Riportiamo dal FOGLIO di oggi, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " L’italiano più amato a Gerusalemme ". Dalla STAMPA, a pag. 1-33, l'editoriale di Vittorio Emanuele Parsi dal titolo " Il fardello dell'amicizia con l'Iran " preceduto dal nostro commento, a pag. 2, l'articolo di Amedeo La Mattina dal titolo " Israele a Berlusconi: più duri con l'Iran ", a pag. 3, l'intervista di Paolo Mastrolilli a Silvan Shalom dal titolo " Roma convinca Bruxelles a bandire i pasdaran" . Ecco gli articoli:
Il FOGLIO - "L’italiano più amato a Gerusalemme "

La scintillante accoglienza che Israele ha riservato a Berlusconi ricorda a tutti che il Cav. è stato il primo presidente del Consiglio ad avere stabilito, sin dal suo primo incarico di governo, rapporti inusuali di amicizia con lo stato ebraico, una cosa inaudita, mai vista prima. Da quel momento l’Italia è stato il paese europeo che ha maggiormente capito le ragioni di quella piccola, grande democrazia. Fino al punto che ieri Berlusconi ha avanzato l’idea di un suo ingresso nella Ue. E le ragioni d’Israele non le ha capite soltanto per le politiche di sicurezza, ma anche per il fatto di costituire un pegno della “civiltà giudaicocristiana”. Intanto resta alto il livello dell’interscambio commerciale fra Italia e Iran, elemento di preoccupazione che sarà al centro degli incontri fra Berlusconi e Netanyahu. Se il cuore è per Israele, il portafoglio di Roma è irrobustito da una sempre più crescente partnership fra Roma e Teheran. Israele solleverà il problema dell’expertise italiano fornito ai pasdaran. Sette miliardi di euro all’anno è il giro di affari fra l’Italia e la Repubblica islamica. Una cifra quattro volte superiore a quella del 2001, l’anno in cui il Cav. tornò al governo e che fa dell’Italia il leader europeo sul fronte dell’import- export con Teheran. Certo, resta comunque il fatto che nel mezzo di un’Europa che ha nutrito l’antisemitismo e ha delegittimato la “guerra al terrore”, in cui Israele ha combattuto la propria battaglia contro l’Intifada dei kamikaze, Berlusconi ha saputo imporre un governo filoisraeliano. Venerdì il primo giornale dello stato ebraico, Yedioth Ahronoth, elencava i meriti di Berlusconi, come il sostegno a Israele della presidenza di turno italiana dell’Ue sfociato nell’inserimento di Hamas nella lista nera delle organizzazioni terroristiche, e l’appoggio ricevuto da Roma in sede Onu (dal ritiro italiano dalla controversa conferenza sul razzismo di “Durban II” al voto contrario dell’Italia sul rapporto Goldstone). Se c’è una bandiera ideologica che distingue Berlusconi è la solidarietà profusa nei confronti di questo piccolo stato-guarnigione che da sessant’anni respira fra la vita e la morte. Per questo Israele vede Berlusconi come un “Haitalkim”, un italiano con il cuore a Gerusalemme. Il portafoglio italiano ha le proprie esigenze, ma è destinato a seguire il cuore del premier.
La STAMPA - Vittorio Emanuele Parsi : " Il fardello dell'amicizia con l'Iran "
Un'analisi interessante, peccato per lo scivolone finale : "(...)il fardello di questa amicizia si fa sempre più pesante, e diventa addirittura insostenibile, se le parole di amicizia di Roma verso Tel Aviv vogliono essere prese sul serio ". Non è Tel Aviv la capitale di Israele, ma Gerusalemme.
Ecco l'articolo:
Vittorio Emanuele Parsi
La geografia non fa sconti, e il Levante è davvero sulla soglia di casa dell'Italia. Quando il vicepremier israeliano definisce gli italiani «i migliori vicini di Israele» ci ricorda implicitamente che la nostra politica verso il Medio Oriente, diversamente da quella dell'Olanda o della Gran Bretagna, non può prescindere da questo dato. Una politica di vicinato non costringe a fare certe scelte a scapito di altre, ma impone un’attenta ponderazione di ogni singolo atto e di ogni singola dichiarazione. Questo è vero sempre. Lo è a maggior ragione per un'area come il Medio Oriente e per quel che riguarda il diritto di israeliani e palestinesi a vivere in pace e sicurezza.
Per molti decenni la politica mediorientale dell’Italia è stata orientata dal concetto di equidistanza: ha cercato di mantenere gli ottimi rapporti (d'affari e non) con il mondo arabo senza venir meno ai sentimenti di solidarietà verso Israele e il popolo ebraico. A chi obiettava che questa linea di comportamento finiva con l'essere troppo spesso concretamente sbilanciata a favore del mondo arabo e islamico, compresi quei governi più intransigenti nel rifiutare lo stesso diritto all'esistenza di Israele, veniva spesso risposto che era la geografia. Che era la necessità di buon vicinato, a dettare una prudenza così simile all’ignavia.
Con l'avvento di Berlusconi, le cose sono decisamente cambiate, e l'11 settembre e il sostegno politico alla guerra contro Saddam Hussein hanno contribuito a collocare progressivamente l'Italia tra gli amici di Israele. Del mutamento dei rapporti tra i due Paesi, non c'è forse indicatore più esplicito della richiesta, avanzata alcune settimane fa dal governo israeliano, di prolungare il periodo di comando italiano della missione Unifil 2. Si tratta del riconoscimento che l'azione di Unifil 2, di cui l'Italia fu prima promotrice con il governo Prodi, è ritenuta da Israele un utile contributo per la propria sicurezza. Non stupisce quindi né che lo stato delle relazioni dei due Paesi sia così eccellente, né che gli israeliani riconoscano a Berlusconi di aver contribuito a imprimere una svolta alla politica mediorientale dell'Italia, che ha finito con l'impegnare anche i governi di centrosinistra. Quando Berlusconi parla di «Israele nell'Unione Europea», rispolverando una vecchia idea del partito radicale, va oltre l'espressione del sentimento di amicizia per lo Stato ebraico, ed esplicita l'idea di una vera e propria alleanza, così forte e convinta da poter dar vita a una comune unità politica, basata sulla condivisione dei valori e delle istituzioni democratiche, oltre che sul richiamo alle «radici giudaico-cristiane della nostra civiltà».
Al di là della scarsa praticabilità di una simile opzione, occorre chiedersi se sarebbe nell'interesse israeliano una simile prospettiva, che faciliterebbe le accuse di «estraneità e artificialità» rivolte alla presenza di Israele nella regione dai suoi più acerrimi nemici. Tra questi ultimi, una posizione privilegiata spetta all'Iran, uno dei nostri migliori partner commerciali, con il cui governo l'Italia ha mantenuto sempre buoni rapporti. Fin quando l'Iraq di Saddam ne conteneva le mire egemoniche, e fin quando l'Italia perseguiva la politica dell'equidistanza, l'ingombro delle ottime relazioni italo-iraniane era tutto sommato tollerabile. Ma oggi, l'Iran ha un'influenza infinitamente maggiore sul Levante, e rappresenta una minaccia crescente per la sicurezza di Israele, oltre che per l'ordine regionale, il fardello di questa amicizia si fa sempre più pesante, e diventa addirittura insostenibile, se le parole di amicizia di Roma verso Tel Aviv vogliono essere prese sul serio. Non è un caso che il vicepremier israeliano chieda oggi agli italiani quello che si chiede agli amici. Ci invita alla coerenza e, piuttosto che filosofeggiare una futura casa comune, ci chiede un aiuto ora nel difendere la propria casa: cioè ci chiede di far seguire, alle parole, i fatti.
