lunedi` 12 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.12.2009 Guerra santa in Somalia, ci sono anche italiani
L'articolo di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 dicembre 2009
Pagina: 19
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Somalia, arrestato un islamico. Aveva il passaporto italiano»

Guido Olimpio, inviato a Nairobi dal CORRIERE della SERA, pubblica oggi, 13/12/2009, un articolo a pag.19, dal titolo " Somalia, arrestato un islamico. Aveva il passaporto italiano ". Si gradirebbe il parere di chi ancora non  vede il pericolo che circonda i fondamentalisti islamici nel nostro paese.
Ecco l'articolo:


soldati somali shebab

NAIROBI — Diciannove anni, studen­te a Padova, una vita sicura in Occiden­te, ha piantato tutto per unirsi alla lotta armata islamica. È tornato in Somalia e si è arruolato tra gli Shebab, gli insorti radicali antigovernativi che combatto­no contro il governo federale di transi­zione. Ieri però Asad Shami Sharif Ab­dallah, assieme ad altri compagni, ha deciso di arrendersi e si è consegnato ai lealisti: «Non intendo fare il kamikaze — ha detto agli uomini che l’hanno ar­restato —. In questo inferno mi ci ha mandato mio padre. Voleva che com­battessi la jihad, la guerra santa. Ma a me tutto ciò non interessa». Con altri compagni di lotta è uscito allo scoper­to, disarmato, mani in alto e bandiera bianca. Durante l’interrogatorio parla­va italiano e così, davanti a uno dei con­siglieri del presidente Shek Sharif Shek Ahmed, ha rivelato la sua storia.

«Ha raccontato di essere nato a Mo­gadiscio, ma di essere stato portato in Italia quando aveva quattro anni — rife­risce dalla capitale somala al Corriere una fonte della presidenza della repub­blica che vuole restare anonima per pa­ura di ritorsioni —. Abitava a Padova dove vive ancora suo padre, Shami Sha­rif Abdallah, con la seconda moglie e un fratello. Il giovane, designato dal ge­nitore aspirante kamikaze, era rientrato in Somalia tre anni fa, quando aveva 16 anni. Per ora non sappiamo molto di più, salvo che il reclutamento è avvenu­to in Italia».

Secondo la stessa fonte Asad dovreb­be avere il passaporto italiano, che però non gli è stato trovato in tasca. «Il pa­dre l’ha accompagnato fino a Dubai fa­cendogli un accurato lavaggio del cer­vello. Ha spiegato al giovane che era do­vere di ogni buon musulmano parteci­pare alla guerra santa e che quindi avrebbe dovuto tornare in patria per combattere contro gli infedeli, cioè gli etiopi che in quel momento occupava­no l’ex colonia italiana».

Una volta arrivato a Mogadiscio il ra­gazzo è stato accolto all’aeroporto e pre­so in custodia da tre persone che l’han­no portato a Chisimaio, il centro del­l’islamismo
radicale somalo. Ha segui­to un corso d’addestramento e comin­ciato a combattere, a Brava, a Merca e poi nella stessa capitale. «Si è arreso perché non voleva più continuare con questa vita — riferiscono dal palazzo presidenziale somalo —. Ammazzare o venire ammazzati senza un vero moti­vo ».

Da Padova, contattato al telefono, il padre del ragazzo, quando apprende la notizia dell’arresto del figlio, sembra rimanere attonito. «Gli ho parlato un paio di settimane fa — spiega — e non mi sembrava fosse cadu­to nelle braccia degli she­bab. Lui è parente da parte di madre del presidente del­la Repubblica Shek Sharif Shek Ahmed, sarà rilasciato presto».

Mentre da Mogadiscio vie­ne smentito qualunque lega­me di parentela, il padre giu­stifica la partenza del figlio tre anni fa: «È stata la madre che vive nella capitale a chie­dermi di riportare Asad a ca­sa. Lì sta bene: oltre alla mamma, ci sono fratelli e so­relle e poi gli zii». Contatti del figlio con l’islamismo ra­dicale? «Assolutamente no, è un tipo posato e gentile».

Che ormai la Somalia sia piena di gio­vani emigrati che rientrano in patria per combattere la guerra santa è chiaris­simo. Molti sono gli americani, soprat­tutto del Minnesota, altri arrivano dal Canada e altri ancora dall’Europa. Pro­prio venerdì è stato dato l’annuncio che il kamikaze che il 3 dicembre si è fatto saltare all’hotel Shamu, alla ceri­monia di laurea di un gruppo di studen­ti, provocando almeno 22 morti tra cui tre ministri, proveniva dalla Danimar­ca.

Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT