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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.12.2009 Fra Hariri e Assad rapporti fraterni
La cronaca di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 dicembre 2009
Pagina: 16
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Hariri abbraccia Assad e archivia l'attentato al padre»

Potremmo titolarlo " le belle famiglie " l'articolo di Francesco Battistini sul CORRIERE della SERA di oggi 20/12/2009, a pag.16, con il titolo significativo " Hariri abbraccia Assad e archivia l'attentato al padre ", con il sommario che titola " Il premier libanese a Damasco " rapporti fraterni ".  Ecco l'articolo:


a sin. Saad Hariri, a destra Assad con il caro amico Ahmadinejad

GERUSALEMME — Stringe­re la mano. Sedersi. Augurare buon appetito. Conversare. Ce­nare col nemico. Condividere il tè con uno che, ne sei sicuro e l’hai sempre detto, sta dietro gli assassini di tuo papà.

Complicato. Angosciante: co­me avrà dormito Saad Hariri, la sua prima notte a Damasco? Il giovane premier libanese non s'è portato nemmeno l'assaggia­tore. E quando se n'è andato da Palazzo Teshrin e dal banchetto che ieri sera gli ha offerto il pre­sidente siriano, Bashar Assad, più dei bocconi devono essergli rimaste sullo stomaco quelle fra­si cortesi, di finta amicizia dette e sentite per tutta la cena: «Lega­mi fraterni», «riconciliazione», «onestà di rapporti»... Lui che fe­ce la Rivoluzione dei Cedri e fon­dò il movimento antisiriano. «È un grande sacrificio», ammette il suo amico Mustafa Allush, che quand'era deputato restò mesi nascosto in un albergone di Bei­rut per paura dei killer di Assad: «È una visita molto difficile, a li­vello personale. Ma necessaria: se sei il premier del Libano, è ab­bastanza normale che tu debba farla. Saad che va a Damasco, quasi cinque anni dopo l'uccisio­ne di suo padre Rafik, non signi­fica che il Libano non creda più nel coinvolgimento della Siria negli attentati. Ma ormai è una faccenda da tribunale. Non è più una questione privata».

Il privato è politico. Alta poli­tica. Hariri atterra in Siria col suo privatissimo jet e attira su di sé gli occhi del mondo: il pri­mo capo di governo libanese a farlo dal 26 aprile 2005, giorno
in cui l'ultimo soldato siriano si ritirò e chiuse più di 30 anni d'occupazione militare nel Pae­se dei Cedri. Due giorni di visita. Preparata l'ottobre d'un anno fa dall'apertura della prima amba­sciata a Beirut, dall'invio del pri­mo diplomatico a Damasco, e poi da un'infinità di segnali: il te­legramma di congratulazioni del premier Naji Otri ad Hariri, in novembre, quando questi uscì da 4 mesi d'impasse e riu­scì a formare il governo, portan­do nella coalizione gli Hezbollah e i filosiriani del generale Aoun; la visita e le condoglianze che Michel Suleiman, presidente li­banese, fece un mese fa ad As­sad per la morte del fratello Majd; il viaggio alla Casa Bianca di Suleiman; i negoziati che stan­no ripartendo fra Israele e Si­ria... «Il mio governo — annunciò Hariri in Parlamento, il giorno della fiducia — vuole riportare le relazioni fraterne con Damasco all'al­tezza dei nostri stori­ci legami e degli inte­ressi comuni».

Lui ci mette le pa­role; gli altri, gl'inte­ressi. Geografici: il Li­bano è condannato dalla mappa a trattare coi vicini siriani e isra­eliani. Politici: a scongelare i rap­porti stanno provvedendo Oba­ma, Sarkozy e soprattutto l'Ara­bia. «Questa visita è stata prepa­rata dai sauditi — scrive
al-Kha­leej , giornale emiratino —, in particolare Abdul Aziz Bin Ab­dullah, figlio del re». Tutta la car­riera di Saad è gestita da Riad: lì è nato, lì studiò da ragazzino, lì costruì per conto del padre i pa­lazzi reali. Da lì l'hanno manda­to a far pace con un altro figlio d'arte, Assad junior, così uguale e così opposto. E l'Onu? E il Tri­bunale dell'Aja? E il rapporto che indicava negli 007 di Assad i mandanti della strage sulla Cor­niche, di 4 anni d'attentati a poli­tici e intellettuali? «Nessuno ha mai incriminato nessuno», dico­no dal Serraglio di Beirut. La giu­stizia internazionale somiglia a quella di Bertoldo: per appende­re i colpevoli, il cedro giusto non si trova più.

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