozero”, da Santoro, abbiamo colmato anche questa lacuna. E da oggi, cioè dal giorno dell’orgoglio delle ong anti militariste, anti americane e pseudo pacifiste in piazza a Roma, avremo un soggetto politico in più con cui confrontarci.
Grazie anche all’involontario sacrificio dei tre medici di “Emergency” arrestati dagli sbirri di Karzai, infatti, Strada continua a tirare tanta acqua al proprio mulino. Tanto che per il governo italiano è sempre più difficile scindere la doverosa azione diplomatica per fare ritornare a casa i tre malcapitati dall’effetto collaterale di contribuire a questo enorme spottone pro Emergency e pro bandiera arcobaleno.
E in televisione, di fronte alla tracotanza di Strada, di cui tutto si può ammirare fuorchè la cordialità, persino uno come Iganzio La Russa faceva tenerezza e quasi simpatia. Ma tant’è.
Ieri è stata la giornata della prima visita concessa dal governo afghano al nostro ambasciatore a Kabul Claudio Glaentzer e all'inviato della Farnesina Massimo Iannucci  che hanno finalmente potuto constatare di persona le condizioni di salute, pare buone, di Marco Garatti, Matteo dell'Aira e Matteo Pagani.
Commento di Gino Strada, cui tutto appare dovuto, salvo sputare nel piatto della Farnesina in cui pure quasi tutte le ong prima o poi mangiano o hanno mangiato? “Era ora”.
“Adesso spero che vengano liberati al più presto e che crolli questa stupida montatura”, ha aggiunto Strada. Specificando di non aver avuto notizie dirette sul loro stato di salute nè dettagli sull'incontro. E sulla storia della montatura ieri gli è venuto dietro Dario Fo: “Hanno inventato una grossa bufala su Emergency per toglierla di mezzo, perchè è testimone diretta delle reali conseguenze che sta causando la guerra”.
Ma queste dichiarazioni, come spiegava Edward Luttwak con sagacia ad “Annozero”, contribuiscono ad accrescere, anziché diminuire, i sospetti che “Emergency” e il suo milieu siano impegnate a sfruttare questa triste occasione per aumentare il numero dei convitati al famoso “tavolo della pace”. Luttwak parlava di “aureola di santità” e spiegava cosa facessero le ong in Somalia, ma anche in Afghanistan, e chi voleva capire ha capito. Però ieri i preparativi per la kermesse di oggi fervevano un po’ ovunque. Cecilia Strada ad esempio invitava anche le altre ong a partecipare alla manifestazione che si terrà dalle 14.30 in piazza San Giovanni. “Stiamo ricevendo tantissime espressioni di solidarietà e adesioni alla manifestazione, anche da altre ong”, ha precisato la Strada, sottolineando  come la vicenda degli operatori arrestati in Afghanistan sia “una brutta vicenda e può rappresentare un precedente per tutti gli operatori nel mondo e per il lavoro, di cui Emergency è solo una parte, esemplare che svolgono”.
“Invitiamo quindi le ong a partecipare alla manifestazione di domani – ha detto -  per riaffermare la libertà e il rispetto del loro lavoro”.
Insomma sarà una sorta di  “ong-pride”, con annessa tavola della pace e del pacifismo “senza sé e senza ma”. Lo stesso tipo di atteggiamento che portava a  criticare dopo la conferenza di  Monaco nel 1938 chiunque volesse intervenire nella guerra contro Hitler. Non poteva mancare l'appello fatto da Flavio Lotti, coordinatore nazionale della “Tavola della pace”, alla vigilia della manifestazione convocata da Emergency, per chiedere da una parte  l'immediato rilascio degli italiani e degli afgani sequestrati in Afghanistan, cosa del tutto imdipendente dai suoi appelli ovviamente, e, dall’altra, l’invito a “tutti i cittadini, tutte le associazioni, i movimenti, gli enti locali, le organizzazioni e istituzioni pubbliche e private, religiose o laiche, contrari alla guerra ad esporre da subito la bandiera della pace ai balconi”.
“La manifestazione di Roma  - nelle intenzioni di Lotti - deve segnare l'inizio di un rinnovato impegno per la pace in Afghanistan. Riaprire l'ospedale di Emergency in Afghanistan e liberare i tre italiani e i sei afgani arrestati il 10 aprile sono i nostri primi obiettivi. Ma non basta. La politica ha scaricato sui militari un compito impossibile. È davvero il tempo di cambiare strada”. E poi ha precisato:  “in Afghanistan, dopo nove anni di guerre e fallimenti, dobbiamo passare dall'impegno militare ad un impegno politico e civile a fianco delle popolazioni vittime della guerra, dell'oppressione e della miseria. La manifestazione deve segnare l'inizio di un rinnovato impegno per mettere fine alla guerra, alle stragi e a ogni forma di terrorismo, per proteggere la popolazione civile, per garantire i suoi bisogni vitali, per sostenere concretamente la società civile afgana stretta nella morsa dei talebani, dei signori della guerra e dei bombardamenti”.
Insomma oggi più che andare in piazza per la liberazione dei tre medici di “Emergency”, che magari saranno portati a casa come al solito (come già a suo tempo per la Giuliana Sgrena e per Daniele Mastrogiacomo) dall’odiato governo Berlusconi, si manifesta in odio all’Occidente e ai suoi soldati, italiani compresi, che stanno in Afghanistan a  contrastare il terrorismo islamico. Il copione è sempre quello: già noto da un pezzo.

