Riportiamo da MICROMEGA di dicembre l'articolo di Angelo D'Orsi dal titolo " Solidarietà proibita per Gaza ".
Per trovare un po' di verità nelle parole di D'Orsi bisogna fermarsi al titolo scelto per la sua rubrica, "Cattivi maestri". Mai titolo fu più azzeccato.
Nell'articolo D'Orsi descrive, in perfetto stile Manifesto, la situazione a Gaza.
Se la popolazione patisce la fame, secondo D'Orsi è colpa di Israele.
Riguardo Piombo Fuso, D'Orsi scrive : " come se non bastasse quel lento genocidio, giunse, un anno fa, l’operazione poeticamente denominata Piombo fuso. In quell’attacco, del tutto ingiustificato (“per fermare i razzi di Hamas”, che non avevano procurato un solo morto), perirono oltre 1400 persone, prevalentemente civili ". La solita tesi delirante. Israele viene bersagliato quotidianamente dai razzi kassam di Hamas, diretti contro la popolazione civile, ma, siccome non uccidono abbastanza persone, Israele sbaglia a difendersi.
D'Orsi si scaglia contro i tg, colpevoli, secondo lui, di non martellare sufficientemente l'audience con notizie dei 1400 manifestanti filopalestinesi bloccati in Egitto e scrive : " tutto quello di cui possono sapere è il nostro odio per l’Iran, che minaccia (o ci fanno credere che minacci) di costruire una bomba nucleare (e magari è pure vero), tra una dozzina d’anni ". D'Orsi, in fatto di arsenali nucleari, ritiene di essere più competente dei servizi segreti americani ed europei...l'Iran, a suo parere, non è una vera minaccia per l'Occidente. O, se lo è, lo sarà fra una dozzina di anni. Perchè dovremmo occuparcene adesso?
D'Orsi propone un problema "più serio" di cui preoccuparsi : " mentre un po’ più in là Israele cova il suo micidiale arsenale di armi nucleari, e, a giudicare proprio da certi effetti dei bombardamenti su Gaza, anche chimiche e, forse, batteriologiche.". Israele non ha utilizzato nè armi chimiche nè batteriologiche contro Gaza. D'Orsi, prima di muovere accuse che non può dimostrare, dovrebbe documentarsi. Riguardo il "micidiale arsenale nucleare" israeliano, ammesso e non concesso che esista, Israele non lo usa come minaccia contro altri Stati, cosa che invece l'Iran fa quotidianamente.
Poi D'Orsi critica aspramente Mubarak per aver bloccato la Gaza Freedom March, sostenendo, non si capisce in base a quale teoria) che la responsabilità è del governo israeliano.
L'Egitto viene criticato anche per la costruzione della barriera in acciaio che sta costruendo al confine con Gaza: "un muro di cemento e acciaio, che ha fondamenta di ben 18 metri nel sottosuolo, sì da impedire l'uso dei tunnel che ha consentito di alleggerire sia pure in modo lieve il blocco israeliano. E ciò mentre un altro muro invalicabile, quello in Cisgiordania, costruito su quei lacerti di terra in teoria lasciati ai Palestinesi, li blocca, ne fiacca l’economia, ne frustra ogni sforzo di liberazione, anche pacifica.". La barriera difensiva israeliana è solida solo per il 5% della sua lunghezza totale ed è stata eretta per difendere la popolazione israeliana dai terroristi suicidi della seconda intifada.
Ma, come al solito, gli ebrei che piacciono a D'Orsi sono solo quelli morti nella Shoà. Quelli israeliani assassinati dai terroristi palestinesi la morte se la sono meritata e sbagliano a cercare di difendersi.
La teoria sconclusionata di D'Orsi sulle motivazioni che hanno portato allo scoppio di Piombo Fuso è : " da quando Hamas vincitrice di libere elezioni, certificate da osservatori internazionali, fu spodestata da un golpe ordito da Usa e Israele che diede il potere ad Abu Mazen, costringendo Hamas a rifugiarsi a Gaza, dove governa, difficoltosamente. Dunque Gaza andava punita.". Sulla legittimità dell'elezione di Hamas non facciamo commenti, in quanto è stata un colpo di stato contro il potere legittimo dell'Anp. Per quanto riguarda il presunto golpe israelo-americano per mettere al potere Abu Mazen in Cisgiordania, non è ben chiaro a che cosa si riferisca D'Orsi. Come al solito farnetica, senza specificare le sue fonti nè le prove (ammesso che esistano) di quello che scrive.
Sull'immagine idilliaca dei manifestanti palestinesi pacifici non possiamo fare a meno di specificare che ieri, al confine con Rafah, un soldato egiziano è morto durante gli scontri. Non è chiaro chi gli abbia sparato, se uno dei manifestanti o un terrorista di Hamas. In ogni caso non fa differenza, dal momento che, secondo D'Orsi, anche i terroristi di Hamas sono pacifici.
Ecco l'articolo:


Angelo D'Orsi e Hamas, che accoppiata vincente!
Roma, Torino, Milano, Bergamo, Varese, Bologna, Napoli, Palermo, Cagliari, e altre città sono teatro, in questi giorni delle “sante festività”, di manifestazioni di protesta contro il blocco di un convoglio diretto a Gaza, per commemorare, con i Palestinesi, l’anniversario della nuova strage di Erode in Palestina: l’attacco alla Striscia da parte dell’aviazione e della marina e dell’esercito israeliani, cominciato il 27 dicembre 2008, e durato circa un mese.
Un anno fa, come davanti all’aggressione al Libano dell’estate 2006, avevo lanciato un appello in favore dei Palestinesi aggrediti; e come nel 2006, quell’appello, che era riservato al mondo intellettuale, ottenne un insperato successo, e forse diede un pur minimo aiuto nella mobilitazione davanti alla quale gli israeliani, infine, si ritirarono. Senza aver pronunciato una sola parola di rammarico per quella barbarie: a Gaza si registra la più alta popolosità del mondo, con oltre 1.500 mila esseri umani ammassati in un fazzoletto di terra, separato dal famigerato Muro, da invalicabili barriere tecnologiche, e, ad Ovest, dal confine con l’Egitto. E proprio contro l’atteggiamento dell’Egitto, che ha bloccato i 1400 attivisti (uno per ciascun palestinese ucciso un anno fa!), impedendo loro, finora, il transito.
Si tenga conto che Gaza da anni vive in un vero e proprio incubo: Israele (sovente con la complicità passiva dell’Autorità Nazionale Palestinese, guidata da un imbelle Quisling nella persona di Abu Mazen) sottopone quelle persone, costrette a vivere in spazi ridottissimi, sovraffollati, sovente privi dei requisiti igienici minimi, a un blocco spietato; come se non bastasse quel lento genocidio, giunse, un anno fa, l’operazione poeticamente denominata Piombo fuso. In quell’attacco, del tutto ingiustificato (“per fermare i razzi di Hamas”, che non avevano procurato un solo morto), perirono oltre 1400 persone, prevalentemente civili: ossia, perlopiù, anziani, donne e, appunto, bambini.
Nel silenzio generale della cosiddetta opinione pubblica, intenta agli amori dell’ultima soubrette o alle anticipazioni relative alla prossima edizione di Sanremo, o se proprio si appassiona (?) di politica, si sorbisce i pastoni dei tg che ci raccontano le esternazioni degli instancabili Cicchitto e Gasparri, con le fioche repliche dei capi del PD. O, ancora, se vi fossero per avventura dei patiti di politica internazionale, tutto quello di cui possono sapere è il nostro odio per l’Iran, che minaccia (o ci fanno credere che minacci) di costruire una bomba nucleare (e magari è pure vero), tra una dozzina d’anni, mentre un po’ più in là Israele cova il suo micidiale arsenale di armi nucleari, e, a giudicare proprio da certi effetti dei bombardamenti su Gaza, anche chimiche e, forse, batteriologiche.
Ma Israele è intoccabile. Su Israele non si può discutere: è “la sola democrazia del Medio Oriente”. Tanto ci deve bastare. E i Palestinesi che aspettano di esser quanto meno risarciti delle case e delle terre loro sottratte con la violenza delle armi, non hanno diritto neppure a essere ricordati nel dibattito pubblico. Perciò i coraggiosi della Gaza Freedom March, 1.400 provenienti da 43 paesi (140 italiani) al Cairo e che in ogni modo, pacificamente, democraticamente, provano a raggiungere il valico di Rafah, ossia il confine tra Egitto e la Striscia di Gaza, meritano tutta la nostra attenzione, e la nostra solidarietà attiva e operante.
Ora, le autorità egiziane hanno bloccati il convoglio; gli attivisti stanno cercando in ogni modo di mobilitare canali diplomatici, giornalistici, umanitari perché questo assurdo blocco (dietro il quale c’è naturalmente la fortissima pressione del governo israeliano) venga rimosso. Altri attivisti, intanto (un altro convoglio, Viva Palestina, che comprende anch’esso degli italiani), sono bloccati nel porto di Aqaba, in Giordania, da cui invano tentano di sbarcare sul territorio dell'Egitto, per poi raggiungere Gaza. Questo secondo convoglio è guidato dal parlamentare socialista britannico George Galloway: partito da Londra il 6 dicembre, dopo aver attraversato vari paesi europei, Turchia, Siria e Giordania, è giunto il 24 dicembre ad Aqaba. A dispetto delle assicurazioni ricevute, ora il convoglio è appunto bloccato, e al massimo gli egiziani concederebbero di lasciar passare le casse contenenti cibo, medicinali, coperte ecc., ma non le persone (tra cui molti medici); per giunta pretenderebbero di far transitare questi aiuto il valico israeliano di Kerem Shalom. Si può immaginare con quali risultati.
Come sa chi segue la situazione mediorientale, tra Egitto e Gaza i rapporti sono pessimi, e sono diventati assai tesi da quando il regime di Mubarak (regime dispotico: ma come mai nessuno parla di “portare la democrazia” in Egitto?) ha avviato la costruzione sul confine meridionale della Striscia, di un muro di cemento e acciaio, che ha fondamenta di ben 18 metri nel sottosuolo, sì da impedire l'uso dei tunnel che ha consentito di alleggerire sia pure in modo lieve il blocco israeliano. E ciò mentre un altro muro invalicabile, quello in Cisgiordania, costruito su quei lacerti di terra in teoria lasciati ai Palestinesi, li blocca, ne fiacca l’economia, ne frustra ogni sforzo di liberazione, anche pacifica. E naturalmente, quanti nelle celebrazioni del ventesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino, ha ricordato questi muri, ben solidi?
E come non dare scandalo, se si pensa che questo blocco dura da oltre tre anni? Ossia da quando Hamas vincitrice di libere elezioni, certificate da osservatori internazionali, fu spodestata da un golpe ordito da Usa e Israele che diede il potere ad Abu Mazen, costringendo Hamas a rifugiarsi a Gaza, dove governa, difficoltosamente. Dunque Gaza andava punita. Prima togliendole l’acqua, l’energia, e impedendo l’arrivo di derrate alimentari, di medicinali, di beni di consumo, ma anche di persone, disposte a dare una mano agli assediati. Dopo l’operazione Piombo fuso, a Gaza si è registrata una vera catastrofe umanitaria, ma a quanto pare non suscita la stessa pietas che abbiamo sciorinato e ostentato verso i “poveri kossovari”. I quali oggi gestiscono uno Stato che è fondato sul crimine organizzato. A Gaza, a parte i morti, a parte i feriti che non si riescono a curare per la carenza di medici, medicinali, energia elettrica, a parte i malati che non aspettano che di morire, dopo la fine dell’attacco di un anno fa, il 79,4% della popolazione della Striscia risulta essere sotto la soglia di povertà, mentre il tasso di disoccupazione è del 45,5%. Ma quelli di Gaza, come quelli di Belgrado, vanno puniti. La loro colpa è di essere Palestinesi, nati e rimasti in Palestina. Non sono andati via? Peggio per loro.
Ebbene, davanti a questa realtà scandalosa, dovremmo tutti, se abbiamo un po’ coscienza umana, gridare alto e forte il nostro “Basta!”. E dovremmo in ogni modo far giungere il nostro sostegno, non solo simbolico, a quanti hanno organizzato, a loro spese, sottraendo tempo al lavoro, allo studio, al riposo e allo svago per affrontare un viaggio lungo e difficile, che mette in gioco le loro stesse vite. Se ci si pensa, nella storia non solo recente, è difficile trovare analoghe manifestazioni di solidarietà internazionale, e vorrei dire internazionalista. Bisogna risalire alle Brigate Internazionali della Guerra di Spagna del ’36-’39. Quelle migliaia di volontari che da ogni parte del mondo si recarono a combattere, ad ammalarsi, a morire sulle barricate dell’Ebro o di Barcellona, furono sconfitti sul campo, ma lasciarono un esempio che forse non pochi di coloro che sono ora in attesa di raggiungere Gaza hanno ben presente. La causa, in fondo, è la stessa. La causa della giustizia e della libertà. I volontari di Spagna, negli Trenta del XX secolo, persero la loro battaglia, perché furono lasciati soli. Non lasciamo soli i volontari di Gaza sul finire del primo decennio del XXI secolo.
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