Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Gli Usa scatenano l'offensiva su due fronti: Afghanistan e Pakistan Con un'analisi di Maurizio Molinari
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Maurizio Molinari - La redazione del Foglio Titolo: «E Obama scatena l'offensiva - Così Obama autorizza (silenziosamente) la guerra in Pakistan»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 05/12/2009, a pag. 11, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " E Obama scatena l'offensiva ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Così Obama autorizza (silenziosamente) la guerra in Pakistan ". Ecco i due articoli:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " E Obama scatena l'offensiva "
Mille marines all’assalto dei taleban nella valle afghana di Now Zad e una pioggia di missili lanciati dai droni della Cia sui gruppi jihadisti che operano in Pakistan: a neanche 76 ore di distanza dal discorso di Barack Obama a West Point sull’invio dei rinforzi, il Pentagono intensifica gli attacchi. Si tratta di tasselli tattici del piano strategico redatto dai generali David Petraeus e Stanley McChrystal, e approvato dalla Casa Bianca. L’obiettivo in queste ore è «far capire al nemico che è cominciata una nuova fase della guerra» come spiega una fonte militare da Kabul. Da qui l’operazione «Rabbia del Cobra», scattata all’alba quando i marines si sono riversati nella valle di Now Zad, nella provincia meridionale dell’Helmand, sostenuti da elicotteri d’attacco, aerei Ospreys per la raccolta d’intelligence e ingenti mezzi adatti all’identificazione di mine e ordigni. Il III battaglione della IV compagnia di marines ha rovesciato un diluvio di fuoco sulle linee dei taleban, con l’obiettivo di prendere possesso di un esteso campo minato creato negli ultimi anni a ridosso degli avamposti alleati per proteggere le rotte del traffico di armi, droga e rifornimenti verso Kandahar. I marines hanno ribattezzato quest’area «Ied Alley» (il viale delle mine) e ieri sera erano stati identificati e disinnescati oltre 300 ordigni esplosivi. Le vittime taleban, secondo fonti militari Usa, non sarebbero numerose perché i circa cento guerriglieri che sorvegliavano la «Ied Alley» si sono dati alla fuga ma ciò che conta per McChrystal è iniziare a smantellare le protezioni create dai mujaheddin a difesa della rotta terrestre che collega l’Helmand al Pakistan passando attraverso Kandahar. È infatti questa «dorsale del terrore» fra Afghanistan e Pakistan che consente ai taleban di muoversi attraverso il confine, evadendo la caccia da parte delle forze Nato come di quelle di Islamabad. Contemporaneamente alla «Rabbia del Cobra» sul lato pakistano della frontiera la Casa Bianca ha ordinato di intensificare gli attacchi dei droni della Cia armati di missili. È stato il «New York Times» a dare notizia della direttiva di Obama, che sin dai primi giorni di presidenza ha dimostrato di voler ricorrere agli aerei senza pilota in misura maggiore rispetto al predecessore: se Bush autorizzò nel 2008 circa 20 attacchi, Obama finora ne ha lanciati almeno 70 riuscendo ad eliminare leader taleban come Baithullah Meshud, considerato il mandante dell’omicidio dell’ex premier pakistana Benazir Bhutto. Paul Gimigliano, portavoce della Cia, difende l’uso dei droni senza ammetterlo: «Non facciamo commenti sulle operazioni dei Predator ma tutti gli strumenti che adoperiamo contro Al Qaeda ed i suoi violenti alleati sono accurati ed efficaci». Aumentando gli attacchi con i droni la Casa Bianca punta a mettere i taleban pakistani sotto una pressione tale da impedirgli di garantire santuari e retrovie per i jihadisti afghani. La strategia della morsa sui due fronti è stata discussa da Obama con Robert Gates, il ministro della Difesa uscito rafforzato dalla decisione di inviare oltre 30 mila rinforzi perché era stato lui a caldeggiarla a metà settembre. In calo invece il profilo di Joe Biden, il vicepresidente che si era opposto al massiccio invio di truppe diventando il portavoce dell’ala liberal dei democratici. Ed è proprio dalle critiche di sinistra che Obama deve guardarsi: il senatore Russ Feingold del Wisconsin minaccia di votare contro i fondi ai rinforzi mentre il politologo Peter Singer della «Brookings Institution» ritiene che «l’uso indiscriminato dei droni solleverà dubbi morali e politici nel mondo».
