Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Morto a Vienna Saad Kheir, pascià delle spie giordane Cronaca di Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 16 dicembre 2009 Pagina: 21 Autore: Guido Olimpio Titolo: «Giallo sulla morte del Pascià delle spie arabe»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/12/2009, a pag. 21, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Giallo sulla morte del Pascià delle spie arabe ".
Re Abdallah di Giordania
WASHINGTON — Il Pascià se ne è andato come uno qualsiasi. Tirando le cuoia nel letto dell’Imperial Hotel di Vienna. Ma il Pascià non era uno qualsiasi. Saad Kheir, 57 anni, ha infatti guidato dal 2000 al 2005 il Dgi, il servizio segreto giordano. Anni di battaglie e di gran lavoro per le spie. Anni nei quali Kheir ha mostrato tutta la sua abilità diventando, come ha ammesso un giorno l’ex direttore della Cia Tenet, «la superstar» anche se ha sempre apprezzato il regno delle ombre. Un ruolo riconosciuto perfino da Hollywood: nel filmNessuna verità , con Russell Crowe e Leo DiCaprio, spicca la figura di Hani Pascià, un personaggio cucito a immagine e somiglianza di Kheir.
Affabile e spietato, grande conoscitore dei misteri orientali e dei gusti occidentali — in particolare gli abiti di buon taglio —, Kheir ha fatto da scudo alla monarchia hashemita contro i molti nemici. Palestinesi di Abu Nidal, oppositori interni, jihadisti. Usando a volte la persuasione, in altre la violenza brutale. È così che i suoi uomini sono riusciti ad infiltrarsi in gruppi pronti a compiere attentati. Azioni condotte dall’Iraq all’Europa dell’Est. Una campagna segnata da episodi poi raccontati inNessuna verità .
Gli agenti del Dgi hanno creato il sospetto in fazioni radicali, hanno aperto false società per attirare in trappola i militanti, «hanno fatto quello che si doveva fare», ossia eliminato possibili attentatori. Operazioni sulle quali Kheir ha posto il suo sigillo. Una volta ha fomentato una faida in un nucleo eversivo. Un’altra ha convinto un estremista a collaborare passandogli la madre al telefono. Vedi, sono state le parole del boss della Dgi, «possiamo farti felice» oppure «farti del male». E il male può essere qualcosa di inimmaginabile. I servizi giordani, quando serve, sono in grado di far parlare anche un muto. Non è un caso che la Cia abbia spedito in Giordania molti dei dirigenti di Al Qaeda — compreso Khaled Sheikh Mohammed — per speciali sedute di interrogatorio.
Tutti rinchiusi a Al Jafr, definita «la prigione che non esiste», visto che non era segnata neppure su una mappa. A circa 250 chilometri dalla capitale Amman è stata attiva fino al 2006, poi re Abdallah ne ha ordinato la chiusura. È qui che gli americani hanno scaricato i loro «clienti» convinti che gli uomini del Pascià li avrebbero ammorbiditi. «Vuoi sapere qual è tra i nostri alleati il Paese in grado di interrogare un sospetto nella sua lingua ed ottenere che non racconti balle? La Giordania», è il verdetto di Larry Johnson, ex funzionario dell’antiterrorismo al Dipartimento di Stato. Giudizio condiviso, con angoscia, da chi è passato dai «buchi neri», i centri di detenzione segreti.
Come ha raccontato sulWashington Post David Ignatius, vicino all’ingresso della Dgi c’era una bandiera nera con una scritta significativa: «La giustizia è arrivata». Ed era Kheir Pascià ad amministrarla, con la saggezza o la tortura. Una missione svolta fino al 2005, quando Abdallah lo ha rimosso «promuovendolo » a suo consigliere per la sicurezza. Kheir — racconta una versione — era troppo conservatore e nonostante la stretta cooperazione con la Cia avrebbe manifestato un profondo dissenso per l’invasione dell’Iraq. Da allora è tornato ad essere «un’ombra tra le ombre», fino a quella bizzarra fine «per un infarto» in un grande albergo di Vienna. Sempre che questa sia la vera storia. Il Pascià avrebbe dubitato.
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