Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Guerra santa in Somalia, ci sono anche italiani L'articolo di Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 13 dicembre 2009 Pagina: 19 Autore: Guido Olimpio Titolo: «Somalia, arrestato un islamico. Aveva il passaporto italiano»
Guido Olimpio, inviato a Nairobi dal CORRIERE della SERA, pubblica oggi, 13/12/2009, un articolo a pag.19, dal titolo " Somalia, arrestato un islamico. Aveva il passaporto italiano ". Si gradirebbe il parere di chi ancora non vede il pericolo che circonda i fondamentalisti islamici nel nostro paese. Ecco l'articolo:
soldati somali shebab
NAIROBI — Diciannove anni, studente a Padova, una vita sicura in Occidente, ha piantato tutto per unirsi alla lotta armata islamica. È tornato in Somalia e si è arruolato tra gli Shebab, gli insorti radicali antigovernativi che combattono contro il governo federale di transizione. Ieri però Asad Shami Sharif Abdallah, assieme ad altri compagni, ha deciso di arrendersi e si è consegnato ai lealisti: «Non intendo fare il kamikaze — ha detto agli uomini che l’hanno arrestato —. In questo inferno mi ci ha mandato mio padre. Voleva che combattessi la jihad, la guerra santa. Ma a me tutto ciò non interessa». Con altri compagni di lotta è uscito allo scoperto, disarmato, mani in alto e bandiera bianca. Durante l’interrogatorio parlava italiano e così, davanti a uno dei consiglieri del presidente Shek Sharif Shek Ahmed, ha rivelato la sua storia.
«Ha raccontato di essere nato a Mogadiscio, ma di essere stato portato in Italia quando aveva quattro anni — riferisce dalla capitale somala alCorriere una fonte della presidenza della repubblica che vuole restare anonima per paura di ritorsioni —. Abitava a Padova dove vive ancora suo padre, Shami Sharif Abdallah, con la seconda moglie e un fratello. Il giovane, designato dal genitore aspirante kamikaze, era rientrato in Somalia tre anni fa, quando aveva 16 anni. Per ora non sappiamo molto di più, salvo che il reclutamento è avvenuto in Italia».
Secondo la stessa fonte Asad dovrebbe avere il passaporto italiano, che però non gli è stato trovato in tasca. «Il padre l’ha accompagnato fino a Dubai facendogli un accurato lavaggio del cervello. Ha spiegato al giovane che era dovere di ogni buon musulmano partecipare alla guerra santa e che quindi avrebbe dovuto tornare in patria per combattere contro gli infedeli, cioè gli etiopi che in quel momento occupavano l’ex colonia italiana».
Una volta arrivato a Mogadiscio il ragazzo è stato accolto all’aeroporto e preso in custodia da tre persone che l’hanno portato a Chisimaio, il centro dell’islamismo radicale somalo. Ha seguito un corso d’addestramento e cominciato a combattere, a Brava, a Merca e poi nella stessa capitale. «Si è arreso perché non voleva più continuare con questa vita — riferiscono dal palazzo presidenziale somalo —. Ammazzare o venire ammazzati senza un vero motivo ».
Da Padova, contattato al telefono, il padre del ragazzo, quando apprende la notizia dell’arresto del figlio, sembra rimanere attonito. «Gli ho parlato un paio di settimane fa — spiega — e non mi sembrava fosse caduto nelle braccia degli shebab. Lui è parente da parte di madre del presidente della Repubblica Shek Sharif Shek Ahmed, sarà rilasciato presto».
Mentre da Mogadiscio viene smentito qualunque legame di parentela, il padre giustifica la partenza del figlio tre anni fa: «È stata la madre che vive nella capitale a chiedermi di riportare Asad a casa. Lì sta bene: oltre alla mamma, ci sono fratelli e sorelle e poi gli zii». Contatti del figlio con l’islamismo radicale? «Assolutamente no, è un tipo posato e gentile».
Che ormai la Somalia sia piena di giovani emigrati che rientrano in patria per combattere la guerra santa è chiarissimo. Molti sono gli americani, soprattutto del Minnesota, altri arrivano dal Canada e altri ancora dall’Europa. Proprio venerdì è stato dato l’annuncio che il kamikaze che il 3 dicembre si è fatto saltare all’hotel Shamu, alla cerimonia di laurea di un gruppo di studenti, provocando almeno 22 morti tra cui tre ministri, proveniva dalla Danimarca.
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