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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.11.2009 Dieci nuove centrali nucleari in Iran
Ecco a che cosa hanno portato le trattative e i controlli dell'Aiea. Cronaca e analisi di Maurizio Molinari, Guido Olimpio

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Maurizio Molinari - Guido Olimpio
Titolo: «Nucleare, l'Iran sfida Obama - Il mastino atomico che piace agli Usa - Teheran e la diplomazia disarmata»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 30/11/2009, a pag. 11, due articoli di Maurizio Molinari titolati " Nucleare, l'Iran sfida Obama  " e " Il mastino atomico che piace agli Usa ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 5, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo  " Teheran e la diplomazia disarmata ". Ecco gli articoli:

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Nucleare, l'Iran sfida Obama "

 Ahmadinejad

Triplice sfida di Teheran alla comunità internazionale: decide dieci nuove centrali nucleari, minaccia di ridurre la collaborazione con l’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea) e approva aiuti per venti milioni di dollari a imprecisati «militanti» anti-americani e anti-britannici.
L’Iran ha recapitato i diversi messaggi in rapida successione nel corso delle ultime 36 ore aprendo la strada ad un’escalation di tensioni dagli esiti imprevedibili, tanto nella crisi nucleare che nella lotta di potere con Teheran. Il primo passo è arrivato con le dichiarazioni del presidente del Parlamento, Ali Larijani, in cui ha minacciato di «ridurre la cooperazione con l’Aiea»: 226 deputati su 290 deputati hanno chiesto al governo «passi concreti» in risposta al voto con cui il consiglio dell’Aiea venerdì ha chiesto a Teheran di bloccare il programma nucleare. Il linguaggio dei parlamentari paventa il rischio che Teheran abbandoni il Trattato contro la proliferazione e cessi di conseguenza ogni collaborazione con l’Aiea, obbligando gli ispettori ad andare via proprio come fatto in passato dalla Corea del Nord.
Poche ore dopo lo stesso Parlamento ha votato uno stanziamento di 20 milioni di dollari a favore di «gruppi di militanti che si oppongono all’Occidente» e per «appurare il ruolo di Gran Bretagna e Stati Uniti in complotti contro la Repubblica Islamica». I fondi sono stati assegnati alle Guardie della Rivoluzione e al ministero della Cultura ma il destinatario finale non è stato reso pubblico, anche se sono noti i finanziamenti iraniani a gruppi come Hezbollah, Hamas e Jihad islamica palestinese.
Il crescendo di messaggi ostili alla comunità internazionale è culminato con l’approvazione da parte del gabinetto di governo presieduto da Mahmud Ahmadinejad di una disposizione che ordina all’Agenzia atomica iraniana di «iniziare a costruire cinque impianti per l’arricchimento dell’uranio» in altrettanti siti che sono già stati identificati e di «proporre inoltre cinque nuove località» per dare inizio alle relative costruzioni «entro due mesi». È stata l’agenzia statale Irna a darne notizia, precisando che gli impianti avranno le stesse dimensioni di quello di Natanz, la cui esistenza venne svelata dal gruppi di opposizione nel 2002. Al momento Natanz è l’unico impianto di arricchimento funzionante e nel corso dell’ultimo anno ha processato circa 1500 kg di uranio ovvero una quantità sufficiente per realizzare una bomba atomica se dovesse essere arricchito a livelli più alti. «Costruiremo i nuovi impianti dentro le montagne al fine di proteggerli dal rischio di attacchi», ha commentato il vicepresidente Ali Akbar Salehi.
L’Aiea da Vienna ha evitato commenti mentre a reagire è stata la Casa Bianca, con il portavoce Robert Gibbs, che ha parlato di «una nuova seria violazione degli obblighi iraniani stabiliti da molteplici risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu», costituendo «un nuovo esempio di come l’Iran stia scegliendo di isolarsi». Da qui il rinnovato monito sulle possibili «conseguenze» in arrivo ricorrendo ad una terminologia già adoperata da Barack Obama: «Il tempo per l’Iran sta scadendo». Sebbene l’amministrazione Usa ancora non adoperi il termine «sanzioni» i contatti con Russia, Cina e Paesi europei si intensificano per concordare le misure che potrebbero essere varate «entro la fine di dicembre» come Obama preannunciò prima al summit del G8 all’Aquila e poi al G20 di Pittsburgh

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Il mastino atomico che piace agli Usa "

 Yukiya Amano

Vengo dalla nazione che è passata attraverso Hiroshima e Nagasaki». Si presenta così Yukiya Amano, il diplomatico giapponese che diventa oggi direttore dell’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea) con il delicato compito di gestire il dossier iraniano.
La sua designazione al posto dell’egiziano Mohammed El Baradei - dimissionario dopo 12 anni di guida ininterrotta - non è stata indolore. In luglio sono state necessarie sei votazioni per farlo prevalere sul sudafricano Abdul Samad Minty con un braccio di ferro che ha visto opporre i Paesi occidentali a quelli del Terzo Mondo. Lo scontro è stato duro anche perché negli ultimi anni Washington - prima con George W. Bush e poi con Barack H. Obama - aveva maturato un giudizio negativo sulla capacità di El Baradei di fermare le proliferazione iraniana e temeva dunque il rischio di un successore che non fosse all’altezza di gestire una crisi che si è aggravata.
Sulla carta Amano corrisponde al profilo auspicato dagli occidentali - e anche da Mosca - perché si tratta di un veterano del ministero degli Esteri di Tokyo, formatosi nell’accademia francese e poi con missioni nelle sedi a Washington e in Vietnam prima di essere nominato ambasciatore del suo Paese all’Aiea a Vienna. Da quando la sua nomina è stata approvata, Amano ha fatto trapelare sulla stampa le proprie idee, prima affermando la necessità di «trattare l’Iran con rispetto» e poi dicendosi «in sintonia con l’approccio di Barack Obama» tanto al caso-Teheran quanto, più in generale, alla necessità di «fermare la proliferazione nucleare».
Ma ciò che più conta per la Casa Bianca è il fatto di sentirsi un interprete del radicato rifiuto nipponico per le armi atomiche frutto del ricordo delle bombe che colpirono Hiroshima e Nagasaki nel 1945 ponendo fine alla Seconda Guerra Mondiale. All’epoca Amano non era ancora nato - ha 62 anni d’età - ma il fatto di essere tornato a sottolineare quest’«impronta personale» in coincidenza con il recente viaggio di Obama in Giappone - quando promise di andare a visitare le due città - ha consolidato negli ambienti del Palazzo di Vetro l’impressione che possa rivelarsi un importante alleato di Washington nei prossimi mesi.
Per Gary Samore, esperto di nucleare al «Council on Foreign Relations» e consigliere di Obama, sono due gli appuntamenti che Amano ha di fronte: il vertice di primavera a Washington contro la proliferazione e la necessità di rivedere il Trattato contro la proliferazione per scongiurare il ripetersi di crisi come quella iraniana. Un segnale relativo alle possibili innovazioni è arrivato con l’approvazione di un emendamento russo sulla creazione di una «banca internazionale del combustibile» per impedire ai Paesi a rischio di possedere uranio arricchito.
In attesa di tali, delicati, impegni, da oggi Amano dovrà vedersela con la minaccia degli ayatollah di abbandonare il Trattato di non proliferazione ovvero di chiedere all’Aiea di sospendere tutti i controlli, allontanando gli ispettori. In attesa di sapere quali saranno le mosse del successore di El Baradei, che duellò con l’amministrazione Bush sulle armi di distruzione in Iraq, ciò che emerge al momento è il rafforzamento della pattuglia di leader asiatici alla guida delle Nazioni Unite visto che Amano si va ad aggiungere al segretario generale Ban Ki moon, di origine coreana, affiancato da uno staff in maggioranza composto da diplomatici dell’Estremo Oriente.

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Teheran e la diplomazia disarmata "

WASHINGTON — Quella di Teheran è una doppia sfida. Non solo ignora le richieste di in­formazioni inviate dall’Aiea ma rilancia annun­ciando l’apertura di altri centri per l’arricchimen­to dell’uranio. Una linea che il regime ha adotta­to dopo aver illuso qualcuno con il timido nego­ziato di Ginevra. Tante promesse seguite dal nul­la.

Il presidente Ahmadinejad, con l’approvazio­ne della Guida Ali Khamenei, è convinto che il tempo giochi dalla sua parte e dunque ricorre alla tattica del rinvio. Teheran vuole perseguire il programma atomico — lo ha detto più volte — e arrivare al punto di non ritorno. Ossia avere la capacità di produrre la Bomba, senza necessa­riamente realizzar­la. In quel momen­to la comunità sarà messa davanti al fat­to compiuto e ci sa­rà ben poco da fare. L’Iran, infatti, ri­tiene che nonostan­te i moniti di Onu e Stati Uniti, la diplo­mazia internazionale sia disarmata. Certo, c’è il rischio di nuove sanzioni, ma il problema è che poi bisogna applicarle con severità. E Teheran, che ha una buona esperienza nel campo, pur te­mendole pensa di riuscire ad evaderle. Inoltre spera che la pressione esterna diventi un alleato per ricompattare almeno una parte del Paese.

Infine gli ayatollah ritengono che l’unico vero pericolo per i loro impianti — un possibile blitz israeliano — possa essere frenato dai timori de­gli occidentali. Nessuno ha voglia di una terza guerra, del prezzo del petrolio a mille e di scena­ri imprevedibili. I prossimi mesi diranno se l’Iran ha vinto la sua scommessa.

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