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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero-Corriere della Sera Rassegna Stampa
09.04.2010 Ahmadinejad perde le staffe e attacca l'America. Il ricordo di Pearl Harbour
Le analisi di Angelo Pezzana, Franco Venturini

Testata:Libero-Corriere della Sera
Autore: Angelo Pezzana-Franco Venturini
Titolo: «Se Ahmadinejad va avanti così, l'America interverrà-Un avvertimento per l'Iran»

L'Iran reagisce alla doppia firma di Praga. Alla Tv di stato, Ahmadinejad lancia frasi rozze e aggressive contro Obama. Il coinvolgimento della repubbluica dei mullah è un segnale importante. Lo analizzano Angelo Pezzana su LIBERO di oggi, 09/04/2010, a pag.19, e Franco Venturini sul CORRIERE della SERA a pag.1-48.
Ecco gli articoli:

Libero- Angelo Pezzana: " Se Ahmadinejad va avanti così, l'America interverrà "

 
In alto, da sinistra a destra, il bombardamento di Pearl Harbour, FD Roosvelt, Hitler,Ahmadinejad, Barack Omama

Mahmoud Ahmadinejad non ha atteso a lungo, dopo che Barack Obama aveva appena firmato a Praga con Dmitry Medvedev lo Start II sul taglio delle armi nucleari in possesso di Usa e Russia, per farci sapere quanto poco avesse apprezzato le dichiarazioni del presidente americano. In più Obama aprirà il prossimo lunedì a Washington il summit sulla sicurezza nucleare, nel quale presenterà ai leader di 47 nazioni una risoluzione contro la proliferazione degli armamenti atomici, ma il taglio di Usa e Russia è stato più che altro un gesto per dimostrare buona volontà. Taglio non vuol dire eliminazione, anzi, di testate nucleari continueranno ad averne almeno 1500 a testa, nel caso dovessero servire per legittima difesa, fornendo anche a chiare lettere il nome dei due stati che stanno mettendo a rischio la pace mondiale, Corea del Nord e Iran. E’ stato il tiranno di Teheran a reagire con lo stile abituale, che non lascia possibilità ad alcuna interpretazione. “ Mr Obama, sei nient’altro che una matricola della politica, devi aspettare che il tuo sudore si asciughi e farti un po’ di esperienza “, ha detto in un discorso in Tv, aggiungendo “ sei come quei cowboy dei film western capaci solo di estrarre la pistola dalla fondina”, dimenticando tutte le cortesie ricevute in questo anno da Obama, lettere private, mano tesa, una serie di ultimatum che tali non sono mai stati, silenzi pesanti mentre le strade di Teheran si riempivano di sangue, sono mancati solo i fiori. Tutto dimenticato, finendo col dargli della “marionetta manovrata da capitalisti e sionisti, capace solo di leggere i foglietti con le istruzioni che gli vengono messi sotto agli occhi”. “ America, ti spezzeremo i denti “, ha proseguito, anzi, li spezzeremo proprio a te, che ti credi così forte da poterci minacciare. Ad essere sinceri, le bordate di Ahmadinejad ci hanno fatto piacere, finalmente, ci siamo detti, convinti come siamo, che da quando Obama si è insediato alla Casa Bianca, soltanto un qualche evento, o nemico più che dichiarato, avrebbe potuto tirarlo fuori da quella melassa buonista che finora ha caratterizzato la sua politica estera perdente. In questi casi è la brutale sincerità del nemico a far prendere consapevolezza della realtà a chi è come soffocato dalle buone intenzioni. La storia americana si ripete, se il Giappone non avesse preso la decisione di distruggere la flotta americana a Pearl Harbour, è molto probabile che gli Usa non sarebbero mai entrati in guerra, con il vento che allora spirava verso l’isolazionismo sostenuto da una politica di fatto pacifista. L’America aprì gli occhi, entrò in guerra, e il mondo fu salvato dal mostro nazista. Se quella decisione fosse stata presa prima, senza aspettare il casus belli, l’Europa non sarebbe stata quell’immane cimitero che abbiamo conosciuto. Oggi ci risiamo, c’è un nuovo Hitler, a Teheran invece che a Berlino, con in più la minaccia dell’uso dell’arma nucleare, e le sue intenzioni sono davanti agli occhi di tutti. Colleziona alleati uno dopo l’altro, nel mondo dominato dal fondamentalismo islamico, ma non solo, e come negli anni ’30 gli organismi internazionali sono impotenti quando non complici.Nel mondo era rimasta solo una grande nazione a garantire le nostre società libere e democratiche che gli orrori del ‘900 non si sarebbero riaffacciati, l’America, che ci ha liberati prima dal nazifascismo e poi dal comunismo. Il nuovo inquilino della Casa Bianca, sicuramente animato dalla migliore buona volontà, in un anno e poco più, sta rischiando di disperdere quell’eredità. Per questo le parole rozze, grossolane di Ahmadinejad sono le benvenute, che le prossime siano ancora peggiori, se contribuiranno a restituire all’America quel coraggio che Obama sembra aver dimenticato.

