Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Erdogan sempre più lontano dall' Europa Continua a non riconoscere il genocidio degli armeni e minaccia di espellerne 100.000. Commenti di Carlo Panella, R. A. Segre
Testata:Libero - Il Giornale Autore: Carlo Panella - R. A. Segre Titolo: «L’Europa senza testa non può permettersi una Turchia islamica - Dietro le parole del premier turco il grande scontro tra laicismo e islamismo»
Sul comportamento criminale di Erdogan nei confronti degli armeni, riportiamo da LIBERO di oggi, 19/03/2010, a pag. 24, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " L’Europa senza testa non può permettersi una Turchia islamica". Dal GIORNALE, a pag. 17, l'articolo di R. A. Segre dal titolo " Dietro le parole del premier turco il grande scontro tra laicismo e islamismo ". Ecco i pezzi:
LIBERO - Carlo Panella : " L’Europa senza testa non può permettersi una Turchia islamica"
Carlo Panella
«Sia l’Unione Europea che la Turchia non credono ormai più tanto al processo di integrazione»: questa valutazione, espressa Carlo Corazza, direttore della rappresentanza Ue di Milano è forte, ma ha un grande fondo di verità. Dal punto di vista tecnico, l’evo - luzione della trattativa tra l’Ue e Ankara parla chiaro: dal 2005, dei 35 capitoli di negoziato per conformare le norme turche con quelle dell’Ue, è stato concluso solo quello sulla scienza. Altri 8 sono bloccati dal 2006, 11 sono aperti e i restanti ancora da aprire. Senza contare il contenzioso che si è aperto per la questione del genocidio degli armeni. Su tutti poi incombe la controversia su Cipro, rebus insolubile perché la Repubblica di Cipro, membro dell’Ue, grecofona, ha rifiutato la soluzione di mediazione dell’Onu, che però è stata accettata dallo Stato cipriota turcofono. Ma, al di là della trattativa, è sempre più chiaro che l’ingresso della Turchia in Europa (avversato peraltro dal baricentro dell’Ue: Germania a Francia) è del tutto fallito per colpa dell’Eu - ropa. Ormai è inutile schierarsi con chi sostiene (come faccio da anni) che è indispensabile che l’Europa inglobi la Turchia come strategico interfaccia politico con il mondo musulmano, con l’Asia e con la sponda nord del Mediterraneo (perno peraltro della strategia di George W. Bush). Esattamente come è inutile schierarsi con chi afferma che la Turchia è uno stato asiatico, influenzato dalla cultura islamica, e che i suoi 6 milioni di immigrati in Germania e negli altri paesi, una volta diventati cittadini europei a pieno titolo, costituirebbero addirittura un’emergenza. È un contenzioso sorpassato da una drammatica constatazione di fondo: l’Europa politica non esiste e quindi non può sviluppare nessuna strategia politica alta (come far entrare la Turchia), ha un mercato e una moneta uniche (che a fronte di una vera crisi hanno dimostrato di non saper esprimere nessuna regia unitaria), ma manca totalmente di cervello politico. L’Ue è come la Germania occidentale, la Rft: un gigante economico ma un nano politico. La prova definitiva l’abbiamo proprio oggi: lady Ashton, ministro degli Esteri Ue, ha deciso di fare una forzatura e di recarsi a Gaza da un governo di Hamas che pure l’Ue iscrive nella lista dei terroristi e che ha sempre rifiutato ogni accordo non solo con Israele (che continua a voler distruggere), ma anche con la Anp di Abu Mazen, di cui ha massacrato centinaia di militanti e dirigenti. Mossa azzardata e imprudente che infatti è stata accolta come meritava: ieri mattina un razzo sparato da Gaza (il primo dall’operazione Piombo Fuso del 2009), ha ucciso un contadino israeliano in un kibbutz. Nel momento stesso in cui mette piede a Gaza, lady Ashton si trova così in una situazione indecente e indifendibile. Ma non basta: l’Ue ha imposto alla Turchia di modificare il baricentro stesso del suo assetto istituzionale, abolendo il ruolo di difesa della laicità e della democrazia assegnato dalla Costituzione di Atatürk ai vertici militari e peraltro assolto egregiamente con ben 4 apparenti “golpe” che però hanno sempre ripristinato dopo pochi mesi il pieno quadro democratico. Ovviamente, Tayyp Erdogan e la sua Akp, hanno obbedito toto corde a questa “imposizione” europea, e ora il loro islamismo dilaga perché non trova più l’antidoto e il freno laico garantito dai generali turchi. Ma il vero disastro è che questo è accaduto perché l’Ue non ha mai analizzato il semplice fatto che la Turchia è l’unico paese pienamente democratico del pianeta, solo e unicamente grazie al ruolo di sentinella della democrazia svolto dai generali. Non ha cercato di capire che in un paese a tradizione islamica la “divisione dei poteri” di Montesquieu non funziona, perché è addirittura antagonista al cuore della cultura politica islamica. L’Ue ha così imposto alla Turchia i parametri di Copenhagen, definiti nel 1992 per l’in - gresso dei paesi ex comunisti in Europa: altre storie, tutt’altre dinamiche, favorendo così la regressione islamista in una Turchia in cui i generali vengono oggi arrestati a decine con accuse false e pretestuose di attività golpiste. Un record.
