Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Paesi arabi contro la Svizzera per il referendum sui minareti Cronaca di Simona Verrazzo e dichiarazioni di Jean Ziegler, portavoce svizzero di Gheddafi
Testata:Corriere della Sera - Libero Autore: Maria Serena Natale - Simona Verrazzo Titolo: «Boicottaggio arabo. La Svizzera teme per la sua neutralità - Tripoli si vendica della Svizzera. No a nuovi campanili in Libia»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/12/2009, a pag. 17, l'articolo di Maria Serena Natale dal titolo " Boicottaggio arabo. La Svizzera teme per la sua neutralità " preceduto dal nostro commento. Da LIBERO, a pag. 17, l'articolo di Simona Verrazzo dal titolo " Tripoli si vendica della Svizzera. No a nuovi campanili in Libia ". Invitiamo a leggere l'analisi di Mordechai Kedar, pubblicata in altra pagina della rassegna. Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Maria Serena Natale : " Boicottaggio arabo. La Svizzera teme per la sua neutralità "
Nell'articolo vengono riportate le dichiarazioni di Jean Ziegler riguardo il referendum e le sue conseguenze. Ziegler, ricordiamo ai lettori, è fondatore del “premio Muhammar Gheddafi per i diritti umani”, è intimo di Castro e del defunto Kim Il Sung e come “esperto” per la fame nel mondo delle Nazioni Unite, negli scorsi otto anni ha semplicemente ignorato le più grandi crisi umanitarie del settore, compresa quella del Darfur, dedicandosi invece a tempo pieno alle polemiche contro l’occidente. Ziegler sostiene che : " Questo referendum ha messo il Paese su una china molto pericolosa(...) Il punto è che la Svizzera non ha un’identità nazionale. Il tratto ricorrente nella sua storia è la violenza espressa oggi dal capitalismo sfrenato, incarnata in passato dagli stessi Zwingli e Calvino, talebaniante litteram : lo spagnolo Michele Serveto fu messo al rogo nel 1553 a Ginevra per eresia. Una violenza che torna in momenti di difficoltà come questo, segnato dall’aumento dell’immigrazione, dal trauma della fine del segreto bancario, dalla crisi economica e finanziaria ". Non vediamo dove sia la violenza nell'esprimere un'opinione contraria alla costruzione di nuovi minareti. Violenza sarebbe stato abbattere quelli già esistenti, radere al suolo le moschee, espellere la popolazione musulmana dalla Svizzera, prassi abituale dei regimi arabi, Gheddafi compreso. Dalla Libia vennero espulsi un milione di ebrei. Ziegler ritiene che a causare la vittoria del referendum sia la crisi economica e finzanziaria. In realtà, ciò che ha portato al referendum e alla vittoria dei contrari ai minareti è stato il clima eurarabo che caratterizza l'Europa negli ultimi anni. La Svizzera si è dissociata, pronunciandosi contraria all'islamizzazione della sua società. Se un referendum come quello svizzero venisse fatto in altri paesi europei, ci troveremmo di fronte a delle grosse sorprese. Ecco l'articolo:
Jean Ziegler
Il Paese della precisione millimetrica ha perso il controllo. «Sotto choc» è l’espressione più usata nel dibattito di questi giorni sul referendum che ha vietato la costruzione di nuovi minareti sul territorio della Confederazione elvetica.
Domenica scorsa il 57,5% dei votanti ha detto sì all’introduzione del divieto costituzionale di costruire le torri dei muezzin indicate dalla destra populista come i simboli dell’ «islamizzazione strisciante». Un coro di proteste si è levato dal mondo politico europeo, dalle organizzazioni per i diritti umani, dai vertici della Chiesa cattolica, dalla Lega araba e dalle comunità musulmane di tutto il mondo. Il governo ha lanciato l’allarme e commissionato all’esercito analisi sul livello di sicurezza nei Balcani, dove sono schierati in missioni di peacekeeping i soldati della Confederazione e da dove proviene la maggior parte dei circa 400 mila musulmani svizzeri. La culla della neutralità si ritrova potenziale bersaglio dei fondamentalisti, accusata di aver perso l’anima tollerante che l’ha resa nei secoli meta di esuli e perseguitati, indebolita nel ruolo di mediatrice internazionale ed esposta al rischio di rappresaglie diplomatiche, commerciali e finanziarie. Da Siria, Turchia e Libia arrivano appelli a ritirare i fondi dalle banche e a boicottare i prodotti elvetici (nel 2008 il 7% del totale dell’export svizzero era diretto verso Paesi arabo-musulmani; industria farmaceutica, turismo, finanza e orologeria i settori chiave della cooperazione). Persino il regista turco-tedesco Fatih Akin ha annunciato che diserterà la proiezione del suo filmSoul Kitchen il 16 dicembre a Zurigo. La Libia ha chiesto il trasferimento delle Nazioni Unite dalle sedi svizzere. Proprio con Tripoli è in corso una grave crisi diplomatica aperta dal breve arresto del figlio di Gheddafi nel 2008 a Ginevra: per reazione i libici trattengono da oltre un anno due uomini d’affari svizzeri per problemi legati ai visti. Lunedì il 54enne Max Goldi e il 69enne Rachid Hamdani sono stati condannati a sedici mesi di reclusione sollevando in patria un’ondata d’indignazione. Ieri è stata fissata una nuova udienza per il 15 dicembre.
