martedi` 13 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Il Giornale - Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.04.2010 Turchia: uno sceneggiato tv contro Tzahal e la negazione del genocidio degli armeni
Erdogan sempre più lontano dall' Europa. Commenti di Fiamma Nirenstein, Christopher Hitchens

Testata:Il Giornale - Corriere della Sera
Autore: Fiamma Nirenstein - Christopher Hitchens
Titolo: «La tv turca attacca Israele e fa infuriare pure i palestinesi - Genocidio armeno negato: la pericolosa ossessione di Erdogan»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 07/04/2010, a pag. 16, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " La tv turca attacca Israele e fa infuriare pure i palestinesi ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 14, l'articolo di Christopher Hitchens dal titolo " Genocidio armeno negato: la pericolosa ossessione di Erdogan ". Ecco i due articoli:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " La tv turca attacca Israele e fa infuriare pure i palestinesi "


Fiamma Nirenstein

Zelo traditore, che brutta figura si fa quando si cerca di essere più realisti del re. Se ci si poteva aspettare che la Turchia inciampasse sulla strada iperislamica e antisraeliana intrapresa recentemente, che fossero i palestinesi, bandiera di Erdogan, a sbugiardare la Turchia non si sarebbe mai potuto prevedere. La storia è semplice: a ottobre la tv turca ha trasmesso un serial che ad ogni puntata mostrava la mostruosa cattiveria dei soldati israeliani. I soldati uccidevano e tormentavano con mostruosi sghignazzi bambini e donne palestinesi. Ok, fa parte della nouvelle vogue turca, la stessa che ha portato Erdogan a gridare insulti a Shimon Peres durante l’incontro di Davos.
Il serial in questi giorni è in onda su due tv del network saudita Mbc. Israele aveva già protestato, ma si sa, il diritto alla libera espressione fa si che né gli Usa né gli europei alzino mai un dito specie quando si incita all’antisemitismo. Diverso è con l’islamofobia, si capisce. Ma al tredicesimo episodio, in cui una famiglia palestinese torna dalla Giordania per trovare la sua casa distrutta dalle solite carogne, c’è anche una scena molto espressiva in cui una prigioniera del carcere israeliano, Miriam, viene violentata dalle guardie. Uscita dalla galera la ragazza nel film viene uccisa dalla famiglia, ed è sempre ovvia colpa degli israeliani. Ma la reazione delle prigioniere vere è stata immediata: «Chiediamo ai realizzatori della serie tv di scusarsi per la scena in cui viene violentata una prigioniera di nome Miriam» hanno detto. La scena, hanno aggiunto, non ha niente a che vedere con la realtà, e che non è mai successo che una ragazza palestinese sia stata violentata da un soldato israeliano: «Chi si immagina che una palestinese in prigione venga violentata, vive in un mondo di illusioni e di errori. Né abbiamo mai sentito dire che qualche donna sia stata uccisa dalla famiglia una volta rilasciata». Anche l’Autonomia Palestinese si è ribellata: Kadura Fares, membro del comitato centrale di Fatah, ha detto alla radio israeliana che i palestinesi chiedono di smettere di mandare in onda il film.
La Turchia intanto si avventura in una quantità di attivismo molto spinto: mentre da Gerusalemme è stato ritirato l’attuale ambasciatore Ahmet Oguz Cernicol (forse ritenuto troppo morbido dopo un recente testa a testa con il governo israeliano e sostituito con un diplomatico locale, Kerim Uras) a Istanbul si prepara il più grande convoglio marino per raggiungere Gaza con aiuti: lo organizza la Turkish Relief Foundation (Ihh) con varie associazioni decise a formare un convoglio di aiuto alla zona governata da Hamas cui parteciperà una ventina di navi turche, europee, malesi alla fine di aprile. Lo sfondo dell’attività antisraeliana dei turchi consta di un potente avvicinamento al mondo islamico dopo tanti anni di mediazione con l’Occidente. Oggi Erdogan è protagonista della resistenza alle sanzioni contro il nucleare iraniano, insieme al Brasile di Chavez.
Intanto quasi tutti i militari turchi imprigionati dal governo con accuse di cospirazione sono stati rimessi in libertà, mettendo così in mostra l’intento eminentemente politico della retata. E in questi giorni si discute molto anche del fatto che il governo turco sta riscrivendo la Costituzione in chiave islamista, introducendo misure che ne rafforzano il potere mettendo in subordine il militare e il giudiziario. L’ultima azione anti Israele è stata la minacciosa asserzione che la Turchia non se ne starà con le mani in mano e difenderà i musulmani ovunque, anche a Gerusalemme.
www.fiammanirenstein.com

CORRIERE della SERA - Christopher Hitchens : " Genocidio armeno negato: la pericolosa ossessione di Erdogan "


