Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Barghouti : ' Potremo vivere da buoni vicini. Ma prima dovete andarvene ' Intervista di Francesco Battistini, analisi di Dimitri Buffa, Redazione del Foglio
Testata:Corriere della Sera - L'Opinione - Il Foglio Autore: Francesco Battistini - Dimitri Buffa - La redazione del Foglio Titolo: «Barghouti: Liberatemi in cambio di Shalit - Shalit: il miraggio dello scambio con Barghouti - Il tam tam sul rilascio di Gilad Shalit mostra le crepe tra i palestinesi»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 25/11/2009, a pag. 17, lìintervista di Francesco Battistini a Marwan Barghouti dal titolo "Barghouti: «Liberatemi in cambio di Shalit» "preceduto dal nostro commento. Dall'OPINIONE l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Shalit: il miraggio dello scambio con Barghouti". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Il tam tam sul rilascio di Gilad Shalit mostra le crepe tra i palestinesi ". Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : "Barghouti: «Liberatemi in cambio di Shalit» "
Marwan Barghouti
Nel corso dell'intervista Barghouti giustifica il rapimento di Gilad Shalit ( "Parte dei nostri prigionieri sarà finalmente rilasciata: quelli che con nessun negoziato s'era riusciti a tirar fuori di galera. Evidentemente non c'è altro modo, con Israele "). Barghouti accusa Israele di aver tentato di assassinarlo numerose volte e di averlo sequestrato ("Israele ha provato ad assassinarmi più volte, fallendo. Mi ha sequestrato e condannato a 54 anni di cella "). In realtà, Barghouti, terrorista assassino, è stato processato e condannato. Al momento si trova in un carcere israeliano dal quale, come dimostra l'intervista, può rilasciare dichiarazioni, ricevere visite. Tutti diritti non concessi ai prigionieri di Hamas. Per avere notizie di GIlad Shalit Israele ha dovuto scarcerare una ventina di detenute palestinesi, fra le quali anche alcune esponenti di Hamas, responsabili di attentati contro la popolazione israeliana. Numerosi tentativi di assassinarlo? Dopo 5 anni di galera israeliana, se veramente avessero voluto eliminarlo ce ne sarebbero state tutte le occasioni, mentre invece cella con televisore, internet, possibilità di parlare con giornalisti stranieri, visite frequenti dei suoi avvocati. Il tutto fa pensare più ad un hotel che ad un carcere. Barghouti sostiene che il peggiore errore di Abu Mazen sia stato quello di negoziare con Israele : " Alla pace non s'arriva solo coi negoziati. Ci vuole anche la resistenza popolare (...) L'intifada nasce come una volontà collettiva del popolo, quando la gente non ha scelta.(...) I palestinesi hanno fatto la più lunga rivoluzione della storia contemporanea. E la riprenderanno ".Caro Barghouti, vai a vederti su youtube le dichiarazioni dei tuoi compagni che dicevano che era tutto programmato e aspettavano l'ordine di Arafat. Secondo Barghouti, la politica errata di Abu Mazen ha portato a : "Più insediamenti, Gerusalemme sempre più ebraicizzata, case demolite, il Muro, centinaia di checkpoint, una guerra barbara a Gaza ". Quello che Barghouti definisce "muro" è una barriera difensiva, ideata con lo scopo di proteggere la popolazione israeliana dagli attentati terroristici palestinesi, tra i quali i suoi. Le case demolite erano abusive. Gerusalemme è la capitale di Israele. La "guerra barbara a Gaza" è stata provocata da Hamas, responsabile di lanci di razzi quotidiani contro la popolazione israeliana. Anche qui vada a vedersi le dichiarazioni dei suoi compagni della Striscia che individuano nei terroristi di Hamas i responsabili della loro situazione Barghouti continua : " Netanyahu rifiuta tutto: che razza d'interlocutore può essere? ". A rifiutare tutte le proposte non è Netanyahu, ma Abu Mazen. In ogni caso Barghouti si è detto contrario ai negoziati, perciò non è ben chiaro quali richieste vorrebbe fare a Netanyahu, il quale, per altro, rifiuta solo la distruzione dello Stato ebraico. La frase finale dell'intervista esemplifica la posizione di Barghouti circa la convivenza con Israele : " Potremo vivere da buoni vicini. Ma prima dovete andarvene ". Ecco l'intervista:
GERUSALEMME -Marwan Barghouti, la liberazione di Gilad Shalit sembra vicina: un soldato israeliano in cambio di centinaia di detenuti palestinesi. E al centro di questo scambio c'è lei. «Sì. Spero che stavolta ci siamo. Parte dei nostri prigionieri sarà finalmente rilasciata: quelli che con nessun negoziato s'era riusciti a tirar fuori di galera. Evidentemente non c'è altro modo, con Israele». Ma chi ci guadagna di più? «Se ci sarà lo scambio, forse si capirà che non si possono ignorare le richieste di Hamas. Hanno dovuto piegarsi alla lista di prigionieri che Hamas ha messo davanti a Israele. Anch'io sono parte di questa lista».