Il GIORNALE - Gian Micalessin : " Ecco perché Karzai vede Gino Strada come il fumo negli occhi "


Hamid Karzai

Sbagliare è umano, perseverare diabolico. Il nostro esecutivo lo sa bene, anche perché è consapevole di agire nella scia degli errori commessi dal governo Prodi per ottenere la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo. Per questo la parola d’ordine è muoversi con prudenza evitando tutte quelle forzature pretese da Emergency e da quanti accusano il ministro degli esteri Franco Frattini di scarsa determinazione. Proprio le forzature esercitate in passato sono all’origine della diffidenza nutrita nei confronti di Emergency non solo dai servizi segreti afghani, ma anche dal presidente Hamid Karzai.
E proprio l’ostilità di Karzai rende complessissima la risoluzione politica del caso Emergency. Una soluzione raggiungibile, sostengono fonti autorevoli interpellate da Il Giornale, solo attraverso una paziente trattativa e solo se agli sforzi della Farnesina s’aggiungeranno discrete pressioni degli Stati Uniti e una maggior disponibilità del Regno Unito, esasperato dal ruolo di Emergency nella provincia di Helmand. Proprio per questo il premier Silvio Berlusconi s’è rivolto innanzitutto a Karzai, indirizzandogli una lettera che punta a riprendere un dialogo drasticamente compromesso dalle esperienze passate. Proprio per questo il governo si guarda bene dall’agire con l’irruenza pretesa da Emergency.
La fonte di tutti i mali sono sempre gli errori commessi nel caso Mastrogiacomo, quando il ministro degli Esteri D’Alema affidò a Gino Strada la trattativa. Già quella decisione venne interpretata a Kabul come un affronto. In passato i casi di Clementina Cantoni, la volontaria rapita nel maggio 2005, e quello di Gabriele Torsello sequestrato nell’ottobre 2006 erano stati risolti grazie alla stretta collaborazione tra la nostra intelligence e quella afghana. La brusca svolta venne vissuta come un sgarbo immotivato dagli afghani. Ad aggravare il tutto s’aggiungevano i sospetti degli 007 di Kabul nei confronti dei dipendenti afghani di Emergency e in particolare di Ramatullah Hanefi, responsabile dell’ospedale di Lashkar Gah. I capi dei servizi afghani già sapevano che era stato Hanefi a consigliare a Torsello di lasciare Lashkar Gah in autobus fornendogli un biglietto con un posto numerato. Lo stesso posto su cui puntò a colpo sicuro il gruppo di talebani che bloccò l’autobus poco dopo Lashkar Gah. Il fatto che anche Mastrogiacomo fosse stato rapito subito dopo essersi rivolto a Hanefi moltiplicò i sospetti.
Ma a peggiorare il tutto contribuì l’atteggiamento tenuto da Gino Strada che gestì, stando a fonti d’intelligence, con «scarsa sensibilità e arroganza» i rapporti con gli inquirenti afghani, ignorandoli e tenendoli sistematicamente all’oscuro delle proprie mosse. A questo s’aggiunse la superficialità di una mediazione del tutto indifferente alle delicate conseguenze politico-diplomatiche. Mentre per Torsello era stata rifiutata qualsiasi condizione imbarazzante per il governo afghano e gli alleati, nel caso Mastrogiacomo l’esecutivo Prodi indicò come unica strada percorribile lo scambio di prigionieri mediato dall’ambiguo Hanefi e avallato da Emergency. A quella scelta s’aggiunse un diktat nei confronti di Karzai, costretto dal governo Prodi a scegliere tra il rilascio del poker di pericolosi capi talebani richiesti dai rapitori e il ritiro del contingente italiano. E si aggiunsero pressioni continue e insistenti ricordate da Hamid Karzai come una persecuzione politico-diplomatica. La goccia che fece traboccare il vaso fu la decapitazione di Adjmal Nashkbandi, il giornalista e interprete afghano inizialmente liberato assieme a Mastrogiacomo. Emergency, desiderosa di portare a casa il nostro connazionale, «dimenticò» Adjmal, ricatturato dopo l’apparente rilascio e sgozzato qualche settimana dopo. La sua uccisione, decisa dai talebani per dimostrare che il presidente era pronto a tutto per liberare degli stranieri ma indifferente alla sorte di un connazionale, si abbatté come un boomerang sulla testa di Karzai. Che giurò pubblicamente di non muovere più un dito per gli stranieri, sviluppò un senso di diffidenza nei confronti degli italiani e di aperta ostilità nei confronti di Gino Strada e di Emergency. Tornare a rialzare la voce con Karzai pretendendo soluzioni drastiche e immediate renderebbe praticamente impossibile una trattativa che già ora si preannuncia lunga e complessa.

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