Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 14/12/2009, a pag. 8, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Khamenei: i verdi sono contro l'islam ", a pag. 9, l'intervista di Claudio Gallo a Scott Lucas dal titolo " E' l'ultimo avvertimento ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Il retroscena. La strategia del regime per reprimere l’Onda Verde " e l'articolo di Viviana Mazza dal titolo "La piazza è più radicale dei suoi leader". Dalla REPUBBLICA, a pag. 11, l'articolo di Francesca Caferri dal titolo " Centinaia di uomini velati sul web 'Libertà per il leader degli studenti' ". Ecco gli articoli:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Khamenei: i verdi sono contro l'islam "

Maurizio Molinari
La polizia iraniana circonda il campus dell’Università di Teheran e Ali Khamenei accusa i dimostranti di «combattere contro la rivoluzione», denunciando quanto avvenuto il 7 dicembre quando sono state date alle fiamme immagini di Khomeini. Un attacco dai toni durissimi all’opposizione che qualche sito ha sintetizzato con la frase «l’opposizione sarà spazzata via», frase che tuttavia la Guida Suprema non ha pronunciato. A innescare il braccio di ferro è la diffusione su Internet di un video girato proprio il 7 dicembre, nel quale si vedono le mani di alcuni studenti non identificati che danno alle fiamme e stracciano immagini dell’ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica Islamica, del Leader supremo Ali Khamenei e di Mahmud Ahmadinejad.
La tv di Stato ha trasmesso le immagini e Khamenei ha reagito accusando l’opposizione di «voler sovvertire l’intero sistema agendo contro l’Islam». «Non credo alle purghe ma dovete tornare sul sentiero giusto», ha ammonito Khamenei rivolto ai manifestanti, chiedendo alle forze dell’ordine di «porre fine alle violazioni della legge e agli insulti a Khomeini». Le parole di Khamenei sono state interpretate come la decisione di eliminare l’opposizione e hanno innescato dimostrazioni pro-governo in numerosi seminari religiosi.
I Guardiani della rivoluzione hanno ammonito che «non vi sarà tolleranza per i colpevoli». È stato allora che la polizia si è schierata attorno all’ateneo di Teheran, dove gli studenti hanno risposto inscenando nuove proteste nelle quali hanno imputato a Khamenei e ai pasdaran di aver «fabbricato il filmato». Chiamando in causa le offese a Khomeini, il governo tenterebbe di dividere l’opposizione in quanto il suo leader, Mir Hussein Mousavi, era stato uno dei maggiori collaboratori dell’imam che guidò la rivoluzione nel 1979.
Il giornalista iraniano Alireza Nourizadeh, commentatore del giornale Al-Sharq Al-Awsat, afferma che la decisione del giro di vite sarebbe stata adottata sabato durante una riunione fra Khamenei, il figlio Mojtaba, il ministro dell’Intelligence e i comandanti delle forze di sicurezza, che avrebbero preso anche in considerazione la possibilità di arrestare gli ex candidati presidenziali Mousavi e Karroubi e l’ex presidente Khatami, oltre a mettere sotto sorveglianza l’altro ex presidente, Rafsanjani. Ma Mashallah Shamsolvaezin, commentatore riformista sui giornali, ritiene «improbabile che il regime decida di arrestare Mousavi o Karroubi perché porterebbe a un’esplosione di violenza».
Washington segue da vicino gli eventi e l’Amministrazione Obama ha affidato un messaggio di sostegno ai manifestanti al vicesegretario di Stato per l’Iran, John Limbert, che 30 anni fa venne preso in ostaggio a Teheran. «Non ignoreremo le manifestazioni, sono cento anni che gli iraniani chiedono di essere trattati con rispetto da chi li governa», ha detto Limbert, assimilando così la dittatura dello Scià alla Repubblica Islamica.
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Il retroscena. La strategia del regime per reprimere l’Onda Verde "

Khamenei
WASHINGTON — Il regime iraniano è pronto a sferrare un nuovo colpo di maglio sull’opposizione. E per renderlo più accettabile a quei cittadini che fino ad oggi sono rimasti neutrali ha bisogno di un pretesto. Che trasformi gli avversari da contestatori in contro-rivoluzionari, contro i quali tutto è lecito. A questo serve il caso delle immagini di Khomeini bruciate dagli studenti. Un episodio che può essere attribuito alla dissidenza ma che ha anche gli indizi della provocazione. Un pericolo avvertito dagli uomini di Mousavi, il tenace avversario del presidente Ahmadinejad: attenzione — hanno avvisato ieri — sta per accadere qualcosa.