Il FOGLIO - " Così Obama autorizza (silenziosamente) la guerra in Pakistan "
Asif Zardari, presidente del Pakistan
New York. Barack Obama ha autorizzato una terza guerra, oltre alla prima quasi terminata in Iraq e alla seconda in via di espansione in Afghanistan. Si tratta di una guerra coperta, ma non affatto segreta, condotta dalla Cia e dall’intelligence militare con l’uso di missili lanciati dai droni, gli aerei senza pilota teleguidati dalle basi americane in Nevada e a Langley. Nel suo discorso di martedì a West Point, il presidente americano ha sottolineato l’importanza del Pakistan nella strategia per sconfiggere il terrorismo, ma non ha fornito dettagli di nessun tipo perché le operazioni belliche in territorio pachistano sono riservate. Eppure, ha scritto il New York Times citando fonti dell’Amministrazione, Obama ha silenziosamente autorizzato un’escalation militare anche in Pakistan, malgrado ancora non abbia ricevuto il benestare del sospettoso, preoccupato e spesso ambiguo governo di Islamabad. Gli aerei americani colpiscono le zone pachistane al confine con l’Afghanistan già dalla fine del secondo mandato di George W. Bush, ma in questi primi dieci mesi di presidenza Obama gli attacchi si sono intensificati e, stando alle notizie raccolte dai giornali pachistani e solo saltuariamente riportate sui media occidentali, i missili lanciati sono stati già 48 da quando il nuovo presidente si è insediato alla Casa Bianca. La notizia di questi giorni, confermata da diversi funzionari del Pentagono e della Cia, è che Obama abbia autorizzato un’ulteriore espansione delle operazioni militari in Pakistan, in parallelo alla decisione di inviare 30 mila nuovi soldati in Afghanistan (ieri s’è scoperto che, in realtà, potrebbero essere 33 mila i rinforzi inviati dal Pentagono). La Casa Bianca considera Pakistan e Afghanistan due fronti della stessa guerra, da cui l’acronimo Af-Pak con cui la nuova Amministrazione individua la regione e il teatro di guerra. I leader talebani e i loro alleati di al Qaida, cacciati da Kabul in seguito all’invasione americana del 2001, si sono rifugiati in Waziristan e nel Baluchistan. Finora gli americani hanno colpito con i droni soltanto i villaggi delle zone tribali del Waziristan, ma la nuova strategia adottata da Obama prevede l’estensione degli obiettivi militari anche al Baluchistan, nella cui enclave pashtun pare si nascondano il mullah Omar e gli altri leader talebani. Qualche analista suggerisce, e forse preannuncia, anche operazioni mirate di soldati americani in territorio pachistano. La nuova strategia Af-Pak, sia quella annunciata a West Point sia quella riservata alle azioni coperte della Cia, prevede l’accerchiamento dei talebani. Gli americani, grazie ai rinforzi, potranno essere più letali al confine tra l’Afghanistan e il Pakistan, non concedendo poi tregua ai nemici grazie all’intensificazione della campagna missilistica sui loro rifugi in Pakistan. L’esercito pachistano, dall’altra parte del confine, dovrebbe rafforzare le attività antiterrorismo, provando a togliere spazio e respiro agli storici alleati talebani. Sebbene Islamabad negli ultimi tempi abbia effettuato diverse operazioni militari nella zona, soprattutto per evitare che la ritirata talebana faccia fisicamente avvicinare il pericolo verso il centro del paese, il governo non ha ancora dato il suo benestare a Washington. Obama ha inviato una lettera al presidente pachistano Asif Zardari, recapitata personalmente dal consigliere per la Sicurezza nazionale James Jones, ma non ha ancora ricevuto risposta da un capo di stato che, in patria, è accusato di essere troppo amico degli americani e che si trova spesso in contrasto con l’esercito e i servizi segreti. La scelta di fissare una data ravvicinata per l’avvio del disimpegno americano dalla regione, secondo fonti di Islamabad citate dal New York Times, non incentiva i pachistani a rompere del tutto i rapporti con gli antichi alleati talebani. Ma, ieri, il segretario alla Difesa, Bob Gates, in un’audizione al Congresso di Washington ha specificato che “non esiste nessuna scadenza per il ritiro di tutte le nostre truppe”.
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