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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero - Il Foglio Rassegna Stampa
08.01.2010 Strage di cristiani copti per mano di fondamentalisti islamici in Egitto
Ma per Michele Giorgio gli estremisti sono da entrambe le parti. Cronaca di Andrea Morigi, analisi di Carlo Panella, redazione del Foglio

Testata:Libero - Il Foglio
Autore: Andrea Morigi - La redazione del Foglio - Carlo Panella
Titolo: «Odio musulmano in Egitto. Uccisi otto cristiani in chiesa - Mubarak costruisce un muro d’acciaio per difendersi da Hamas - Sotto la cappa delle isterie egemoniche dell’islam 'moderato'»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 08/01/2010, a pag. 14, la cronaca di Andrea Morigi dal titolo " Odio musulmano in Egitto. Uccisi otto cristiani in chiesa ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo dal titolo "  Mubarak costruisce un muro d’acciaio per difendersi da Hamas", l'analisi di Carlo Panella dal titolo " Sotto la cappa delle isterie egemoniche dell’islam 'moderato' ".  

Sul Manifesto la cronaca di Michele Giorgio (che non pubblichiamo) dà per certo che la strage di copti in Egitto sia stata la reazione ad uno stupro di una dodicenne musulmana. Giorgio riporta le dichiarazioni di Hani Shukrallah (definito "analista politico"), il quale ritiene che la polizia debba "  fermare gli estremisti delle due parti che soffiano sul fuoco della discordia ed incarcerare coloro che si macchiano di fatti di sangue ". Secondo Shukrallah (mai contraddetto da Giorgio), i copti vengono perseguitati, ma la colpa è loro, perchè sono estremisti quanto gli islamici che li massacrano. Una teoria simile poteva essere ospitata solo sulle pagine di un quotidiano come Il Manifesto.

Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere la Cartolina da Eurabia di Ugo Volli di oggi, pubblicata in altra pagina della rassegna.
Ecco i tre articoli:

LIBERO - Andrea Morigi : " Odio musulmano in Egitto. Uccisi otto cristiani in chiesa "

Era una strage annunciata. Da settimane i fondamentalisti islamici si preparavano al massacro di cristiani in Egitto. All’uscita della messa della vigilia di Natale, che le Chiese orientali celebravano giovedì sera, otto fedeli copti ortodossi sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco a Nagaa Hammadi, a 65 chilometri da Luxor. Nella sparatoria, avvenuta all’esterno della chiesa di SanGiovanni, è stato uccisoancheunpoliziotto musulmano.
LE MINACCE AL VESCOVO
A sparare, all’esterno della chiesa, sarebbero stati tre musulmani, a bordo di un’auto, che hanno esploso raffiche con armi automatiche. Il movente non sarebbe esclusivamente religioso: secondo testimoni, citati dalle autorità locali, uno dei killer - un musulmano ricercato ora dalla polizia - intendeva vendicare il rapimento e lo stupro di una ragazzina musulmana di 12 anni di cui è stato accusato un giovane copto. Una conferma delle avvisaglie di pericolo la fornisce anche il vescovo della comunità di Nagaa Hammadi, Kirilos, che aveva lasciato la chiesa qualche minuto prima dell’arrivo del commando armato. Nelle scorse settimane era stato oggetto di minacce da parte di gruppi musulmani, che urlavano: «Non vi permetteremo di celebrare le feste». Anche alcuni fedeli avevano ricevuto telefonate minatorie. «Dai primi elementi raccolti nell’indagine, basati su diverse testimonianze, è emerso che il killer principaleèun residente della città, identificatocome Mohammed Ahmed Hussein e ricercato dalla polizia», ha riferito poi un funzionario. Troppo tardi. Ben altre misure di protezione andavano predisposte prima della tragedia. Far scattare un allarme violenza, in realtà, equivale adammettereche vi è un clima di persecuzione. Nascondere la realtà non si è rivelato efficace. Ieri è esplosa la rivolta: cinquemila copti si sono scontrati con agenti di polizia all’esterno dell’obitorio dell’ospe - dale dove erano state trasportate le salme. La folla ha scagliato pietre contro le forze dell’ordine, che hanno reagito lanciando gas lacrimogeni. In seguito sarebbero scoppiati nuovi scontri tra cristiani copti e musulmani nella città egiziana di Nagaa Hamadi. Testimoni riferiscono alle agenzie di stampe che un gruppo di musulmani si è riunito ieri pomeriggio nel centro abitato per esprimere l’indignazione della comunità islamica, dopo che centinaia di cristiani copti avevano lanciato pietre e bastoni verso le moschee della città. Secondo una media fra le statistiche ufficiali dello stato e il registro dei battesimi, i copti rappresentano circa il 10 per cento della popolazione del Paese, che ammonta a 75 milioni di persone. La Chiesa cattolica e i protestanti, invece, raggiungono in totale le 400mila persone, giungendo così a rappresentare, insieme ai copti, la comunità cristiana più popolosa del Medio Oriente. Nemmeno i cattolici si sentono al sicuro, tranne che nella capitale. «La scorsa Pasqua con le stesse modalità è stato ucciso un altro cristiano a Hegaza», ricordapadre Rafic Greiche, direttore del locale ufficio informazioni cattolico, che spiega come «gli incidenti, gli attacchi nascono sempre da una miscela di odio religioso e pretesti occasionali».
DIECI ANNI DI VIOLENZA
Un bilancio sanguinoso come nel Natale di sangue appena trascorso, non si registrava tuttavia dal 2000, quando nel villaggio di El Kosheh furono uccise 23 persone. Della tutela della comunità copta in quel Paese, e delle necessarie misure di contrasto e prevenzione, annuncia il ministro degli Esteri Franco Frattini, «parlerò personalmente, nel quadro degli eccellenti rapporti di amicizia e di cooperazione che ci legano con il mio omologo Aboul Gheit, in occasione della visita che compirò al Cairo alla fine della settimana prossima», riferisce una nota della Farnesina, che condanna le violenze in Egitto, che «suscitano orrore e riprovazione» e davanti alle quali «la comunità internazionale non può restare indifferente né deve mai abbassare la guardia di fronte all’ intolleranza religiosa, che costituisce una gravissimaviolazione dei dirittiumani fondamentali. L’Italia - dice ancora Frattini - intende continuare a difendere in tutte le sedi il principio della libertà di culto, quale assoluto ed irrinunciabile valore di civiltà».

Il FOGLIO - "  Mubarak costruisce un muro d’acciaio per difendersi da Hamas"

 
Hosni Mubarak

Il Cairo. C’è un muro tra l’Egitto e la Striscia di Gaza di cui nessuno parla – perché l’unico muro che conta e che genera indignazione in medio oriente è quello costruito dagli israeliani – ma che sta scatenando una piccola guerra. L’Egitto ha perso la pazienza con Hamas. Nelle ultime ore, la tensione tra il governo del Cairo e la leadership del gruppo islamista palestinese – che dal 2007 controlla la Striscia – è salita oltre i limiti: gli scontri sul confine hanno causato la morte di un poliziotto egiziano, il ferimento di nove agenti della sicurezza e di decine di palestinesi. E’ iniziato tutto martedì notte, quando al porto di al Arish, piccola cittadina egiziana a pochi chilometri dal confine con la Striscia, le guardie di frontiera hanno impedito il passaggio a Gaza di una parte del convoglio umanitario dell’organizzazione internazionale Viva Palestina. Gli attivisti – guidati dal parlamentare inglese George Galloway e da 17 deputati turchi – hanno reagito lanciando sassi alla polizia locale. Il giorno dopo, la leadership di Hamas ha organizzato una manifestazione in sostegno degli attivisti oltre il confine, nella parte palestinese della cittadina di Rafah. Sassi e bottiglie molotov contro le forze della sicurezza egiziana. I poliziotti hanno reagito sparando e nella confusione degli scontri, secondo fonti egiziane, un agente del Cairo sarebbe stato ucciso da un cecchino. Troppo per il governo del Cairo che, attraverso il suo ministro degli Esteri Ahmed Aboul Gheit, ricorda a Hamas che esiste un limite alla pazienza dei vicini. La leadership di Gaza, alcuni governi arabi e gli attivisti internazionali accusano il regime di Hosni Mubarak di rafforzare l’embargo israeliano sulla Striscia e l’isolamento dei palestinesi. Il Cairo ha iniziato a costruire da qualche settimana una barriera sotterranea in acciaio con l’obiettivo di bloccare il contrabbando di armi attraverso i tunnel scavati dai palestinesi sotto il confine. Per anni l’Egitto è stato criticato da Israele, dall’Unione europea e dagli Stati Uniti per la sua incapacità nel contrastare il passaggio di armamenti che rafforza militarmente Hamas. Ora forse qualcosa è cambiato. “E’ successo un anno fa, dopo l’operazione israeliana Piombo fuso a Gaza – spiega al Foglio Gerald Steinberg, professore di Scienze politiche all’Università israeliana di Bar Ilan – Il Cairo si sente minacciato dall’asse Hezbollah-Iran e dalle relazioni di Teheran con Hamas nella Striscia. In gioco c’è l’egemonia regionale del paese”. L’Egitto, dice il professore, “è governato da un’élite militare molto forte, orientata alla sicurezza del regime e la leadership militare non può permettersi che la presenza di Hamas minacci la stabilità interna con la creazione di uno stato satellite dell’Iran” alla porta di casa. I tunnel sotterranei su quel confine poroso esistono da anni, spiega il generale egiziano in pensione Mohammed Kadry Said. Prima erano utilizzati soltanto per il passaggio di medicinali e cibo, poi hanno iniziato a transitare armi: “Non c’è fiducia in Hamas: ha un’agenda diversa, idee diverse e incoraggia attività clandestine non legali. Per il governo egiziano è diventato uno scandalo la gestione della frontiera”. La nuova barriera ha scatenato polemiche in Egitto innescando addirittura una guerra delle fatwa: la più importante istituzione dell’islam sunnita, l’Università di al Azhar al Cairo, legata al governo, ha pubblicato un editto religioso in sostegno della costruzione, ma molti intellettuali e imam hanno preso le distanze. Il Cairo non difende la sua egemonia politica soltanto lungo il confine con Gaza. L’attività diplomatica della sua leadership è in queste ore frenetica. Ieri, sono sbarcati a Washington il ministro degli Esteri Abul Gheit e l’enigmatico capo dell’intelligence, Omar Suleiman. Arrivano con una proposta, secondo quanto riportato dal quotidiano egiziano al Gomhuria mercoledì. Mentre la regione attende la visita dell’inviato americano George Mitchell e i dettagli di un piano dell’Amministrazione Obama per riattivare i negoziati tra israeliani e palestinesi, il Cairo avrebbe una proposta araba, sostenuta dall’Arabia Saudita e dai soliti alleati. Nei giorni scorsi sono passati alla corte di Mubarak il ministro degli Esteri di Riad Saud al Faisal, il rais palestinese Abu Mazen, il re giordano Abdullah e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Per al Gomhuria, il piano egiziano impone precondizioni ai negoziati: Israele, in cambio del via libera alla costruzione di ottomila unità abitative nei Territori, dovrebbe accettare che le trattative partano dai confini palestinesi del 1967 e da Gerusalemme est capitale di un futuro stato. Il piano americano che Mitchell ha in tasca avrebbe premesse diverse ma, ha assicurato l’inviato, si potrebbe siglare un accordo di pace entro due anni.

Il FOGLIO - Carlo Panella : " Sotto la cappa delle isterie egemoniche dell’islam 'moderato' "


Islam moderato?!?

Nell’arco di poche ore, due terribili patologie che minano la società egiziana si sono imposte all’attenzione del mondo. Il morto negli scontri tra esercito egiziano e palestinesi di Gaza, sotto gli occhi di una marcia di pacifisti occidentali guidati dal britannico (nostalgico di Saddam) George Galloway, attorno al muro che il presidente, Hosni Mubarak, sta costruendo sul confine e i sette cristiani mitragliati da un musulmano, all’uscita dalla messa del Natale copto, non sono episodi slegati tra loro, non sono opera di isolati fanatici. Il più grande e autorevole paese arabo si rivela in questo sanguinario 6 gennaio un paese incapace di rapportarsi all’estremismo palestinese se non separandosene fisicamente e una nazione in cui milioni di cristiani vivono in condizioni di costante persecuzione, e queste due patologie sono collegate da un rapporto molto profondo, da una concezione dell’islam – quella che abitualmente viene chiamata “moderata” – invece intrisa di isterie egemoniche e contraria alla libertà di pensiero, quindi di fede. L’opposto esatto di quanto il presidente americano, Barack Obama, ha sostenuto nel suo “storico” discorso del Cairo del 4 giugno scorso, quando ha affermato: “L’islam non è parte del problema nella lotta all’estremismo violento, ma una componente importante nella promozione della pace”. In realtà, il fallimento dell’Egitto nel gestire le crisi prodotte da Hamas a Gaza è il portato di un’ambiguità politica egiziana che ha le sue radici nell’islam. Omar Suleiman, numero due del regime, fallisce regolarmente nelle sue mediazioni a Gaza non perché è incapace, ma perché Hosni Mubarak tutto vuole fare tranne affermare con forza di fronte al mondo musulmano che Israele ha diritto di esistere, senza condizioni (come fece Sadat assassinato dai padri spirituali di al Qaida per aver fatto la pace con Israele). Mubarak si rifiuta di affermare alto e forte che il contenzioso israelo-palestinese va riportato al solo problema della “terra” e quindi va spogliato di ogni valenza religiosa (terreno su cui Hamas è vincente). Non affrontando con nettezza il nodo della questione – perché scatenerebbe l’ira dei musulmani “moderati” – rifiutandosi di spogliarla con chiarezza dei suoi connotati religiosi, l’Egitto si perde da anni in un fallimentare meandro di trattative che ha portato infine alla decisione di costruire un muro che isoli i terroristi di Gaza anche dall’Egitto. Muro arabo, monumento formidabile all’impotenza araba a fronte del problema palestinese. Muro incredibilmente ignorato dai media occidentali che non ne fanno scandalo, perché è la prova provata dell’indispensabile muro voluto da Ariel Sharon. Stessa identica matrice di egemonismo islamico ha la persecuzione a cui i 6-10 milioni di copti sono sottoposti in Egitto. Il terrorista che mercoledì ha falciato i cristiani che uscivano dalla messa di Natale a Nagaa Hammadi sapeva benissimo di avere le spalle coperte, e non soltanto dalla Fratellanza musulmana. Perché nel villaggio di Hagaza un suo compare aveva falciato due cristiani all’uscita dalla messa della scorsa Pasqua. Perché nell’ottobre del 1998 a el Kosheh, vicino a Luxor, decine di copti furono addirittura crocefissi durante un pogrom. Perché il 28 ottobre del 2008, nel sobborgo cairota di West Ain Shams, ventimila musulmani hanno impedito con la forza l’inaugurazione della chiesa della Vergine Maria. Perché in Egitto la persecuzione dei cristiani copti – inclusi i rapimenti a decine di ragazzine, sposate con la forza a musulmani per convertirle – è scandalosa e ha le sue radici proprio nell’islam “moderato”. Questo islam, infatti, tollera – quando tollera – le comunità di cristiani ma soltanto se si perpetuano per via ereditaria, verticale, mai allargandosi. L’Egitto, come tutti i paesi islamici salvo la Turchia, considera reato la conversione del musulmano e il proselitismo di altre fedi. Questo in omaggio al dogma che vuole che l’uomo nasca naturalmente musulmano e che venga poi deviato dalla “religione naturale”, dall’islam, soltanto dalla famiglia. Ma se lo status naturale e perfetto dell’uomo è solo e unicamente l’islam, ne consegue che ogni deviazione da questo status è una corruzione, addirittura un’offesa alla natura, anche se la legge coranica la tollera per ebrei e cristiani. Per questo, proprio da quell’al Azhar che Obama ha incautamente scelto come sede per il suo appello all’islam nel giugno scorso, si continua a sostenere che l’apostasia, l’abbandono dell’islam, sia reato (per alcuni suoi docenti da punire con la morte, nel caso “dia scandalo pubblico”). Per questo, chi stermina cristiani all’uscita della messa di Natale si sente più che legittimato e in sintonia con tutto l’islam.

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