La sfuriata del leader Ali Khamenei, i moniti dei pasdaran e gli attacchi del ministro dell’Intelligence contro l’ex presidente Rafsanjani rappresentano la preparazione del terreno. Nervosi per una contestazione che non muore, preoccupati per il confronto sul nucleare, consapevoli delle fratture interne, Ahmadinejad e la Guida hanno raddoppiato gli sforzi per adottare le contromisure. Sul piano politico puntano a mettere fuori legge chi non li accetta presentandoli come personaggi capaci di minare le fondamenta della Rivoluzione islamica. Giochetto vecchio quanto le cariatidi con il mantello ma che funziona sempre.
La storia del Paese — come conferma Ali Karbalai, un esponente del dissenso in Italia — è ricca di episodi in questo senso. Dal misterioso incendio del cinema Rex ad Abadan (1978, 500 morti) usato per incitare alla rivolta contro lo Scià all’affare Rushdie cavalcato da Khomeini passando per attentati attribuiti a questo o a quel gruppo di terroristi.
Sul piano della sicurezza hanno perfezionato l’apparato repressivo. Nuovi incarichi per pasdaran e le milizie affiliate, dai basiji agli Hezbollah. Al minimo accenno di dimostrazione, la parola passa a coltelli e spranghe. Bastonature seguite da arresti indiscriminati. Detenzioni accompagnate da torture. A occuparsi dell’opposizione c’è la neonata «Organizzazione per l’Intelligence » dei guardiani. In quest’ambito i pasdaran hanno creato un’unità specializzata nella «guerra» su Internet, rivelatosi fondamentale per i seguaci di Mousavi nel diffondere informazioni alternative.
Fonti Usa non escludono che il regime abbia anche ingaggiato hacker stranieri (in particolare russi) per bloccare siti e comunicazioni. Intensa l’attività di disturbo verso tv e radio che dall’estero trasmettono verso l’Iran. Sempre i pasdaran sono pronti a lanciare una loro divisione «media», con un’agenzia che diffonderà informazioni a getto continuo. Mentre 6 mila basiji hanno aperto sezioni nelle scuole in modo da forgiare, fin da piccoli, i «balilla» degli ayatollah. Una guerra culturale e un grande bavaglio che anticipano, probabilmente, una grande randellata sulla testa di chi osa sfidare un regime vergognoso.
CORRIERE della SERA - Viviana Mazza : " La piazza è più radicale dei suoi leader "
Shadi Sadr, 34 anni, avvocato di Teheran impegnata nella difesa delle donne, incarcerata a luglio per due settimane
«Il problema è che c’è una spaccatura tra i cosiddetti leader, Mousavi e Karroubi, e la piazza», dice Shadi Sadr, 34 anni, avvocato di Teheran impegnata nella difesa delle donne, incarcerata a luglio per due settimane. «Dopo le elezioni la piazza chiese un nuovo voto. Il no del governo ha reso il movimento più radicale. Non penso che Mousavi, Karroubi e Khatami volessero diventarne i leader o avessero previsto le folle immense scese in strada. In qualche modo ne sono diventati simboli, più che leader. Ma volevano tenere il movimento nel quadro del sistema islamico e ora la piazza invoca la separazione tra Stato e religione». Su questa spaccatura sembra far leva Khamenei. «Ci sono due opzioni.
Una è che i cosiddetti leader accettino gli slogan, l’altra che dalla piazza emerga una nuova guida. Anche se il movimento dice di non aver uno ma migliaia di leader, come attivista di lunga data credo che ne serva uno vero per raggiungere gli obiettivi». Uscita su cauzione, Shadi è accusata (con Shirin Ebadi) di guidare la «sezione femminile della rivoluzione di velluto». E’ fuggita in Germania. «Se imponete le sanzioni per il nucleare - dice - dovreste citare sempre i diritti umani».
La REPUBBLICA - Francesca Caferri : " Centinaia di uomini velati sul web 'Libertà per il leader degli studenti' "

Majid Tavakoli, leader studentesco
Hamid Dabashi è uno stimato professore della Columbia University di New York. Tutto ci si aspetterebbe da lui, meno che di vederlo comparire in rete con un velo verde sulla testa, le dita che fanno il segno della vittoria e la copertina del suo ultimo libro alle spalle. E invece è così che da due giorni il professor Dabashi ha scelto di presentarsi sulla sua pagina di Facebook. A fargli compagnia sul più noto dei social network, ma anche su Twitter e su Youtube, altre centinaia di uomini, iraniani e non.
I sostenitori dell´opposizione iraniana hanno scelto di protestare in questa maniera contro l´arresto di uno dei leader studenteschi più popolari del paese, Majid Tavakoli. Tavakoli, che era già stato arrestato in passato, è stato fermato di nuovo lunedì scorso dopo aver incoraggiato i suoi colleghi dell´università Amir Kabir di Teheran a continuare le proteste contro la rielezione di Mahmud Ahmadinejad alla presidenza della Repubblica. Il resoconto dell´arresto fornito dall´agenzia ufficiale Fars racconta che ha tentato di fuggire dal campus travestito da donna: a conferma della ricostruzione, Fars ha diffuso immagini di Tavakoli con sulla testa un velo azzurro, coperto da un secondo lungo velo nero che gli scende sulle spalle. Sguardo basso, con gli occhiali e senza, ripreso di profilo e di fronte, Tavakoli viene affiancato in un´immagine a Abolhassan Bani-Sadr, il presidente iraniano che nel 1981 fuggì vestito da donna lasciando il Paese in mano a Khomeini.
