Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 20/01/2010, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Mi chiamo Israele ". Dall'OPINIONE, a pag. 13, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " Israele fa miracoli per aiutare i feriti haitiani ". Ecco i due articoli:
Il FOGLIO - " Mi chiamo Israele "

Israele è stato il primo paese al mondo a mandare aiuti a Haiti. Eppure la notizia non è finita sui giornali. Una massa impressionante di beni, uomini e strutture d’emergenza, soprattutto paragonate all’avarizia dell’Arabia Saudita, secondo la denuncia del Los Angeles Times. I regnanti di Riad per ora hanno inviato solamente un messaggio di condoglianze al governo di Haiti. “L’Arabia Saudita, ricca di petrolio – scrive il quotidiano statunitense –, è una delle nazioni più benestanti del pianeta. Ma mentre è generosa quando si tratta di costruire scuole religiose islamiche e moschee nel mondo, l’Arabia Saudita è stata abbastanza tirchia quando si è trattato di aiutare il popolo di Haiti, colpito dal terremoto”. Israele ha inviato 40 medici, 20 infermieri e altrettanti paramedici per mettere su un ospedale da campo capace di curare 500 feriti. Sono partiti anche 100 soldati dell’esercito israeliano. Accadde anche con lo tsunami in Asia. Quando lo stato ebraico fu tra i paesi più generosi. Il popolo di Israele ha una lunga storia alle spalle che lo rende in qualche modo “specializzato in catastrofi”. Dopo aver raggiunto la capitale di Haiti, gli israeliani si sono spostati in altre zone del paese dove hanno lavorato soprattutto per recuperare e identificare i corpi delle vittime. Lo stesso avvenne anche dopo l’11 settembre, quando patologi israeliani aiutarono i colleghi americani al lavoro a Ground Zero. Un ospedale da campo israeliano, il più grande e il meglio attrezzato presente attualmente nel martoriato paese, è stato immediatamente installato sul territorio e messo al servizio delle popolazioni colpite dal sisma fin dalle prime ore dopo il disastro. E’ lì, nelle tende di Tsahal, che è nato il primo bambino haitiano dopo il terremoto. La mamma non ha avuto dubbi sul nome da dargli: Israel. Una delle pochissime immagini di gioia in questo turbinio di morte e dolore è stata la scena della squadra di soldati israeliani che, mentre salvava un haitiano sepolto dalle macerie del terremoto, la gente assistendo applaudiva e gridava: “Viva Israele”.
L'OPINIONE - Michael Sfaradi : "Israele fa miracoli per aiutare i feriti haitiani"

Le immagini di Haiti, che per mezzo dei vari network internazionali stanno facendo il giro del mondo, possono farci capire, almeno in parte, quale sia l´orrore creato dal
recente evento sismico che ha interessato l´isola, trasformando il panorama caraibico in un girone infernale.
La macchina degli aiuti internazionali a favore delle popolazioni colpite si è messa in moto fin dalle prime ore, ma la loro organizzazione, vista la vastità del territorio interessato e i numeri altissimi di feriti, di sepolti sotto le macerie e di senza tetto, hanno creato una situazione difficile da gestire. A queste difficoltà dobbiamo poi aggiungere le polemiche fra gli Stati Uniti e la Francia che, a suo dire, non hanno trovato collaborazione da parte dell´esercito americano nella distribuzione degli aiuti. Di queste polemiche, vista la vastità della tragedia in atto, avremmo fatto volentieri a meno e ci saremmo aspettati una maggiore collaborazione, anche perché la sensazione che qualcuno provi a fare la "prima donna" a discapito della collaborazione internazionale c´è ed è forte.
E´ chiaro che non tutto sta andando per il verso giusto e le notizie che si susseguono mettono sempre di più in luce delle falle di organizzazione.
Una delle prove di tutto ciò è che a diversi giorni dal sisma si continua la distribuzione dei generi di prima necessità in maniera non omogenea, ma il pressappochismo
con la quale è stata affrontata questa grave emergenza umanitaria è stata messa in luce in un servizio della tv satellitare Cnn andato in onda il giorno 18 gennaio 2010, dove la corrispondenteElizabeth Cohen, ha intervistato i dottoridi un ospedale tenuto dalla sanità statunitense.
In quello e in altri ospedali, secondo le dichiarazioni della dottoressa Jennifer Furin della Harward Medical School, i feriti muoiono perché le infezioni sono fuori controllo e non si può procedere con le operazioni chirurgiche.
Dal 14 al 18 gennaio, nessun ospedale presente sull´isola ha potuto effettuare operazioni chirurgiche.
Sempre la dottoressa Furin ha ammesso però che esiste un´eccezione: l´ospedale militare israeliano.
La struttura medica costruita dal Pikud Ahoref (la protezione civile israeliana) è sempre stata perfettamente operativa e con un lavoro di eccellenza, rara in momenti
difficili come le emergenze umanitarie, ha portato aiuto e soccorso alle popolazioni colpite dal sisma al massimo delle sue potenzialità.
Detto questo la giornalista si è recata presso l´installazione medica israeliana e già dalle immagini si poteva capire che l´atmosfera che si respirava in quella struttura era completamente diversa, al punto che lo ha chiamato: "Un altro mondo".
La tendopoli israeliana, completamente autonoma e completa di cucine, servizi igienici e di generatori di energia elettrica, è divisa per settori, uno per ogni specializzazione: rianimazione, reparto operatorio, oculistico, ginecologico e prenatale con dieci incubatrici, e, soprattutto, ortopedico. Medici, paramedici ed infermieri lavorano senza risparmiarsi a ciclo continuo su turni di otto ore, e diversi feriti che in altre strutture dell´isola non avevano trovato le giuste cure sono stati lì ricoverati. La nostra speranza è che questa struttura e la sua organizzazione serva da esempio e venga presa a modello su come organizzare la sanità d´urgenza in luoghi disastrati.
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