Corriere della Sera- Franco Venturini: " Un avvertimento per l'Iran "

Se qualcuno pensa che il trattato di disarmo firmato ieri da Obama e Medvedev sia soltanto un curioso amarcord da guerra fredda, sbaglia. Sbaglia perché la riduzione di un terzo dei due più forniti arsenali nucleari del mondo è comunque una buona notizia. E sbaglia, soprattutto, perché dietro la pomposa cerimonia di Praga emerge il disegno attualissimo di una manovra a tenaglia che Obama intende attuare contro i progetti atomici dell’Iran coinvolgendo nell’impresa tanto la Russia quanto la Cina. Il presidente Usa, Obama, e quello russo, Medvedev, hanno firmato a Praga l’accordo Start 2 per il taglio di un terzo degli arsenali nucleari (nella foto Epa, la stretta di mano). Obama: «Il mondo è più sicuro». E con Medvedev lancia un monito all’Iran: «Ora sanzioni dure e intelligenti».
La Russia è stata dunque definitivamente presa a bordo sotto copertura del nuovo trattato di disarmo? Probabilmente sì, ma sarà saggio aspettare di vedere cosa ne pensa Putin e resta assai poco verosimile che Mosca appoggi sanzioni energetiche tipo taglio delle forniture di benzina.
Siamo alla terza tappa, lunedì prossimo. Obama ha convocato a Washington un vertice per la sicurezza nucleare: maggiori controlli sul mercato nero, misure per evitare che terroristi possano fabbricare una «bomba sporca» raccogliendo componenti qui e là. Medvedev ci sarà. Ma il fatto rilevante è che ci sarà il cinese Hu Jintao, che non intende farsi scavalcare da quanto è accaduto ieri a Praga e che già da qualche giorno fa circolare indiscrezioni su una nuova disponibilità di Pechino a discutere le sanzioni anti-Iran (beninteso, anche la Cina metterà sul tavolo le sue limitazioni). Il soggiorno di Hu Jintao negli Usa, dopo un periodo di rapporti assai tesi, dovrebbe consentire di riportare il sereno tra Washington e Pechino. Sull’Iran, e forse anche su una limitata libera fluttuazione (e dunque rivalutazione) della yuan.
Se andrà così, la manovra a tenaglia di Obama potrà dirsi vittoriosa. E resterà, per completarla, soltanto la quarta tappa: la revisione, nel mese di maggio, di un Trattato di non proliferazione nucleare che per restare credibile dipende interamente dallo stop ai programmi atomici iraniani.
Ma si stringerà davvero, la tenaglia di Obama? Qualche dubbio è lecito. Teheran potrebbe cedere al rischio di isolamento totale, se Mosca e Pechino saliranno sul carro di Obama. Ma se qualcuno facesse il doppio gioco, e soprattutto se in Iran continuasse a prevalere un regime tanto diviso quanto intransigente, potrebbe anche accadere che l'assedio si riveli inutile.
Occorrerà aspettare e verificare, mentre Obama si gioca una dopo l'altra le sue carte. Quel che sappiamo già è invece che l'Europa brilla ancora una volta per la sua assenza. Non tanto nei tagli di armamenti intercontinentali, che poco la riguardano. Ma siamo sicuri che Obama prima di enunciare la sua nuova dottrina nucleare (la quale in linea ipotetica cambia la natura dell’ombrello atomico americano, pensato nei tempi andati contro un attacco convenzionale) abbia consultato gli alleati europei? E possiamo non osservare che sulle bombe atomiche tattiche dislocate in Europa (di cui un gruppo guidato dalla Germania chiede il ritiro) si è deciso ieri di rinviare la questione senza neppure citarla in un senso o nell’altro? Obama per primo sembra guardare altrove. È stato lui a volere che la firma del nuovo trattato avesse luogo a Praga, per ricordare il suo discorso di un anno fa sull’ideale di un futuribile mondo senza armi nucleari. Ma per gli europei la scelta della Repubblica Ceca, membro della Ue e della Nato, somiglia piuttosto a un amaro paradosso.

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