Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Iran: giallo sulla morte di uno scienziato nucleare. Analisi di Fiamma Nirenstein, cronache dal Foglio
Testata:Il Giornale - Il Foglio Autore: Fiamma Nirenstein - La redazione del Foglio Titolo: «La nuova strategia Ora l’obiettivo è colpire le élite. Funzionerà? - L’omicidio di un fisico nucleare rompe la retorica del regime d’Iran - Le madri dell’Onda»
Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 13/01/2010, a pag. 17, l'analisi di Fiamma Nirenstein dal titolo " La nuova strategia. Ora l’obiettivo è colpire le élite. Funzionerà? ", preceduta dal nostro commento. Dal FOGLIO, in prima pagina, gli articoli titolati " L’omicidio di un fisico nucleare rompe la retorica del regime d’Iran " e " Le madri dell’Onda ". La REPUBBLICA dedica alla notizia la cronaca di Vincenzo Nigro (che non riportiamo), il quale, nel pezzo, cita alcune capitali (Washington, Teheran) e fra esse inserisce Tel Aviv. Si tratta di un errore grossolano, dal momento che la capitale di Israele è Gerusalemme. Ecco i pezzi:
Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " La nuova strategia. Ora l’obiettivo è colpire le élite. Funzionerà? "
Il titolo dell'articolo, che lascia intendere che la morte dello scienziato iraniano sia da imputare a Israele o agli Usa, non rispecchia il contenuto dell'articolo.
Fiamma Nirenstein
Il polverone sollevato in queste ore in Iran sull’assassinio dello scienziato nucleare Massoud Ali Mohammadi è fatto di informazioni e disinformazioni che si elidono: era un grande sostenitore del regime; no, era un fiero alleato di Mir Hossein Moussavi, anzi aveva firmato una lettera in suo sostegno; era stato visto per strada inseguire gli studenti che partecipavano alle manifestazioni; no, era un tipo completamente apolitico. È stato il Mossad, sono stati gli americani; no, è un assassinio interno al regime... E così via. Tutte queste diverse informazioni diffuse da agenzie di stampa, da vecchi amici dell’ucciso, dal rettore dell’università, dal governo iraniano stesso hanno tutte quante la stessa origine, e tutte tendono verso un solo punto: il caos. Perché, comunque sia andata la vicenda, resta chiara una cosa sola: Mohammadi non insegnava storia dell’arte, insegnava fisica nucleare. Non sappiamo se questo gli assegnasse un ruolo nei lavori in corso per costruire la potenza nucleare iraniana, ma possiamo pensare che un avvertimento ai dissidenti da parte del governo avrebbe potuto essere dato semmai colpendo qualche personaggio in vista nella rivoluzione in atto contro il regime di Ahmadinejad e degli Ayatollah. E che, per converso, se a colpire fosse stata un’organizzazione di opposizione interna, come dice l’agenzia televisiva iraniana Press Tv che accusa un gruppo monarchico, la Royal Association, allora avrebbe mirato a qualche personaggio famoso. Qui, comunque, abbiamo un fisico nucleare, tranquillo, normale, adatto quindi a un’attività segreta, in un Paese che ne ha visto svariati svanire all’orizzonte. Dunque, anche se non sappiamo che ruolo abbia avuto o avrebbe potuto avere Mohammadi, sappiamo che era parte di una categoria al centro della vicenda iraniana di questi tempi, e in un momento in cui la minaccia del nucleare è diventata particolarmente pressante. Sei nazioni stanno in questi giorni pianificando di incontrarsi il prossimo fine settimana per prendere una posizione dura di fronte a una sfida sempre più arrogante, mentre gli ultimi studi parlano di almeno 4000 centrifughe che a tutto ritmo producono uranio arricchito. L’incontro, che probabilmente si svolgerà a New York, ascolterà da Hillary Clinton le conclusioni raggiunte dagli Usa dopo un periodo in cui, con l’Aiea e l’Onu, ha proposto favorevoli soluzioni per spingere l’Iran a cambiare politica: per esempio, quella dell’arricchimento dell’uranio all’estero. Ogni offerta è stata respinta con disprezzo da Ahmadinejad. Ora, la decisione è quella di stabilire sanzioni che colpiscano le élite iraniane risparmiando la popolazione. Un impegno dovuto, anche perché Obama aveva già promesso le sanzioni per la fine del 2009. Ma funzionerà? Difficile crederlo. L’ammiraglio Mike Mullen, presidente dei Capi di Stato Maggiore dell’esercito americano, ha detto, dopo aver confermato che la bomba è per strada, alcune parole che hanno una risonanza pratica confacente al tema di cui qui ci occupiamo: «Il potenziale sabotaggio occidentale o le sfide tecniche potrebbero influenzare parecchio la produzione nucleare iraniana». Questo mentre l’Amministrazione non dimentica mai di tenere pronto il suo esercito per eventuali scontri, ha detto Mullen. L’idea, insomma, è che ci sia poco da discutere con l’Iran - di cui ora si dice che ha impianti nucleari segreti ormai nascosti in gallerie mischiate con molte altre cavità vuote per confondere ogni attaccante -, che il 6 gennaio ha minacciato di prendere il totale controllo dello Stretto di Hormuz, con conseguente blocco del Golfo Persico, che per bocca di Ahmadinejad dichiara il suo disprezzo per ogni minaccia di sanzioni... Diventa chiaro, quindi, che la lingua che può capire l’Iran odierno, che coniuga la persecuzione dell’opposizione con la costruzione del nucleare, non è certo solo quella della diplomazia. Questo tutti lo capiscono: Israele, gli Usa, l’opposizione... www.fiammanirenstein.com