Non si sa se la sua scarcerazione preoccupi più il governo israeliano, l'Autorità palestinese o Hamas. A 50 anni d'età e più di sette da detenuto, due intifade e cinque ergastoli sulle spalle, luogo comune vuole che Barghouti sia il probabile successore di Abu Mazen. In agosto l'hanno stravotato al comitato centrale del Fatah, anche se stava dentro. Chissà che succederebbe, se uscisse e corresse alle presidenziali palestinesi: «Abu Mazen non s'è ancora dimesso — risponde alCorriere tramite i suoi avvocati, dalla cella di Hadarim —. Ha solo espresso l'intenzione di non ricandidarsi. Lo rispetto. Ma il punto è che a gennaio non ci saranno elezioni. Presidenziali e legislative devono tenersi in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme Est. E in un clima di riconciliazione nazionale. Prima, non hanno senso. La mia priorità è mettere fine alla divisione tra Fatah e Hamas: quando ci sarà l'accordo, allora sarò pronto». Questo accordo finora è fallito, ma molti ora lo ritengono possibile, chiusa l'operazione Shalit... «Fatah ne aveva firmato uno, mediato dall'Egitto. Ora io invito Hamas a siglarlo. E a usare l'opportunità che si presenta— l'unità dei palestinesi —, specie dopo che Abu Mazen ha riconosciuto il fallimento della sua politica. L'unità è il segreto della vittoria per le nazioni oppresse » . Come reagirebbe Israele a una sua candidatura, dopo la scarcerazione? «Israele ha provato ad assassinarmi più volte, fallendo. Mi ha sequestrato e condannato a 54 anni di cella. Pensava di farmi tacere. Ha deciso che non farà accordi con Barghouti presidente. Ma non deve preoccuparsi: non ci sono elezioni, adesso...». Qual è stato il più grande errore di Abu Mazen in questi cinque anni? «Puntare solo sui negoziati. E avere creduto alle promesse americane e israeliane. Alla pace non s'arriva solo coi negoziati. Ci vuole anche la resistenza popolare » . Sta dicendo che ci sarà una terza intifada? «L'intifada nasce come una volontà collettiva del popolo, quando la gente non ha scelta: non la decide un partito o un leader. La seconda intifada scoppiò dopo il fallimento di Camp David. I palestinesi hanno fatto la più lunga rivoluzione della storia contemporanea. E la riprenderanno » . Abu Mazen esclude un'intifada violenta. Lei ne è stato l'ideatore: i kamikaze sono ancora un'opzione? «I palestinesi hanno dato ad Abu Mazen l'opportunità di negoziare. Usa e Israele ci dicevano che lui era il miglior leader possibile. Abu Mazen accettò la Road Map, andò ad Annapolis, negoziò con Olmert e la Livni, fece decine di vertici. Risultato? Più insediamenti, Gerusalemme sempre più ebraicizzata, case demolite, il Muro, centinaia di checkpoint, una guerra barbara a Gaza». Qualche giorno fa, la stampa Usa scriveva che l'Autorità palestinese è al collasso. «L'Anp non è un obbiettivo. Lo sono l'indipendenza, i confini del '67, Gerusalemme capitale. L'Anp era l'embrione dello Stato e i palestinesi l'avevano accettata per 5 anni. Il rifiuto d'Israele di dar seguito alle risoluzioni Onu, l'ha fatta sopravvivere per altri 15. Però un collasso dell'Anp non danneggerebbe solo i palestinesi, oggi, ma anche gli israeliani. L'Anp nei fatti non ha sovranità su un solo metro di West Bank. Israele l'ha spogliata. L'unica alternativa all' Anp è uno Stato indipendente». Vede nuovi interlocutori in Israele? «Netanyahu rifiuta tutto: che razza d'interlocutore può essere? Ma anche all'opposizione c'è poco: il piano di Mofaz, dialogare con Hamas e riconoscere i due Stati, non porterà mai ai confini del '67 e alla fine dell'occupazione di Gerusalemme Est. Israele non ha un De Gaulle o un de Klerk, che chiusero col colonialismo in Algeria o con l'apartheid. Non è capace d'esprimere leader col coraggio di far finire la più lunga occupazione della storia contemporanea » . E Obama? «I palestinesi avevano accolto con favore la sua elezione. Molti erano ottimisti, dopo il suo discorso al Cairo e il monito a Israele sugl'insediamenti. Un anno dopo, il raccolto è un gigantesco zero. Obama ha ancora l'opportunità di storiche decisioni. Ma non ci servono altri 18 anni d'inutili negoziati. Nel mondo, lo Stato palestinese piace a tutti: e allora che cosa sta aspettando, il mondo?». La chiamano il nuovo Arafat... «Fin da bambino, ho dedicato la mia vita all'indipendenza. Dico ai miei che il buio della notte se ne andrà. Dico agl'israeliani: l'ultimo giorno della vostra occupazione sarà il primo di pace fra due popoli. Potremo vivere da buoni vicini. Ma prima dovete andarvene » .