Christopher Hitchens, Erdogan 

Aprile è il mese più crudele per il popolo armeno, che ogni anno, in questa stagione, è costretto a subire il peso insopportabile della tragedia e dell’umiliazione. La tragedia è la commemorazione del massacro dei suoi antenati, iniziato nell’aprile del 1915, quando il Califfato Ottomano lanciò una campagna governativa mirata all’eliminazione degli armeni. L’umiliazione è sentir ripetere dalle autorità turche, anno dopo anno, che tali vergognosi eventi non sono mai accaduti e che i massacri non costituirono un «genocidio». Nell’accezione più tecnica e pedante, la parola genocidio difatti non ha nulla a che vedere con gli armeni, poiché è stata accolta nel nostro vocabolario solo nel 1943. (Fu coniata da uno studioso, Raphael Lemkin, che in quell’anno ancor più drammatico, per ovvi motivi, cercava un termine legale capace di esprimere la sovrapposizione tra razzismo e sete di sterminio e identificò nell’Armenia il precedente storico di quanto stava accadendo in Polonia). Personalmente, tuttavia, preferisco l’espressione utilizzata dall’allora ambasciatore americano in Turchia, Henry Morgenthau. Nei rapporti spediti a Washington, e basati sulle testimonianze degli agenti consolari riguardo le manovre criminali in atto nelle province ottomane di Harput e Van in particolare, Morgenthau si servì di due parole raccapriccianti: «Sterminio razziale». Per quanto tremenda, l’espressione escogitata da Morgenthau non teneva conto della volontà turca, attuata negli anni successivi, di cancellare ogni traccia di vita armena, dalla distruzione di chiese, biblioteche e istituzioni alla rozza manomissione di cartine ufficiali e libri di scuola, per negare addirittura che l’Armenia non fosse mai esistita. Quest’anno, la commissione affari Esteri del parlamento americano a Washington e il parlamento svedese si sono uniti al crescente numero di istituzioni politiche che hanno deciso di chiamare il massacro con il nome che gli spetta. Cito dalla dichiarazione inviata in risposta da Recep Tayyip Erdogan, l’attuale primo ministro turco e capo del partito islamista al potere: «Nel mio Paese vivono 170 mila armeni, di cui 70 mila sono cittadini turchi. Pertanto tolleriamo la presenza di 100 mila armeni irregolari. Domani, se necessario, potrei dire a questi 100 mila: è ora di far ritorno nel vostro Paese. Per quale motivo? Perché non sono cittadini turchi. Non ho nessun obbligo di ospitarli nel mio Paese». Cerchiamo quindi di chiarire quali sono le opinioni del capo di Stato della Turchia: se le assemblee democratiche osano menzionare la pulizia etnica degli armeni avvenuta nel secolo ventesimo, mi occuperò io personalmente di completarla nel ventunesimo! Da dove vogliamo iniziare? I «lavoratori stranieri» di origine turca vivono oggi numerosi in tutta l’Unione Europea, e la Turchia non nasconde le sue ambizioni a entrare a far parte della comunità europea. Come reagirebbe il mondo se un primo ministro europeo ordinasse la deportazione in massa di tutti i turchi? La sfuriata va inoltre a confermare la personalità alquanto instabile di Erdogan. A Davos, nel gennaio del 2009, il premier turco ha abbandonato, in un accesso d’ira, i colloqui con il capo della Lega Araba e il presidente israeliano Shimon Peres, dopo aver strattonato — paonazzo in volto — il braccio del moderatore che tentava di calmarlo. In quell’occasione, aveva urlato che gli israeliani a Gaza sapevano fin troppo bene «come ammazzare». Secondo alcuni nazionalisti turchi, Erdogan ha perso il controllo perché non sopportava la presenza del moderatore del dibattito, David Ignatius del Washington Post, egli stesso di origine armena. Poco tempo dopo, al vertice Nato in Turchia, Erdogan si è lasciato andare a un altro scatto d’ira alla proposta di eleggere a capo dell’Alleanza Atlantica l’ex primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen. In questo caso, saranno state forse le vignette blasfeme pubblicate in Danimarca a turbare il fragile equilibro di Erdogan. In Turchia, la negazione imperterrita del genocidio armeno ha avuto conseguenze politiche e culturali deplorevoli. Il più celebre scrittore turco, Orhan Pamuk, è stato trascinato in tribunale nel 2005 per aver riconosciuto il ruolo della Turchia nella distruzione dell’Armenia. Se non fosse stato insignito del Premio Nobel, le cose si sarebbero messe molto male per lui. L’editore turco-armeno Hrant Dink, anche lui processato sotto la legge di Stato che vieta la discussione del passato, è stato colpito a morte per strada da un assassino, più tardi fotografato in compagnia di poliziotti complici e sghignazzanti. L’antico crimine, in altre parole, sfida ancora oggi tutti i tentativi di copertura. E la negazione si nutre costantemente di nuovi delitti. Nel 1955 a Istanbul, in un pogrom sponsorizzato dallo Stato, furono eliminati quasi tutti gli ultimi armeni della capitale, assieme a migliaia di ebrei, greci e altri infedeli. Il concetto di identità turca, codificato dalla legge, è stato utilizzato anche per negare i diritti e annientare la lingua della grande popolazione curda del Paese. A queste condizioni, l’ingresso nell’Unione europea resta in salita. La storia non perdona: i morti armeni non smetteranno mai di far sentire la loro voce. Né dovremmo farlo noi, in loro ricordo.

Per inviare la propria opinione a Giornale e Corriere della Sera, cliccare sulle e-mail sottostanti


segreteria@ilgiornale.it
lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT