Mentite, mentite, qualcosa resterà, diceva Goebbels, che se ne intendeva. Funziona sempre, come nel caso di un certo Joe Sacco, disegnatore di fumetti, che ha imparato la lezione, tanto da uscire dall'anonimato dei fumettari. In che modo ? semplice, inventando quello che storicamente non è mai avvenuto. Inventa un massacro, che ci vuole, ne basta poca di fantasia, mette Israele nei panni dell'esecutore, e subito gli pioveranno addosso gli elogi degli odiatori. Che importa se è tutta una sua fantasia, in questo modo i giornali ne parleranno, come fa Francesco Battistini sul CORRIERE della SERA di oggi, 23/12/2009, a pag.19, in un pezzo titolato "Strage di palestinesi a fumetti, Joe Sacco scuote Israele ", un titolo molto scorretto, perchè Battistini riporta chiaramente che è una bufala, ma così la manina "infarinata" che l'ha composto ha contribuito a ingannare i lettori. Ci dispiace fargli pubblicità, venderà delle copie in più, ma volevamo far vedere come si fabbrica un falso e come il nostro sistema mediatico riesce a trasformarlo in verità. Ma questo Sacco, non c'è una Anti Defamation League che lo denuncia ?
Chiediamo ai nostri lettori di protestare con il Corriere per il titolo, estremamente scorretto.
Ecco il pezzo:

Joe Sacco, allievo benemerito di Goebbels
Non è una foto, non è un video, non è una cronaca. È un disegno di Joe Sacco, forse il più famoso giornalista di graphic novels, maestro nella tecnica di sceneggiare fatti veri con i fumetti. Footnotes in Gaza, note a margine della Striscia, è una striscia appena pubblicata, osannata negli Stati Uniti, discussa in Israele
. Sacco è famoso per le sue strip sulla Palestina e sulla Bosnia, ma stavolta non si occupa di guerre vicine. Il massacro che racconta è un episodio quasi dimenticato, recuperato da rapporti Onu e da giornali dell’epoca: quasi 400 palestinesi uccisi a Khan Younis, durante un’operazione dell’esercito israeliano che era a caccia di armati.
Il cartoonist narra di cadaveri trovati in fosse comuni, di mani legate, di colpi alla nuca: «Una vicenda che s’è volatilizzata nella memoria. Ammazzati dimenticati. Molecole perdute. Perché da allora quasi nessuno ne ha più parlato». I disegni sono bellissimi. I dialoghi scioccanti. Con un problema: è un racconto obiettivo? Il libro esce nel pieno dell’ennesima trattativa sul soldato Gilad Shalit, ostaggio a Gaza da tre anni e mezzo. E divide. Indignando qualcuno: «È una grandissima esagerazione — polemizza lo storico Meir Pail, militante a sinistra —. Io ero là, nel 1956. Non ci fu un massacro di quel genere. Nessuno fu assassinato dagl’israeliani in quel modo».
Più duro un altro studioso di cose militari, Jose Alaniz, università di Washington: «Sacco è unmanipolatore, pieno di pregiudizi. È facile far pendere il giudizio, quando disegni bambini spaventati e soldati arcigni».
La polemica è feroce, perché il vignettista maltese-americano si presenta come un cronista, eppure dicendo di non credere «nell’obbiettività dei media Usa» sulle questioni mediorientali, di non essere antisraeliano, ma di sentirsi vicino alle tesi palestinesi: a chi gli chiede se non sia meglio sentire anche l’altra campana, gli viene naturale rispondere che «per gran parte della mia vita non ho fatto che sentire solo quella».
Lodato da Edward Said, grande studioso arabo, Sacco ha fra i suoi estimatori Ari Folman, lo strapremiato regista israeliano di Valzer con Bashir, che lo difende deciso: «Il suo lavoro riflette sempre la realtà ed è da lui che ho tratto le maggiori ispirazioni. Condivido ogni sua opinione su quel che succede qui». Joe verrà a Tel Aviv, a presentare le sue note a margine. E a spiegare se la sua storia è Storia, o solo un fumettone.
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