«Questa sindrome d’accerchiamento non farà che inasprire le posizioni, i populisti avranno buon gioco nel dimostrare che dall’esterno arrivano nuovi attacchi alla sovranità e alla libertà d’espressione del popolo svizzero — dice alCorriere il sociologo Jean Ziegler, professore a Ginevra e Parigi e studioso del capitalismo elvetico (a gennaio uscirà in Italia per Marco TropeaL’odio dell’Occidente ) —. I cristiano-democratici hanno già annunciato una nuova iniziativa contro i cimiteri ebraici e musulmani. Questo referendum ha messo il Paese su una china molto pericolosa » . Ma cosa c’è al fondo dell’enigma svizzero, la scissione fissata da Max Frisch e Friedrich Dürrenmatt, il rigore razionalista di Giovanni Calvino e Ulrico Zwingli, il conflitto mai risolto tra Stato e Chiesa, la ferocia igienica di un sistema bancario che ha custodito per anni i segreti del mondo? «Il punto è che la Svizzera non ha un’identità nazionale — riprende Ziegler —. Il tratto ricorrente nella sua storia è la violenza espressa oggi dal capitalismo sfrenato, incarnata in passato dagli stessi Zwingli e Calvino, talebaniante litteram : lo spagnolo Michele Serveto fu messo al rogo nel 1553 a Ginevra per eresia. Una violenza che torna in momenti di difficoltà come questo, segnato dall’aumento dell’immigrazione, dal trauma della fine del segreto bancario, dalla crisi economica e finanziaria » .
LIBERO - Simona Verrazzo : " Tripoli si vendica della Svizzera. No a nuovi campanili in Libia"
Ennesimo affondo della Libia contro la Svizzera. Tirando ancora in ballo il risultato del voto del referendum sui minareti, Tripoli ha sferrato una nuova raffica di accuse a Berna. «Impediremo la costruzione di nuovi campanili», questo il titolo belligerante di Jamahiriya, il principale quotidiano del paese. «Chiunque odia i musulmani e l’Islam - si legge - non potrà più godere della nostra ricchezza, non potrà più introdurre container con le proprie merci, non andrà più in macchina sfruttando il nostro petrolio». E qui la Libia torna a mostrare i muscoli con la Svizzera, dopo che in passato aveva bloccato temporaneamente le forniture di petrolio verso Berna in seguito alla crisi diplomatica seguita all’arresto nel luglio 2008 di Hannibal Gheddafi, il più giovane dei figli del leader Muammar Gheddafi, accusato di percosse e lesioni personali. L’attacco libico contro icampanili è mirato, ma bisognerà vedere se verrà messo in atto. I cristiani rappresentano l’1 per cento della popolazione (tra cattolici e copti) e con la Santa Sede dal 1997 vi sono relazioni diplomatiche. Nel paese ci sono due vicariati apostolici, a Bengasi e a Tripoli. La sfida vera è contro Berna. Ieri Tripoli ha chiesto ufficialmente il trasferimento fuori dalla Svizzera delle sedi delle Nazioni Unite. La segreteria generale del Comando popolare islamico internazionale, ente presieduto dallo stesso Gheddafi, ha definito il divieto «un provvedimento razzista» verso i musulmani. La Svizzera, in virtù della sua neutralità, ospita i quartier generali di numerose organizzazioni internazionali. In particolare, a Ginevra si trovano le sedi sia dell’Alto commissariato per i rifugiati e sia del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, quelle della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa e anche dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto). La tensione diplomatica è altissima, soprattutto dopo la decisione della Svizzera di non invitare la Libia al Forum economico mondiale (Wef) che come ogni annosi terrà a gennaio a Davos, nel Cantone dei Grigioni. Il portavoce della kermesse, Matthias Lüfkens, ha detto che la posizione elvetica rimarrà tale sino a che le relazioni del paese con Berna non saranno “normaliz - zate”. Una presa di posizione molto forte, una nuova umiliazione per Gheddafi. Che siauna cosa degna di nota lo spiega anche Lüfkens, che ha riconosciuto che la “decisione di non invitare un paese è del tutto eccezionale”, ricordando che nelle due passate edizioni del Forum Tripoli era presente proprio con i figli del leader libico.
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