Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Le nuove centrali dell’Iran. Una sconfitta per Barack Analisi di Carlo Panella, Michael Sfaradi
Testata:Libero - L'Opinione - La Stampa Autore: Carlo Panella - Michael Sfaradi - La redazione della Stampa Titolo: «Le nuove centrali dell’Iran. Una sconfitta per Barack - Cinque velisti britannici arrestati dagli iraniani»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 01/12/2009, a pag. 23, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Le nuove centrali dell’Iran. Una sconfitta per Barack ". Dall'OPINIONE, a pag. 11, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " Iran, 10 nuove centrali ". Dalla STAMPA, a pag. 19, la breve dal titolo " Cinque velisti britannici arrestati dagli iraniani ". Anche REPUBBLICA dedica all'Iran e alle centrali nucleari un articolo, firmato da Angelo Aquaro, il quale scrive : " L´impianto ( diBushehr) - per tanto tempo osteggiato dagli Usa, che poi hanno dato il via libera proprio per non offrire alibi a Teheran - è naturalmente stato realizzato per un uso pacifico: ma certo la tempistica dell´annuncio non aiuta a distendere il clima ". Bushehr impianto pacifico?!? Il programma nucleare iraniano non ha scopi pacifici, ma bellici. Non vediamo per quale motivo uno degli impianti dovrebbe avere una funzione diversa. Ecco gli articoli:
LIBERO - Carlo Panella : "Le nuove centrali dell’Iran. Una sconfitta per Barack"
Forte dell’incredibile spazio di manovra e dalla immeritata credibilità negoziale offertigli da Barack Obama, l’Iran di Ahmadinejad reagisce con insulti alla decisione dell’Aiea di prendere atto di essere stata ingannata da Teheran e rilancia dichiarando che aprirà 10 nuovi centri per l’arricchimento dell’uranio. La scorsa settimana, l’Aiea aveva adottato una risoluzione in cui - con un ritardo di due mesi - formalizzava l’evidenza: più elementi dimostrano la natura militare dei programmi nucleari dell’Iran, che si rifiuta di fornire prova di non arricchire l’uranio per scopi militari, così come rifiuta le ispezioni dell’Onu. A questa dovuta presa d’atto dell’Onu, il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki, ha reagito con parole insultanti: «La risoluzione dell’Aiea contro l’Iran non è logica. Questo è un atto di bullismo, oggi lo chiamiamo legge della giungla».
Le reazioni
Da parte sua, Ahmadinejad ha convocato una riunione del governo che ha deciso di dare al paese l’obiettivo di una produzione di 250-300 tonnellate di combustibile nucleare l’anno, aumentando di ben dieci unità i siti per l’arricchimento e portando quest’ultimo dal 4 al 20%. Contemporaneamente, il Majlis, il parlamento iraniano ha risposto alla condanna dell’Aiea chiedendo al governo di mettere a punto un piano per ridurre la cooperazione con l’agenzia nucleare di Vienna in reazione allo «sconsiderato comportamento delle potenze occidentali». Naturalmente, Barack Obama non ha reagito, il Dipartimento di Stato si è limitato a prendere atto laconicamente di questa «nuova violazione dei trattati», mentre il ministro degli esteri francese ha definito «infantili e ridicole» le minacce iraniane, aggiungendo: «Che l’Iran continui a ignorare le richiesta di una grande agenzia indipendente come l’Aiea è molto pericoloso», dando quantomeno prova di carattere e di non essere prigioniero della sindrome del dialogo. Invece il portavoce di Gordon Brown, pur prospettando nuove sanzioni, ha dimostrato una volta di più i danni di questa sindrome: «La priorità è sempre quella di rilanciare i negoziati di lavoro, è veramente importante mantenere i colloqui in corso perché questo è il modo migliore per effettuare il cambiamento necessario».
Il fallimento
Offerta di dialogo che naturalmente l’Iran continua a raccogliere, con il presidente del parlamento Larijani che la rilancia, nella certezza che servirà solo per prendere altro tempo, tanto che ha subito minacciato: «Se però ci saranno trucchi o inganni politici a quel punto l’Iran cambierà sicuramente il suo approccio. Sta all’Occidente decidere da che parte andare».
Un panorama disarmante che conferma il fallimento totale della “svolta dialogante” nelle relazioni con l’Iran impressa - in aperta polemica con George W. Bush - da Obama, che per di più ora si trova privo di alternative. Le “dure sanzioni” ora minacciate dall’Onu non sono infatti credibili (perché la Russia e soprattutto la Cina sono pronte ad aggirarle), mentre la minaccia militare che sempre Bush aveva prospettato è stata pienamente disinnescata dal nuovo presidente Usa. L’Iran sa bene che se continuerà il suo cammino verso l’atomica, l’Occidente, per responsabilità di Obama, si è privato della possibilità di contrastarlo e deve temere solo l’intervento militare di Israele, costretta una volta di più - come già fece con l’atomica di Saddam Hussein nel 1981- a salvare l’incolumità delle democrazie da un nemico aggressivo, pagando però il prezzo del suo isolamento internazionale ad opera di un Occidente ignavo e irresponsabile.