La STAMPA - Amedeo La Mattina : " Israele a Berlusconi: più duri con l'Iran "

I giornali israeliani hanno sottolineato l’importanza della visita in Israele di Berlusconi e della folta delegazioni del governo italiano. Il quotidiano di Tel Aviv Haaretz suggerisce al premier Netanyahu di ascoltare l’«amico italiano» quando chiede di mettere da parte la politica di colonizzazione nei Territori e di puntare ad un accordo con la Siria con la restituzione del Golan. «Benvenuto, Cavaliere!» è il titolo in prima pagina del giornale filo-governativo Israel ha-Yom e ancora più familiare Yediot Ahronot e Maariv: «Benvenuto, Silvio». Ma dietro le belle parole e la calorosa accoglienza c’è il dossier Iran in cima alle preoccupazioni di Israele. Netanyahu vuole sentire una parola chiara su come il Cavaliere intende muoversi a proposito delle relazioni economiche con Teheran. E aggiunge al brindisi che l’Iran «è una dittatura sanguinaria» che mette tutto il mondo «in pericolo». Un’altra delicatissima questione è stata sollevata dal Jerusalem Post che punta il dito sull’«assistenza italiana al programma spaziale di Teheran». Il governo israeliano vuole chiarimenti sulla costruzione del satellite artificiale Mesbah da parte della società italiana, Carlo Gavazzi Space, che Gerusalemme teme possa essere attrezzato con strumenti di spionaggio. Per l’Iran invece si tratta di un satellite per le telecomunicazioni.
Tra l’Italia e l’Iran c’è un giro d’affari miliardario. Il nostro Paese è il secondo partner commerciale di Teheran nell’Ue dopo la Germania. Berlusconi comunque non intende deludere le aspettative israeliane e farà senz’altro la sua parte, ma ritiene che i rapporti con gli iraniani, compresi quelli di tipo economico e commerciale, devono essere affrontati complessivamente dall’Europa. Ed è sempre a questo livello che dovrà essere discussa la richiesta di Gerusalemme di inserire nella «black list» dell’Ue i Guardiani della rivoluzione, i famigerati pasdaran.
Gerusalemme può chiedere tutto a Roma. Non è un caso che alla cena di gala offerta da Netanyahu all’hotel King David, Berlusconi ha garantito il suo impegno a favore di Israele. «Noi siamo un Paese amico a cui potrete chiedere, sicuri di ottenere, tutto ciò che è giusto che un amico metta a disposizione vostra per sostenere i vostri buoni diritti nell’ambito della comunità internazionale. Vorrei assicurare a tutti voi che questa non è una mia posizione personale ma di tutto il governo, di tutto il popolo italiano, che si sente vicino a voi e che vi sarà sempre vicino». Berlusconi vuole confermare di essere «uno dei migliori amici» di Israele (così lo ha definito Netanyahu, accogliendo il «caro Silvio, il grande combattente per la libertà»). Il sogno del premier italiano è che «Israele possa entrare un giorno nell’Unione europea».
Ma da Bruxelles è arrivata una doccia fredda: la questione «non è in agenda perché da parte israeliana non è mai giunta una richiesta di entrare a fare parte della famiglia europea», ha sottolineato Lutz Gullner, portavoce dell’Alto rappresentante della politica estera della Ue Catherine Ashton. Quello del Cavaliere è, appunto, un «sogno». Comunque un modo per evidenziare quanto sia vicina l’Italia a Israele anche nei rapporti con l’Iran. C’è ancora oggi, ha detto il Cavaliere, «chi mette in discussione l’esistenza di Israele. Noi ci opporremo tutti insieme come Comunità internazionale affinché ciò non possa verificarsi». Per Berlusconi bisogna avere «la consapevolezza anche del terribile passato» degli ebrei. In mattinata ha piantato nella Foresta delle Nazioni un giovane ulivo come gesto simbolico di amicizia con Israele. Ha poi visitato Yad Vashem. Al termine, sul libro delle firme, ha scritto: «La nostra anima urla “non è vero, non può essere vero”. E poi, sconfitta grida “Mai più”».
La STAMPA - Paolo Mastrolilli : "Roma convinca Bruxelles a bandire i pasdaran "

Silvan Shalom
Dall'Italia vorremmo soprattutto due cose: sanzioni contro Teheran, e aiuto per far inserire le Guardie della rivoluzione iraniana nella lista europea delle organizzazioni terroristiche».
Il vice premier israeliano Silvan Shalom non usa perifrasi. Quando lo raggiungiamo al telefono, sta tornando in macchina dalle celebrazioni per l'arrivo di Silvio Berlusconi e della delegazione italiana: «Sono grandi amici, i migliori vicini di Israele». Ma la sua lunga esperienza come ministro degli Esteri nel governo di Ariel Sharon, prima di tornare al potere adesso come vice di Netanyahu, non gli fa dimenticare la prima emergenza internazionale che minaccia il suo Paese: «L’Iran, di questo dobbiamo parlare con gli italiani».
Già due anni fa, incontrandolo a Gerusalemme, Shalom ci aveva avvertito che la finestra d’opportunità per impedire a Teheran la costruzione della bomba atomica si stava rapidamente chiudendo. In più, aveva ammesso di essere molto scettico sulla possibilità di realizzare la visione di due popoli e due Stati in Terrasanta, perché le stesse divisioni tra i palestinesi di Hamas e quelli di Fatah facevano mancare a Israele un interlocutore affidabile per negoziare la pace. Ora Shalom si ritrova davanti agli stessi problemi, solo un po’ peggiorati.
Che cosa vi aspettate da questo vertice con l’Italia?
«Rafforzare le relazioni bilaterali e affrontare la questione iraniana».
Roma è uno dei partner commerciali più importanti di Teheran: chiedete la riduzione degli scambi bilaterali condotti dalle nostre aziende, oppure volete aiuto per l’imposizione di sanzioni internazionali?
«Entrambe le questioni sono sul tavolo, ma la seconda ci preme di più. L’Italia, proprio a causa delle sue relazioni con l’Iran, ha un peso specifico superiore a tanti altri Paesi su questo tema. Abbiamo bisogno non solo che sostenga le nuove sanzioni internazionali, ma che si metta alla guida del processo per approvarle».
Fonti del governo italiano sostengono che, oltre a chiedere un ridimensionamento dei nostri affari in Iran, vorreste che Roma facesse pressione su altri Paesi chiave come l’India, che aiutano Teheran con la raffinazione del petrolio. L’Iran infatti possiede il greggio, ma ha serie difficoltà nella trasformazione, e voi vorreste colpirlo su questo terreno.
«Le pressioni internazionali sono l’aspetto che ci interessa di più, nel nostro dialogo con l’Italia».
Che cosa chiedete a Roma sulle Guardie della rivoluzione iraniana?
«Di aiutarci a farle mettere nella lista europea delle organizzazioni terroristiche».
Stiamo parlando dei pasdaran, un esercito di oltre centoventimila uomini, di cui in gioventù aveva fatto parte anche il presidente Ahmadinejad.
«Appunto. Gli Stati Uniti e l’Olanda hanno già preso posizione su questo tema. Adesso è venuto il momento che l’intera Unione Europea riconosca il carattere terroristico dell’organizzazione. I primi segnali che ho ricevuto dal ministro Ronchi sono incoraggianti, e spero che l’Italia si possa fare promotrice di questa iniziativa a Bruxelles».
Alla vigilia della visita il presidente del Consiglio Berlusconi ha inviato delle dichiarazioni al giornale Haaretz, in cui criticava la vostra politica degli insediamenti e sosteneva che rappresenta un ostacolo alla pace. Non vi hanno irritato queste parole?
«Noi abbiamo un’opinione diversa, ma sono posizioni note. La cosa più importante è che l’Italia è uno dei migliori amici di Israele, e forse il miglior vicino che abbiamo. Solo due settimane fa sono stato a Roma, dove ho avuto ottimi incontri con il presidente della Camera Fini, il ministro degli Esteri Frattini, quello della Giustizia Alfano e molti altri rappresentanti del governo. Ho ricevuto la chiara impressione che l’Italia è un alleato su cui possiamo fare affidamento. Il vertice di questi giorni servirà a cementare l’amicizia e potenziare le relazioni bilaterali, su tutti i fronti».
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