La diffusione delle immagini ha provocato una reazione opposta a quella che si aspettavano le autorità iraniane: immediata è scattata la denuncia delle associazioni per la difesa dei diritti umani in Iran, che hanno parlato di un tentativo di umiliazione del giovane. E immediata è stata anche la solidarietà in rete: il giornalista Omid Habibinia ha ipotizzato che le immagini siano state create artificialmente con Fotoshop, mentre un altro blogger, Mojtaba Samienejad, ha riportato delle testimonianze secondo cui Tavakoli sarebbe stato costretto a vestirsi da donna dopo l´arresto. Poi in centinaia hanno cominciato a mettere in rete immagini di se stessi con un velo in testa, in pose simili a quelle di Tavakoli: nel giro di qualche giorno le foto di giovani barbuti e uomini di una certa età con in testa veli di ogni colore e foggia hanno invaso Facebook e Twitter, fino a condensarsi l´una dietro l´altra in un filmato di Youtube dal titolo Io sono Masjid Tavakoli.
La STAMPA - Claudio Gallo : " E' l'ultimo avvertimento "
Scott Lucas
Scott Lucas, 47 anni, è professore di Studi americani all’Università di Birmingham, il suo blog Enduring America è uno dei punti di osservazione più precisi e aggiornati sulla politica iraniana. Se il presidente Obama gli chiedesse un consiglio, risponderebbe di non farsi imbrigliare nella realpolitik del nucleare ma di riconoscere il peso politico dell’opposizione al regime.
Professor Lucas, qualche agenzia, riportando il discorso di Khamenei di ieri, gli ha fatto dire che dopo il sacrilegio del rogo dell’effigie di Khomeini avrebbe «spazzato via» l’opposizione. Ha detto proprio così?
«No, non mi sembra che abbia usato quelle parole. È stato l’ultimo di una serie di avvertimenti all’opposizione. Bisogna tenere conto che il governo ha fallito il suo tentativo di imbavagliare il dissenso, lo dimostrano i video che riprendono le proteste di ieri nelle università di Teheran, Shiraz e altre città».
Il video dove ancuni giovani bruciano il ritratto di Khomeini è vero oppure è una fabbricazione del Grande Fratello di Teheran?
«Non ho gli strumenti per dire con certezza che sia falso, ma vedo che la gente in Iran tende a diffidare, a non crederci. D’altra parte ancora nelle proteste odierne si vedono studenti portare i ritratti di Khomeini. Il movimento verde ha sempre mostrato rispetto per il padre della rivoluzione: oggi l’ex presidente Khatami ha smentito che l’opposizione abbia mai mostrato ostilità verso Khomeini e nello stesso tempo ha rivendicato il diritto alla protesta».
Su Twitter la Guida Suprema ha esortato i suoi a «mantenere la calma». Che cosa significa?
«Potrebbe significare che non ha ancora deciso il da farsi, che si riserva una decisione. Posso sbagliarmi, ma non credo che nelle prossime ore arresteranno Mousavi e gli altri leader. Siamo alla vigilia dell’anno nuovo islamico e specialmente della festa dell’Ashura, il 27 dicembre, centrale nel mondo sciita. Khamenei teme che possano ripetersi le proteste del giorno di Gerusalemme, a settembre, e allora manda un segnale forte».
E’ possibile che questa accelerazione della repressione sia dovuta al fatto che il regime sente avvicinarsi nuove sanzioni internazionali?
«Non credo che questo legame sia realistico. Anche se non c’è accordo, l’Iran continua a tenere aperto il tavolo nucleare. Oggi il ministro Mottaki ha avanzato la proposta di scambio di una quantità limitata di uranio. Gli Usa hanno subito rifiutato ma il colloquio in qualche modo prosegue, costituendo il maggiore diversivo ai gravi problemi politici interni».
Il presidente Ahmadinejad ha ricevuto ieri una delegazione di Hamas guidata da Khaled Meshaal ma è apparentemente assente sul fronte degli ultimi sviluppi interni, come mai?
«Ahmadinejad si muove a suo agio sul terreno del nucleare e della politica estera ma sulle vicende interne ha un ruolo secondario. Tutti ricordano che nei momenti turbolenti dopo la sua discussa rielezione era praticamente sparito. È chiaro che le decisioni sulla sicurezza interna sono prese direttamente da Khamenei con i ministri dell’Intelligence, dell’Interno e i Pasdaran».
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