L'OPINIONE - Michael Sfaradi : " Iran, 10 nuove centrali "
Ahmadinejad
Nell’inchiesta "La via del cemento", pubblicata su Opinione Il giorno 25 11 2009, anche se con le dovute riserve del caso vista la delicatezza dell'argomento trattato, riportavamo alcune voci di corridoio che davano per scontato l'esistenza di altri siti nucleari e laboratori per l’arricchimento dell'uranio. Siti già approntati da diverso tempo dal governo di Teheran oltre i due già famosi di NATANZ e QOM all’insaputa sia all'agenzia per il controllo dell'energia nucleare A.I.E.A. sia alle grandi potenze occidentali. Sempre nella stessa inchiesta avevamo ipotizzato che l'eventuale esistenza di altre aree destinate al programma nucleare fosse tenuta segreta proprio per non aggiungere ulteriori difficoltà alle trattative, di per sé estremamente complicate, in corso a Vienna. Crediamo, e la notizia di sabato scorso che il governo iraniano ha annunciato la sua decisione di aprire altri dieci siti preposti al programma nucleare della Repubblica islamica rafforza la nostra convinzione, che i negoziatori occidentali abbiano solo negli ultimi giorni messo sul tavolo delle trattative il fatto che l'esistenza di altri siti non è più un segreto. È facile immaginare, a questo punto, che annunciare questa decisione, per altro operativa da diverso tempo, non sia che un modo per non farsi trovare con "le mani nel sacco" com’è successo a proposito della centrale di QOM. Infatti, nonostante gli annunci che l'agenzia di stampa iraniana IRNA ha dato con tutta l'enfasi del caso, crediamo, se queste voci di corridoio dovessero essere confermate da prove certe, che i delegati iraniani alle trattative avranno l’ingrato compito di spiegare l’inspiegabile. Cioè l'avanzato stato di lavori di almeno tre siti sotterranei che si trovano non troppo lontani dalle due centrali principali; per la precisione di un laboratorio scavato dentro una montagna nella zona di KASHEH non lontano da NATANZ, di un altro laboratorio sotterraneo a SAVEH non lontano da QOM, e di un sito piuttosto sospetto che si trova nei pressi dalla cittadina di TAFT. Considerando che il tavolo di trattative è l'ultimo pretesto in mano alle nazioni occidentali prima che si vedano costrette a delle serie prese di posizione nei confronti della Repubblica islamica, gli scenari per il prossimo futuro diventano sempre più inquietanti. C'è da considerare inoltre la pericolosità della controparte che ha dalla sua, nel momento in cui si dovesse trovare con le spalle al muro, la possibilità di scatenare, per mezzo di Hetzbollah in Libano e di Hamas a Gaza, già preventivamente ben armati e ben addestrati, una guerra di una violenza tale da spostare l'attenzione del mondo e continuare, in un clima di "calma relativa", il suo percorso verso la bomba nucleare. Il continuo tira-molla sulla possibilità della raffinazione dell'uranio fuori dal territorio dell'Iran, con la Russia e la Cina a fare da "spalla" a Teheran che continua indisturbata a trattare all'infinito, riduce la possibilità che le trattative possano raggiungere una soluzione soddisfacente per le parti in causa sono, oggettivamente, ridotte a un lumicino. A questo punto, visto lo stato delle cose, rimane da augurarsi che le potenze occidentali abbandonino la politica di basso profilo fin qui tenuta, e che trovino il modo per costringere Ahmedinejad e i suoi a più miti consigli.
La STAMPA - " Cinque velisti britannici arrestati dagli iraniani "
David Miliband
La marina iraniana ha arrestato cinque britannici che si trovavano su una barca a vela, in viaggio tra il Bahrein e Dubai, quando sono stati intercettati dagli iraniani. L’incidente è stato annunciato dal Foreign Office a Londra, ma è accaduto il 25 novembre scorso, e i cinque si troverebbero ora in Iran. I cinque erano a bordo del loro yacht da gara che stavano portando dal Bahrein a Dubai, per partecipare alla regata Muscat-Offshore, secondo quanto annunciato dal ministero degli Esteri di Sua Maestà. Fonti governative hanno indicato che lo yacht potrebbe essere finito inavvertitamente nelle acque iraniane, provocando così l’intervento della marina di Teheran. Lo yacht è di proprietà della società Sail Bahrain. «Funzionari del nostro ministero - ha detto il ministro degli Esteri David Miliband in un comunicato - si sono immediatamente messi in contatto con le autorità iraniane, per avere chiarimenti e tentare di risolvere la vicenda in tempi rapidi». I cinque velisti sarebbero in buone condizioni di salute, ma si ignora il luogo dove si trovan attualmente.
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