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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero-La Stampa-L'Unità Rassegna Stampa
13.03.2010 Il diritto di Israele sul proprio territorio nazionale
Il commento di Angelo Pezzana, le cronache di Aldo Baquis e Udg

Testata:Libero-La Stampa-L'Unità
Autore: Angelo Pezzana-Aldo Baquis-Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Israele ha il diritto a costruire. Gli insediamenti non sono abusivi-Gerusalemme blindata, sigillata la Cisgiordania-E'crisi tra Israele e gli Stati Uniti, la Cisgiordania»

Quanto è successo ieri a Gerusalemme, e al confine con la Cisgiordania, non ha destato grande interesse sui nostri quotidiani. Niente su Corriere,Repubblica,Giornale, Foglio, Riformista  e così via  per quasi tutti gli altri. Con due eccezioni, la STAMPA e l'UNITA', la prima con una cronaca di Aldo Baquis, la seconda con Umberto De Giovannangeli , due articoli che enfatizzano una storia che si ripete puntualmente, un materiale ghiotto per chi vuole ripetere notizie inventate dalla propaganda palestinese, come quella che Israele vuole costruire una sinagoga accanto alle moschee in cima al muro occidentale, o Kotel. Ne nascono disordini, programmati e previsti, e poi tutto finisce lì. Eppure l'ansia di fare il pezzo, induce alcuni a robollire fatti che non esistono, enfatizzarne altri, che sostituiscono quello che sarebbe più utile al lettore per far capire come stanno le cose. E' quanto fa invece Angelo Pezzana su LIBERO, con un commento che esclude la cronaca per affrontare il problema del diritto negato a Israele di ammnistrare come ritiene più opportuno il proprio territorio nazionale.
Ecco i tre articoli:

Libero-Angelo Pezzana: "Israele ha il diritto a costruire. Gli insediamenti non sono abusivi "

Che tra israeliani e palestinesi si debba arrivare prima o poi ad un accordo che trovi entrambe le parti consenzienti, è un fatto. Che la strada sia però ancora lunga e accidentata, è altrettanto vero.
L’ultimo inciampo pare siano 1600 nuove abitazioni, in costruzione a Gerusalemme, in un quartiere che, a seconda dell’interpretazione ideologica di chi deve definirlo, si trova nella parte “occupata” della città, oppure, molto più semplicemente, è situato nella parte orientale.
L’inciampo è tale, perchè viene omessa nei resoconti di molti giornali una verità storica, che, se dimenticata, impedisce al lettore di capire quello che sta leggendo.
Diciamo allora subito che quella parte di Gerusalemme è stata liberata, e poi annessa allo Stato d’Israele, dopo la guerra dei sei giorni nel 1967, e meno male che quella guerra è stata vinta, altrimenti quegli stati arabi, che oggi vengono trattati con i guanti da quasi tutti i governi del mondo, Israele l’avrebbero cancellata dalle carte geografiche, precedendo  Ahmadinejad e il suo folle progetto.
Che deve essere poi un’abitudine del mondo islamico, visto che regolarmente ritorna a galla. Israele sconfisse tuti gli stati arabi, e riconquistò interamente la città che più di ogni altra cosa ne definisce la natura e la tradizione storica ebraica.
Arabi, e Occidente filo arabo, ne furono molto dispiaciuti, tanto da non riconoscerne il risultato, non vi trasferirono mai le ambasciate, si inventarono frasi come “il governo di Tel Aviv”, pur di non nominare la capitale, rifiutandosi di accettare la realtà per quella che era: Israele era uno Stato libero, democratico e indipendente, e intendeva comportarsi come tutti gli altri Stati nella gestione della propria amministrazione.
Si è mai vista una protesta internazionale se uno Stato abbatte case abusive ? No di certo, anzi, sono i governi ad essere accusati se impiegano troppo tempo per provvedere.
Ma per Israele non vale, Israele non può abbattere case abusive se sono arabe, nè può costruire case per i suoi cittadini sul suo territorio perchè non è ancora terminato il conflitto con i palestinesi. Dimenticando che sarebbe finito già da tempo se i palestinesi non fossero stati guidati da quell’Arafat che tutto fece tranne che dire si ad uno stato palestinese.
Molto meglio logorare ai fianchi gli israeliani, farli saltare in aria nei bar, alle fermate degli autobus, nelle discoteche, tanto l’opinione pubblica di mezzo mondo era cloroformizzata dalla propaganda anti israeliana che in questi decenni ha lavorato con ottimi risultati, come possiamo constatare ancora in questi giorni con le cronache della visita del vice presidente americano Joe Biden, che si sarebbe sentito preso a schiaffi dal fatto che Israele costruisce case in un quartiere orientale di Gerusalemme.
Comprendiamo le ragioni della diplomazia, molto spesso sono anche utili nel tentativo di evitare le maniere forti per dirimere le discussioni, ma sono nefaste quando si frappongono alla esposizione dei fatti storici, che scompaiono dietro le quinte per lasciare il posto alle interpretazioni, nelle quali eccelle fin troppo il giornalismo italiano.
Gerusalemme non è una colonia, non si trova in Cisgiordania, è abitata da ebrei e arabi, le regole sono comuni, e chiunque può costruire, sempre che il progetto ottenga l’approvazione dalle autorità di riferimento.
Se l’urbanistica israeliana viene studiata ovunque nelle facoltà di architettura quale esempio e modello di modernità, è perchè i piani di sviluppo urbano sono controllati e seguiti con rigore. Che poi Israele abbia tutto l’interesse a mantenere integra e prevalente la maggioranza ebraica del suo Stato, nell’affermarlo si scopre l’acqua calda, il criterio vale per qualsiasi altra nazione che non voglia privarsi delle proprie caratteristiche nazionali.
Bene ha fatto quindi Netanyahu a non bloccare i progetti già iniziati in Cisgiordania, e a comportarsi nella capitale senza tenere conto dei desiderata dell’Autorità palestinese. Vogliono il loro Stato ? Israele è d’accordo, si siedano intorno a un tavolo e discutano. L’interlocutore è Israele. Se l’America vuol dare una mano, ben venga, ma cambi musica, quella che sta suonando ora non pare quella giusta.

 

 La Stampa-Aldo Baquis: " Gerusalemme blindata, sigillata la Cisgiordania "

Chiusura a sorpresa dei valichi della Cisgiordania; a Gerusalemme tremila agenti di polizia in assetto antisommossa; ispezioni severe agli ingressi della Città vecchia e della Spianata delle Moschee. Grazie a provvedimenti di emergenza i responsabili israeliani alla sicurezza sono riusciti a superare ieri senza gravi incidenti le preghiere islamiche del venerdì, forzatamente condotte in forma ridotta. Ma di giorno in giorno Gerusalemme Est è sempre più simile ad una polveriera. «La settimana prossima rischia di essere critica», ha avvertito il capo della polizia Dudi Cohen.
Mercoledì proprio l'inaspettato annuncio della estensione del rione ebraico di Ramat Shlomo a Gerusalemme Est mentre il vicepresidente Joe Biden conversava con Benyamin Netanyahu ha scatenato una profonda crisi fra Usa ed Israele, poi in parte rientrata. Ma nell'attuale clima di sfiducia, dicono i palestinesi, l'avvio di negoziati indiretti con Israele è per ora escluso.
In città la tensione resta palpabile. Luci rosse di allarme si sono ieri accese a ripetizione sugli schermi del comando centrale di polizia. Nella Città Vecchia, sassaiole di dimostranti contro gli agenti. Nel rione palestinese di Sheikh Jarrah (dove si è costituito un piccolo nucleo di famiglie ebraiche) cariche della polizia contro centinaia di dimostranti di sinistra, ebrei ed arabi assieme. Tensione alle stelle nel rione palestinese di Silwan alle pendici della Città Vecchia dove fra una settimana, protetti dalla polizia, sfileranno duecento nazionalisti ebrei.
Ad esasperare gli animi ci pensa anche Hamas che ha pubblicato un provocatorio fotomontaggio che mostra una replica del Tempio di Salomone accanto al Duomo della Roccia di Gerusalemme. «Il governo israeliano - tuona Hamas - vuole inaugurare una sinagoga nella moschea al-Aqsa». La realtà è molto diversa: ma la polizia teme che egualmente masse di palestinesi possano abbandonarsi a violenze.
Dopo anni di restauri, una antica sinagoga sarà effettivamente inaugurata domenica: non nella Spianata delle Moschee, ma nel rione ebraico della Città Vecchia. Fondata nel 1700 la sinagoga Hurvà fu incendiata da una folla islamica venti anni dopo. Riaperta nel 1864, fu fatta esplodere dalla legione giordana nel maggio 1948, dopo la proclamazione dello Stato di Israele. Per la riapertura del Tempio sono attesi migliaia di fedeli, i due Rabbini Capo, ministri. Assente giustificato invece Netanyahu, che teme di irritare gli Stati Uniti.
Ma negli ambienti mistici circola una profezia secondo cui la riapertura della sinagoga Hurvà avvicinerà la riedificazione del Tempio di Salomone su quella che è oggi nota come Spianata delle Moschee. Gli ambienti islamici sono entrati in fermento e il capo della polizia di Gerusalemme sta ora chiedendo rinforzi.

L'Unità- Umberto De Giovannangeli: " E'crisi tra Israele e gli Stati Uniti, la Cisgiordania "

Le autorità israeliane hanno anche proibito agli uomini di età inferiore ai 50 anni di assistere alla preghiera del venerdì nella moschea al Aqsa di Gerusalemme. Il deflusso dalla moschea è avvenuto pacificamente, maci sono stati tafferugli nella zona araba della Città santa, dove la polizia ha lanciato granate stordenti e ha fermato quattro giovani che lanciavano pietre. Incidenti anche a Ramallah e in varie località della Cisgiordania. La tensione tra i palestinesi è molto alta dopo la decisione del governo israeliano di autorizzare la costruzione di 1.600 case per i coloni a Gerusalemme est che ha portato al congelamento da parte dell’Anp dei colloqui indiretti che avrebbe dovuto avviare in questi giorni con Israele. Il blocco è una misura eccezionale, e da molti anni non si imponeva se non in periodi festivi. Dopo le 48 ore di blocco, si terrà un’ulteriore riunione al ministero della Difesa israeliano per valutare la situazione. Per 48 ore, la gente di Cisgiordania vivrà l’incubo che da tanto più tempo attanaglia i palestinesi di Gaza: l’incubo, reale, di vivere in una immensa prigione a cielo aperto. «L’occupazione militare dei territori palestinesi è dura, arrogante, ha paura degli altri e di se stessa, priva della libertà e dei diritti. Alimenta la violenza e persegue l’umiliazione. Nessun popolo potrebbe accettare un’occupazione simile»: lo denuncia al settimanale Vita il patriarca latino di Gerusalemme FouadTwal. «La comunità internazionale deve intervenire - chiede il patriarca di Gerusalemme - soprattutto l’Europa deve fare qualcosa, deve avere il coraggio di dire la verità ». Un coraggio che fatica a mostrarsi. LA LETTERA NON RICUCE Terminata la visita di tre giorni a Gerusalemme del vicepresidente Joe Biden, una profonda crisi di fiducia si è aperta nelle relazioni fra Stati Uniti ed Israele. Il segretario di stato americano Hillary Clinton ha ammonito il premier israeliano Benjamin Netanyahu che l’annuncio della costruzione di nuove abitazioni a Gerusalemme Est costituisce «un segnale profondamente negativo» nei rapporti bilaterali tra Washington e il governo israeliano. Quello portato dalla Segretaria di stato Usa è un affondo tanto più significativo perché Hillary Clinton è ritenuta la più «filoisraeliana » dell’amministrazione Obama. Altro che «strappo ricucito»: «Questa azione contraria allo spirito della visita di Biden - tuona Clinton - ha minato la fiducia nel processo di pace e nell’interesse dell’America ». Per il quotidiano Maariv il presidente Obama ha reagito «con collera» nell’apprendere dell’annuncio del nuovo rione ebraico a Gerusalemme est durante la visita di Biden. Secondo il giornale, «Se finora Obama prendeva conun grano di sale le dichiarazioni del premier Benyamin Netanyahu, adesso semplicemente non crede più ad alcuna sua parola». Per il quotidiano Yediot Ahronot Netanyahu è stato «davvero colto di sorpresa» dall’annuncio; eppure è egualmente responsabile dell’incidente diplomatico con Biden «perché sostiene associazioni di coloni estremisti» che cercano di alterare i delicati equilibri demografici a Gerusalemme est. Altri analisti rilevano che le incomprensioni fra Usa ed Israele riguardano anche l’atteggiamento da assumere di fronte alla «minaccia iraniana». Le sanzioni prefigurate da Biden per Teheran appaiono a Gerusalemme non soddisfacenti, fanno trapelare fonti governative.

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