Il FOGLIO - " L’omicidio di un fisico nucleare rompe la retorica del regime d’Iran "
Roma. Un attentato dinamitardo ha ucciso ieri mattina a Teheran un fisico nucleare. Una bomba telecomandata ha travolto Massoud Ali Mohammadi mentre usciva di casa per andare al lavoro. La Tv di stato Irib ha trasmesso con inusuale velocità le immagini del luogo dell’agguato, ipotizzando che l’ordigno sia stato piazzato su una moto e che Mohammadi, descritto come un rivoluzionario devoto, “sia stato martirizzato da un atto terroristico di forze antirivoluzionarie e potenze arroganti”. Press tv ha raccolto le dichiarazioni degli esperti accorsi sul posto sostenendo che i materiali utilizzati sono da ritenersi ricollegabili a un numero di agenzie straniere, in particolare il Mossad. “Nelle fasi iniziali dell’indagine – ha confermato un portavoce del ministero degli Esteri – ci sono i segni di una perfida triangolazione tra il regime sionista, l’America e alcuni mercenari”. Accuse giudicate “assurde” dal dipartimento di stato americano. Secondo il direttore di Iran Daily, la morte di Mohammadi è un grave colpo per il programma nucleare iraniano, ma il capo dell’Agenzia atomica nega che il fisico fosse impegnato in ricerche legate al dossier atomico e le sue attività accademiche appaiono piuttosto collegate alla meccanica quantistica. L’esperto di proliferazione Mark Fitzpatrick non ha riconosciuto il nome del professore tra quelli monitorati per studi connessi all’atomica. Mohammadi aveva un passato nei pasdaran e un paio di anni fa era stato premiato dal presidente, Mahmoud Ahmadinejad, con altri scienziati, ma secondo alcuni amici e colleghi si era distaccato dalle posizioni governative. Numerosi siti riformisti lo enumerano tra i sostenitori di Mir Hossein Moussavi e, accanto alla teoria dell’omicidio su commissione per fermare il programma atomico, si fa strada l’idea che Mohammadi sia stato ucciso per la sua affiliazione riformista. Mohammadi non è il primo fisico che scompare in circostanze misteriose. Nel 2007 Ardeshir Hosseinpour è stato ucciso da una fuga di gas e Ali Reza Asgari, ex viceministro alla Difesa, è fuggito in Turchia consegnandosi ai servizi occidentali. Nella primavera scorsa il fisico Shahram Amiri si è volatilizzato in un pellegrinaggio alla Mecca. Pochi mesi dopo sono emerse le rivelazioni sul sito per l’arricchimento dell’uranio di Fordo.
Il FOGLIO - " Le madri dell’Onda"
Madaràn Azadàr, madri in lutto
Roma. Sono diventate le figure più temute dell’Onda verde iraniana. Sono donne minute e semplici, madri di ragazzi e ragazze uccise o scomparsi dopo la repressione del regime degli ayatollah. Sono le Madaràn Azadàr, le “Madri in lutto”. I pasdaran ne hanno appena arrestate una trentina, alcune detenute in ospedale, forse picchiate, di loro non si sa nulla. La Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, aveva promesso una nuova ondata di repressione, invitando le forze di sicurezza a “compiere il proprio dovere contro i corrotti e i ribelli”. Dall’estate, ogni sabato, quelle donne si ritrovavano per protestare nel parco Laleh a Teheran. E’ lo stesso parco da cui nel 1998 partì la rivolta studentesca. Alcune sono vestite di scuro con lunghi chador neri, altre hanno foularini colorati. Marciano e cantano, le dita alzate a formare la V di vittoria e una candela in mano. C’è anche Hajar Rostami-Motlaq, la mamma di Neda, che tutti nel mondo conoscono come l’icona assassinata della rivolta. Le paragonano alle madri di Plaza de Mayo a Buenos Aires e a quelle curde di Galata a Istanbul. Alle ultime donne si sono aggiunte le madri dei ragazzi impiccati negli anni scorsi, quelle dei prigionieri politici e di coloro che sono scomparsi chissà dove, inghiottiti dalle prigioni sciite. Chiedono tutte giustizia per i loro figli, vogliono che le autorità rispondano di quelle morti. Il regime replica come sa: minacce, sparizioni, repressione. “Sabato scorso le madri si sono riunite a Teheran, ma sono state tutte arrestate e sono quasi tutte anziane”, dice Shahrzad Sholeh, presidente delle donne iraniane in Italia. “Due sono in gravi condizioni di salute e sono state rilasciate, ma delle altre non sappiamo niente”. Nemmeno l’Argentina dei colonnelli aveva osato arrestare le donne di Plaza de Mayo. Le iraniane non si danno per vinte e continuano a distribuire volantini: “Care madri!”.
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