Il GIORNALE - R. A. Segre : " Dietro le parole del premier turco il grande scontro tra laicismo e islamismo "
R. A. Segre
Chi sono i 100mila armeni residenti in Turchia che il premier Erdogan vorrebbe cacciare dal suolo turco a causa dell’insistenza degli armeni (in Armenia e nella grande diaspora armena) a voler chiamare genocidio la strage armena fatta dagli ottomani nella prima guerra mondiale? Sono una nuova mina che il leader del partito islamico Giustizia e Sviluppo (Akp) al governo sta mettendo sulla strada della riconciliazione storica fra i due popoli. Poiché la ripresa dei contatti diplomatici fra Turchia e Armenia aveva fatto pensare il contrario solo qualche mese fa, come spiegare questa svolta del governo di Ankara? L’impressione è che, nonostante il costo interno e internazionale di questo nuovo irrigidimento turco sulla questione dell’Olocausto armeno, la svolta sia legata al grande scontro in corso in Turchia fra laicismo e islamismo. Il costo interno è dovuto al fatto che almeno 70mila dei 100mila minacciati di espulsione sono persone indispensabili alla società arricchita turca. Sono nella loro stragrande maggioranza donne, impiegate come cameriere o badanti di anziani nelle città. Ora i centri urbani, contrariamente alla Turchia tradizionalista e in gran parte analfabeta delle campagne, sono le cittadelle del laicismo, non meno di come l’esercito, per Costituzione, è il custode dell’ataturkismo. Il costo esterno, come si è visto con la recente approvazione alla commissione del Congresso di Washington, dell’accusa di «olocausto» armeno contro la Turchia (che violentemente lo nega) ha provocato il ritiro dell’ambasciatore turco da Washington, il non intervento della lobby israeliana (per la prima volta in anni) a sostegno dei turchi (a causa del raffreddamento delle relazioni fra Ankara e Gerusalemme). Sono «munizioni» che i due grandi opposti movimenti per il «controllo» dell’anima turca - il partito di Erdogan e l’esercito - stanno da mesi combattendo nel quadro di un presunto «colpo di Stato» militare contro il governo. Questo «golpe» (che se fosse riuscito, sempre che non si trattasse di una montatura degli islamici, sarebbe stato il terzo nella storia della Turchia moderna in difesa della laicità della Repubblica) ha dimostrato con l’arresto di almeno 60 ufficiali, in servizio e di riserva, che la casta degli ufficiali non è più inviolabile. D’altra parte quando nel 2007 un giovane nazionalista assassinò Hrant Dink, direttore turco armeno di un giornale che aveva osato parlare dello «olocausto armeno», oltre 100mila persone di ogni origine e fede hanno seguito la sua bara. L’omicidio, lungi dall’aumentare l’odio per gli armeni, ha aumentato le critiche al governo per il perseguimento di una politica che non solo appare storicamente ingiustificata ma anche come un appello del partito islamico nella sua lotta contro il laicismo e soprattutto contro il ruolo dei militari a difesa della laicità turca. La minaccia del premier Erdogan di espellere gli armeni illegalmente residenti in Turchia fa parte dello stesso conflitto sulla identità turca che continua ad agitare la politica e la coscienza del paese. Questi armeni, o piuttosto armene, da espellere sono gli umili tessitori della tela comune della nazione turca. Sono - come scriveva il 14 scorso l’Economist londinese - persone che arrivano col cuore pieno di terrore per il turco e che tornano a casa a raccontare storie sulla benevolenza che hanno scoperto nelle case turche. Fanno parte di quel mondo sempre più esteso nella società turca che ne ha abbastanza dei miti di odio religioso e nazionale. Miti su cui si fonda ancora in larga parte il pregiudizio delle masse musulmane contro l’infedele. Che si tratti del cristiano nelle sue varie denominazioni, o dell’ebreo vestito da israeliano.
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