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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.12.2009 Tony Blair: l'invasione dell'Iraq era legittima
Ne ha impiegato di tempo per dirlo

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 dicembre 2009
Pagina: 18
Autore: Fabio Cavalera
Titolo: «Blair: l'invasione dell'Iraq legittima anche senza prove»

" L'invasione dell'Iraq era legittima ", la dichiarazione di Tony Blair è su tutti i quotidiani oggi, 13/12/2009, e fa sensazione solo perchè è arrivata con un ritardo così lungo. L'avesse dichiarato subito, come aveva fatto Bush, si sarebbero evitate tante speculazioni. Aveva Saddam le armi di distruzione di massa ? Adesso pure Blair lo nega, anche se sostiene che bisognava toglierlo di mezzo. Ma se provassimo a chiederlo ai curdi iracheni, gasati in massa da Saddam, di dubbi non ce ne sarebbero mai stati. Che cos'è infatti l'uso dei gas ? Non sono un'arma di distruzione di massa ? Riprendiamo dal CORRIERE della SERA l'articolo di Fabio Cavalera, a pag. 18, dal titolo " Blair: l'invasione dell'Iraq legittima anche senza prove ":
Ecco l'articolo:

LONDRA — Con o senza le armi di distruzione di massa è stato comunque giusto an­dare in Iraq, fare la guerra e rimuovere Saddam Hussein. Tony Blair non ha dubbi e, da­vanti alle telecamere della Bbc , rivela le ragioni che lo convinsero ad appoggiare la scelta di marciare su Bagdad. Non fu tanto la certezza che il dittatore possedesse un arse­nale bellico «proibito» quan­to l’idea che i suoi obiettivi e le sue strategie mettessero in pericolo i delicati equilibri della regione. Abbatterlo fu, di conseguenza, l’opzione cor­retta.

Le parole dell’ex pre­mier britannico arrivano a sorpresa nel bel mezzo delle audizioni che la commissio­ne d’inchiesta presieduta da Sir John Chilcot ha avviato per chiarire le origini dell’in­vasione, le metodologie di at­tacco e i piani per la ricostru­zione. Tony Blair aveva finora taciuto rifiutando di spiegare il percorso seguito per spedi­re le sue truppe in Iraq.

Probabilmente il silenzio non sarebbe stato rotto se il quadro emerso dalle prime te­stimonianze, rese dai diplo­matici e dai responsabili dei servizi segreti davanti ai cin­que membri della commissio­ne
Chilcot, non avesse già aperto uno squarcio di verità sui contatti fra Londra e Washington, avvenuti nei me­si che anticiparono la guerra, e sui tempi nei quali maturò la volontà di procedere nono­stante le mediazioni proposte dall’Onu. Uno dei punti attor­no ai quali si è sempre dibat­tuto è il dossier del 24 settem­bre 2002 col quale Tony Blair informò il Parlamento della presenza di armi di distruzio­ne di massa e della fondata possibilità che Saddam Hus­sein riuscisse ad attivarle in 45 minuti. Era un’ipotesi fon­data o era una copertura per legittimare l’intervento an­glo- americano? L’ex numero uno di Downing Street aggira l’interrogativo e spiega che non fu quello il pensiero pre­valente, sebbene dalla memo­ria non fossero state cancella­te le bombe chimiche scarica­te da Hussein sulla popolazio­ne curda nel 1988, piuttosto «l’idea dominante era che Saddam rappresentava una minaccia per la regione».

Una prospettiva nuova, al­meno nelle parole ufficiali pronunciate da uno dei due strateghi dell’attacco: era, in definitiva, secondario che Saddam Hussein nascondes­se un arsenale, era invece pre­dominante la valutazione che
i disegni del dittatore e le po­tenzialità distruttive mirasse­ro a stravolgere gli assetti del­l’area. Per tale motivo, anche qualora fosse divenuta certa l’assenza di pericolosi deposi­ti bellici in territorio irache­no, Tony Blair avrebbe in ogni caso condiviso l’opera­zione: «Avrei continuato a pensare che fosse giusto rove­sciarlo, ovviamente avrem­mo impiegato argomentazio­ni differenti quanto alla natu­ra della minaccia».

Nessuna rilettura della sto­ria di questi anni. «Capisco i sentimenti della gente che era, ed è, contro la guerra per valide ragioni ma io, alla fine, dovevo prendere una decisio­ne. Non posso pensare che og­gi staremmo meglio se Sad­dam Hussein e i suoi due figli fossero ancora al potere».

L’intervista dà agli eventi dell’Iraq una cornice parzial­mente diversa: sgomberata la scena dalla bugia sulla presen­za di armi di distruzione di massa, per Tony Blair, la guer­ra fu giusta e necessaria per eliminare i rischi derivanti dalle mire egemoniche del raìs. Restano aperte alcune questioni: Quando fu proget­tata l’invasione? Si esploraro­no tutte le possibili sanzioni alternative? In gennaio Tony Blair parlerà davanti alla com­missione d’indagine e dovrà
dare altre risposte.

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lettere@corriere.it

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