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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Opinione - Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.01.2010 Khamenei minaccia Israele e 'prevede' la sua distruzione
Cronache e commenti di Michael Sfaradi, Francesco Battistini, Fabrizio Caccia

Testata:L'Opinione - Corriere della Sera
Autore: Michael Sfaradi - Francesco Battistini - Fabrizio Caccia
Titolo: «Il regime iraniano vuole ripetere la Shoah - L’Iran: Israele destinato alla distruzione - E l’Orchestra di Teheran veste i simboli dell’Onda Verde»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 28/01/2010, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " Il regime iraniano vuole ripetere la Shoah ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 5, la cronaca di Francesco Battistini e l'articolo di Fabrizio Caccia titolati " L’Iran: Israele destinato alla distruzione " e " E l’Orchestra di Teheran veste i simboli dell’Onda Verde ".
Si veda anche l'articolo di Fiamma Nirenstein nalla pagina " Memoria 1"
Ecco gli articoli:

L'OPINIONE - Michael Sfaradi : " Il regime iraniano vuole ripetere la Shoah "

Con un un tempismo eccezionale il governo iraniano ha dato segno di sé, nel peggiore dei modi, anche nella giornata internazionale in ricordo dell´Olocausto. Approfittando della visita del presidente della Mauritania a Teheran, la Guida Suprema dell´Iran, Ali Khamenei, ha ribadito la negazione dell´Olocausto definendolo "un´invenzione sionista", e ha nuovamente invocato la scomparsa di Israele.
Durante un appello pubblico si è rivolto al presidente Mahmoud Ahmedinejad esortandolo ad adoperarsi nella maniera più concreta al fine di cancellare Israele dalla mappa del mondo. Rivolgendosi al pubblico presente ha dichiarato: "Di sicuro verrà il giorno in cui le nazioni della regione vedranno la distruzione del regime sionista. I tempi di questa dipendono dal modo in cui le nazioni islamiche affronteranno il tema". Nella stessa occasione ha invitato il presidente della Mauritania Mohammed Ould Abdel Aziz a troncare definitivamente le relazioni con Israele; cosa che Nouakchott ha già cominciato nel gennaio del 2009 con il ritiro degli ambasciatori. Elie
Wiesel, scrittore e premio Nobel per la pace sopravvissuto all´Olocausto che in occasione della giornata della memoria ha parlato a Montecitorio, facendo riferimento all´Iran e ad Ahmedinejad ha detto fra l´altro: "Come si può trattare con un presidente di una nazione che non riconosce la Shoah né il diritto di Israele ad esistere? Dovrebbe essere arrestato e tradotto davanti alla Corte penale internazionale dell´Aja per incitazione a crimini contro l´umanità".
Anche se il governo di Gerusalemme ha deciso di ignorare queste continue minacce, siamo sicuri che lo Stato maggiore dell´esercito israeliano, al contrario, la prenda
in seria considerazione, le segua e le valuti con attenzione. Chi segue da vicino la situazione mediorientale sa che, arrivati a questo punto, la vera preoccupazione viene più dai silenzi israeliani che dalle provocazioni iraniane; anche perché tutto ha un limite, anche la pazienza. Queste dichiarazioni da parte dei vertici di Teheran, in un giorno così delicato, dovrebbero definitivamente convincere il mondo che le inutili trattative sul programma nucleare non porteranno a nessun risultato e
ad agire di conseguenza per non permettere di dotarsi dell´arma nucleare a un regime che non ha rispetto per le fondamentali regole della convivenza internazionale, che si è macchiato dei peggiori crimini nei confronti della sua stessa popolazione, che finanzia e addestra terroristi come Hezbollah e Hamas e che invoca
giorno dopo giorno una guerra totale che sconvolga il Medio Oriente. Questo gran parlare da parte iraniana non riempie però la differenza di tecnologia e di potenza militare che c´è fra lo Stato di Israele e i suoi nemici, e anche se oggi si ricorda l´Olocausto del popolo ebraico i figli, i nipoti e i pronipoti di coloro che si salvarono hanno imparato a difendersi e a difendere lo Stato che hanno costruito. Se si dovesse arrivare al dunque, l´Iran pagherebbe a caro prezzo la voglia di guerra e i sogni di distruzione dello Stato ebraico.

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " L’Iran: Israele destinato alla distruzione "

GERUSALEMME— La Giornata della Memoria diventa subito la giornata dei promemoria. Dei toni apocalittici. Degli avvertimenti. D’un Olocausto prossimo venturo che l’Iran trama e per il quale Israele trema. «Di sicuro — proclama la Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, con parole da profeta di sventure — verrà il giorno in cui le nazioni della regione vedranno la distruzione del regime sionista. I tempi di questa distruzione dipendono dal modo in cui le nazioni islamiche affronteranno il tema». «L’Iran— arringa il premier israeliano, Bibi Netanyahu, con citazioni da incubo biblico — è il nuovo Amalek che apparirà nella Storia per provare, ancora una volta, a distruggere gli ebrei. Ricorderemo sempre che cosa ci ha fatto l’Amalek nazista. Non dobbiamo dimenticare d’essere pronti ad affrontare i nuovi amaleciti».

Il piccolo grande Satana contro gli sterminatori del popolo di Mosé. Davide contro la prima tribù che aggredì gli ebrei. Fuori retorica, le celebrazioni della Shoah sono un’escalation di parole: si parla di lager per parlare di nucleare. Il negazionista Khamenei, ricevendo il presidente mauritano, uno dei pochi musulmani che fino alla guerra di Gaza ospitava un’ambasciata israeliana, chiede di troncare ogni rapporto col nemico. Anche Ali Larijani, presidente del parlamento di Teheran, va in Kuwait per ammonire a «non dare le basi militari» agli americani, come fu per l’Iraq: «Le minacce d’Israele sono vuote. Sanno bene che, se ci attaccheranno, i nostri missili ne faranno terra bruciata».

A Gerusalemme se l’aspettavano. E per ricordare l’Olocausto hanno mobilitato tutta la nomenklatura. Bibi ad Auschwitz, a protestare coi polacchi per i manifesti sui muri che chiedono l’arresto di Tzipi Livni ed Ehud Barak, «criminali di guerra come i nazisti». E Shimon Peres al Bundestag, al seguito i cittadini di Sderot (nel mirino dei Qassam iraniani): «Mai più— avverte il vecchio presidente dal parlamento tedesco— ignorare dittatori assetati di sangue che si nascondono dietro la demagogia. Le minacce d’annientare un popolo vengono pronunciate all’ombra di armi di distruzione di massa, in un linguaggio da bugiardi». Facile anche per Lieberman, il ministro degli Esteri, il paragone con Hitler: «Non invidio gli ebrei iraniani: l’Iran è come la Germania del ’38».

L’Iran è furioso con la Germania di oggi, in realtà. Che ha in Angela Merkel la più filoisraeliana dei cancellieri, come ha scritto il New York Times. Che vende a Netanyahu i sottomarini da piazzare nel Mar Rosso. Che su pressioni israeliane sta rinunciando al 9 per cento degli scambi con Teheran, cancellando contratti in serie: da quello per il nuovo porto di Bandar Abbas, da dove salpò la «Francop» carica di missili per gli Hezbollah, al mega-accordo con la Siemens da un miliardo di euro. Nell’aria c’è odore di nuove sanzioni Onu ed è anche per questo che l’Iran, oggi a Londra, non parteciperà alla conferenza sull’Afghanistan: per non incrociare Hillary Clinton e sentir chiedere pugno di ferro sul nucleare. La comunità internazionale comincia a stancarsi. Perfino Cina e Russia paiono più severe. E vendere patacche sulla Shoah comincia a non bastare più. Perché le patacche naziste, ormai, le vendono pure nei mercatini di Tel Aviv: 4 euro un francobollo hitleriano, 500 un «autentico orologio appartenuto a un Ss». In Israele, c’è chi le colleziona. Per non dimenticare che c’è chi vuole dimenticare.

CORRIERE della SERA - Fabrizio Caccia : " E l’Orchestra di Teheran veste i simboli dell’Onda Verde "


L'Orchestra sinfonica di Teheran

ROMA— «Tu davvero capisci il farsi?», bisbiglia un maestro dell’Orchestra sinfonica di Teheran alla studentessa dell’Onda Verde iraniana che vive da anni a Roma. La ragazza annuisce. «Allora, ti prego, dammi uno dei braccialetti che hai al polso — le dice il musicista —. Stasera voglio suonare col braccialetto verde, stasera anch’io idealmente sarò con voi. Ci venite a contestare? Avete ragione». Auditorium di Roma, sala Goffredo Petrassi, ieri pomeriggio. Un gruppetto di studenti dell’Onda Verde, in lotta contro il presidente Ahmadinejad, è riuscito a mettere le mani su una ventina di biglietti della serata esclusiva organizzata dall’ambasciata iraniana (tra gli invitati Gianna Nannini). Hanno portato dei palloncini, uno striscione e dei volantini («Pace per l’Iran») per inscenare una pacifica protesta in occasione del concerto diretto dal maestro Manouchehr Sahbaei. Ma la cosa che più colpisce gli studenti, nel Giorno della Memoria, è la solidarietà mostrata nei loro confronti dagli stessi orchestrali: «Noi non volevamo venire a suonare— racconta uno dei musicisti alla ragazza che parla il farsi ed è andata ad assistere alle prove - Ma se ci fossimo rifiutati, avremmo perso il posto. Qui solo il 10% di noi ha il contratto...». Gli artisti non vogliono rivelare i loro nomi, hanno paura di ritorsioni: «La sala è piena di agenti dei servizi segreti, ci controllano — avverte un ragazzo —. La verità è che Ahmadinejad ha perfino cambiato il nome alla sinfonia che suoneremo stasera. Un tempo si chiamava "Sinfonia della Rivoluzione islamica", del maestro Majid Entezami, ma lui ha voluto ribattezzarla "Sinfonia di pace e amicizia" in vista di questi concerti europei. Ma quale pace, quale amicizia...». I ragazzi dell’Onda Verde si mettono d’accordo con gli orchestrali: quando il coro esclamerà «Allah akbar», anche gli studenti si alzeranno in piedi e potranno intonare il loro canto laico di protesta Yar-e Dabestani-e Man per dare «uno schiaffo ai chierici della rivoluzione». L’Orchestra sinfonica di Teheran è una formazione di tutto rispetto: 83 musicisti e 40 coristi, tra cui molte donne, ognuna con il suo hijab. Hanno già suonato a Strasburgo e Bruxelles, dopo Roma andranno a Rotterdam, Ginevra e Vienna. Il direttore, Sahbaei, è un cinquantenne raffinato: «Io non sono un politico, sono un musicista— taglia corto —. Ma in Iran ci vivo bene, mi sento libero e non credo affatto che Ahmadinejad sia pericoloso. Anzi: lui ama la musica, spesso viene a vederci e c’incoraggia. Il nucleare iraniano servirà per dare elettricità al popolo, non per scatenare una guerra contro Israele. I nostri capi parlano, ma poi per fortuna non fanno».

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