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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.04.2010 Gino Strada non ha le prove, ma assolve Emergency
Intervista di Fabio Poletti, cronaca di Maurizio Caprara

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Fabio Poletti - Maurizio Caprara
Titolo: «Il nostro governo? Spero non c'entri - Annuncio a sorpresa degli afghani: Gli italiani hanno confessato»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 12/04/2010, a pag. 3, l'intervista di Fabio Poletti a Gino Strada dal titolo " Il nostro governo? Spero non c'entri  ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 2, la cronaca di Maurizio Caprara dal titolo " Annuncio a sorpresa degli afghani: Gli italiani hanno confessato ".

La questione di Emergency riempie anche questa mattina le pagine dei quotidiani italiani.
Finora l'unica cosa dimostrata sono le armi e il fatto che fossero nell'ospedale di Emergency. Non sappiamo se i tre italiani siano coinvolti con questa faccenda, nè se lo siano i sei afghani arrestati insieme a loro.
Però le armi c'erano, nell'ospedale. Ed erano destinate ai talebani. Quale luogo migliore per nasconderle? Un ospedale, che sfugge ai controlli.
Gino Strada ieri ha dichiarato che negli ospedali di Emergency si può entrare solo disarmati (soldati compresi), come spiega il ritrovamento di cinture esplosive nel magazzino?
La storia del complotto non regge per il fatto che mancano le prove. Gino Strada, nel corso dell'intervista di Poletti, insulta il governo italiano e lancia delle accuse per difendere Emergency, ma non fa riferimento ad alcuna prova. Anzi, ammette che qualcuno all'interno dell'ospedale, potrebbe essere corrotto dai talebani. Se ha questo sospetto, per quale motivo non rafforza i controlli?
In ogni caso, non spetta a Strada fare chiarezza al riguardo, ma alla polizia, che sta svolgendo le indagini.
Ecco i due articoli:

La STAMPA - Fabio Poletti : " Il nostro governo? Spero non c'entri "

Gino Strada, da Kabul attraverso il Times le autorità afghane fanno sapere che i medici italiani di Emergency avrebbero confessato...
«E’ la classica coglionata afghana. Non mi vengono in mente altri termini. O forse è la classica manovra di tutti quelli che sostengono la propaganda di guerra. E’ un clichè piuttosto vecchio. Lo abbiamo già visto troppe volte».
Con chi ce l’ha, quando accusa che è tutta una manovra contro di voi di «chi sostiene la propaganda di guerra»? Faccia i nomi.
«All’operazione che ha portato all’arresto i nostri tre operatori umanitari ha partecipato attivamente anche l’Isaf. Oltre ai servizi segreti afghani a fare irruzione in ospedale c’erano i militari occidentali che occupano Kabul. Tutti hanno potuto vedere le divise dei soldati dell’Isaf. Era una manovra ovviamente coordinata».
Il ministro Frattini ha detto che la notizia della confessione dei tre italiani «è tutta da verificare», ma «prega con tutto il cuore che non sia vera».
«Ognuno prega con quello che ritiene. Io posso rassicurare il ministro Frattini. I nostri tre volontari a Lashkar Gah non sono mai stati coinvolti in operazioni terroristiche. Posso metterci la mano sul fuoco. Li conosco da dieci anni. Erano lì in missione umanitaria. Erano lì per curare vite umane non per fare attentati».
Lei da due giorni sostiene che questa è una operazione contro di voi per far fuori Emergency in Afghanistan. Accusa Kabul, attacca le forze Isaf di cui fa parte anche il nostro Paese. Può dire una parola definitiva sul coinvolgimento dell’Italia, a tutti i livelli, in questa vicenda?
«Spero che non ci sia stato alcun coinvolgimento. Faccio mie le stesse parole del ministro Frattini. Spero con tutto il cuore che il governo italiano non ne sapesse niente».
Il senatore del Pdl Maurizio Gasparri dice che i contatti di Emergency in Afghanistan sono «opinabili». Cosa gli risponde?
«Non è il capogruppo del Pdl al Senato a parlare. Non è Gasparri. E’ il comico Neri Marcorè. Un parlamentare non può lanciare impunemente queste accuse ridicole».
Se la sente di mettere la mano sul fuoco anche per i locali che lavoravano per voi in ospedale?
«Non li conosco. Non posso escludere niente. Nemmeno che potessero essere al soldo della polizia di Karzai prima ancora di venire a lavorare da noi. Chi mi dice che non abbiano corrotto una guardia? Cosa ci vuole per far entrare in un ospedale qualche arma, un po’ di esplosivo, dei giubbotti antiproiettili. Dicono che i nostri medici avrebbero preso soldi per organizzare un attentato contro il governatore della regione. Un afghano per cinquanta dollari potrebbe ammazzare Karzai. Figuriamoci portare dentro un ospedale qualche arma...».
Ha saputo delle manifestazioni ostili ad Emergency, organizzate davanti al vostro ospedale?
«Che ci vuole a trovare cinquanta persone che manifestano contro Emergency? L’ottanta per cento dell’Afghanistan è in mano ai talebani. Sarebbe come dire che all’ospedale di Niguarda hanno visto qualche milanese. Noi curiamo tutti. Talebani e antitalebani. Non guardiamo in faccia nessuno. Per questo ce l’hanno con noi. Siamo i testimoni scomodi in un Paese occupato militarmente».
Emergency nel mirino sia dell’Isaf che degli afghani, pro o contro Karzai? Tutti contro di voi?
«Quello che è successo è una azione di guerra preventiva contro Emergency. E’ un messaggio chiaro rivolto a tutti noi. Vogliono che lasciamo il Paese. Vogliono che non testimoniamo più quello a cui assistiamo ogni giorno. In sei anni a Lashkar Gah sono state visitate sessantamila persone, diecimila sono state ricoverate, oltre undicimila sono state sottoposte a intervento chirurgico. Il quaranta per cento delle persone che curiamo in quell’ospedale sono bambini. Semplicemente non si vuole che Emergency testimoni che la guerra al terrorismo stia in realtà facendo molte vittime tra i civili inermi. L’arresto dei nostri tre operatori è solo l’ultima puntata di un copione già visto e stravisto più volte».
Perchè, c’erano state altre manovre contro di voi?
«Dopo le ultime operazioni di guerra Emergency aveva chiesto l’apertura di un corridoio umanitario per consentire l’evacuazione dei feriti. Il cordone lo hanno fatto davvero. Attorno all’ospedale ci sono i militari. Anche se lo chiamano cordone sanitario stranamente non viene consentito ai feriti di entrare in ospedale. Noi abbiamo una colpa. Una colpa grave agli occhi di qualcuno. In guerra un ospedale è qualcosa di anomalo perché cerca di salvare vite umane invece di distruggerle».

CORRIERE della SERA - Maurizio Caprara : " Annuncio a sorpresa degli afghani: Gli italiani hanno confessato "

L'ingresso dell'ospedale di Lashkar Gah (Ansa)

 

 

 

 


L'ingresso dell'ospedale di Lashkar Gah

ROMA — Sabato li hanno accusati di aver organizzato un complotto per uccidere il governatore della provincia dell’Helmand, Gulabuddin Mangal. Ieri di aver ammazzato nel 2007 l’interprete di Daniele Mastrogiacomo, il ventitreenne Adjmal Nashkbandi che fu rapito dai talebani con il giornalista italiano. Sembra aver assunto i contorni di un inquietante gioco al rialzo, ieri, l’inchiesta del servizio segreto afghano National directorate security (Nds) contro i tre volontari italiani dell’ospedale di Emergency a Lashkar Gah e le altre sei persone arrestate con loro.

Il portavoce del governatore Mangal che sostiene di essere la vittima scelta per l’asserito complotto sventato, Daoud Ahmadi, ha fatto entrare nel circuito dei mezzi di informazione una voce lasciata circolare già due giorni fa nell’insidiosa provincia dell’Afghanistan del Sud: «Tutti i nove detenuti hanno confessato», ha dichiarato Ahmadi, ripreso dal «Times » on line. «Sono accusati di collegamenti con Al Qaeda e i terroristi», ha aggiunto.

Da parte italiana, fino a ieri sera, la tesi sulla confessione non ha trovato alcun riscontro. In mattinata il chirurgo Marco Garatti, l’infermiere Matteo Dell’Aira e il responsabile della logistica dell’ospedale Matteo Pagani erano stati raggiunti per un colloquio dall’ambasciatore d’Italia accreditato a Kabul, Claudio Glaentzer. Conosciuto per operazioni riuscite su casi disperati, come una che ridiede la vista a un bambino con il cranio attraversato da una pallottola, Garatti aveva un’aria smarrita. È parso uno che non sapeva darsi risposte sul perché fosse capitato in un groviglio del genere in una sede del Nds. Al Corriere risulta che sarebbe arrivato a Laskhar Gah meno di una settimana fa per sostituire un collega.

Stando a un consigliere del governatore, Wahidhullah, citato dall’Ansa, negli interrogatori sarebbe emerso che per il complotto « Garatti avrebbe ricevuto danaro dai talebani»: «Il governatore di solito si intrattiene con le vittime del conflitto nell’ospedale di Emergency per portare assistenza e denaro. Era previsto che in una delle prossime visite (...) Mangal avrebbe trovato a sorpresa nella sala, dove erano ricoverati i feriti, i talebani armati per ucciderlo». La versione dell’accusa è che a questo progetto sarebbero dovuti servire le due pistole e le due cinture esplosive sequestrate in un magazzino dell’ospedale.

Non era facile ieri immaginare tre persone partite dall’Italia per curare, o far curare, corpi straziati nella parte di chi agisce per straziare altri corpi. Davanti al centro di Emergency, sgradito al Nds, apprezzato dalla popolazione, si sono radunate duecento persone contestando l’organizzazione umanitaria. E’ parsa una parata poco spontanea.

La voce ufficiale del governo italiano in materia, il ministro degli Esteri Franco Frattini, ha continuato a mantenere le distanze dall’attività degli italiani arrestati. «L’eventuale confessione dei tre è da verificare, ma noi aspettiamo i risultati delle indagini. Vi sono dei fatti, sono state trovate armi molto pericolose nell’ospedale gestito da Emergency. Quindi noi vogliamo conoscere la verità, in fretta», ha detto. Poi: «Prego con tutto il cuore, da italiano, che non sia vero. Perché l’idea che vi possano essere miei connazionali che abbiano commesso anche una parte di quelle accuse mi fa rabbrividire». Frattini, che aveva telefonato al collega afghano Zalmay Rassoul, ha fatto sapere di avere ricevuto «assicurazioni» sulla «tutela dei diritti» dei tre e ha addebitato a Gino Strada, il fondatore di Emergency, «dichiarazioni politiche» e «non di un medico che vuole salvare la vita alla gente».

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