L'OPINIONE - Dimitri Buffa : " Shalit: il miraggio dello scambio con Barghouti "
Gilad Shalit
Ogni qual volta le trattative pressochè infinite tra hamas e i servizi di sicurezza israeliani per riportare a casa il povero caporale Gilad Shalit rapito nel giugno del 2006 da un commando di terroristipenetrato nel territorio israeliano dal confine di Gaza giungono a un punto cruciale puntule qualcuno nell’autorità nazionale palestinese rilancia l’ipotesi dello scambio con il prigioniero Marwan Barghouti, peraltro condnnato defintivmente a cinque ergastoli peravere preparatoe finanziato almeno tre attacchi suicidi in Israele nel 2002. Scambio che il tam tam delle indiscrezioni continua a dare a portata di mano, malgrado la doccia fredda delle dichiarazioni del premier Benyamin Netanyahu. “Gli sforzi per assicurare il rilascio di Ghilad Shalit sono in corso senza interruzioni», ha confermato Netanyahu durante una riunione del suo partito aggiungendo tuttavia che le informazioni circolate in queste ore (con l'indicazione dell'ora X già fissata per venerdì 27 o, al più tardi, per la prossima settimana) “non sono attendibili”. E che “alcune di esse” sono state anzi “intenzionalmente distorte”. Un modo come un altro per dire che l'intesa ancora non c'è. Nè ci sarà - ha puntualizzato il premier - prima di una decisione collegiale del consiglio dei ministri e di un dibattito in Parlamento. E che le voci su Barghouti siano desinate a restare tali lo conferma l'estrema cautela della famiglia di Shalit (mostrato vivo in un filmato, dopo anni di black-out, un paio di mesi fa). Ci sono anche forti polemiche sul fronte interno a proposito di un accordo che - a credere alle anticipazioni dei media - si preannuncia assai oneroso per Israele: la scarcerazione di 1.000-1.500 detenuti palestinesi, 450 dei quali condannati per gravi fatti di terrorismo e senza escludere nomi storici della lista nera dei nemici dello Stato ebraico. Nomi fra i quali l'agenzia online Ynet inseriva ieri sera anche Barghuti: l'ex capo della milizia dei Tanzim che molti, incluso il vecchio generale e attuale ministro dell'Industria israeliano Benyamin Ben Eliezer (laburista), vedono come l'unico leader palestinese in grado di colmare la spaccatura fra Fatah (il partito laico di cui Barghouti stesso fa parte) e gli integralisti di Hamas e di rappresentare un futuro interlocutore negoziale credibile (anche se pur sempre di un assassino si tratta) d'Israele. Ma sul nome di Barghouti i veri boicottaggi sembrano nascere proprio all’interno di hamas e del fondamentalismo islamico: nessuno di loro ha interesse a rafforzare la leadership di Fatah dopo il “prepensionamento” di Abu Mazen. E infatti ieri gli sgherri del terrorismo islamico con sede in Gaza invitavano i loro scagnozzi a fare altri rapimenti. Di soldati israeliani, ovviamente, con azioni di commando oltre il confine di Gaza. Hamas si vanta con l’Ansa che non ha remore a fare da megafono a gente simile macchiatasi di crimini contro l’umanità, ma anzi si vende la cosa come “scoop”. “La nostra formula è semplice”, ha spiegato un membro della brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas – “offriamo un premio in denaro a chiunque riesca a rapire un soldato nemico”. La cifra promessa ? Un milione di dinari giordani, equivalente un milione e 400 mila dollari. Ossia la certezza per una intera famiglia di vivere nell'agio per tutta la vita. E non solo a Gaza. Anche in Europa per quella cifra c’è chi è disposto a vendersi la madre, almeno nel settore umano assimilabile a quello dei terroristi di Hamas.
Il FOGLIO - "Il tam tam sul rilascio di Gilad Shalit mostra le crepe tra i palestinesi"
Bibi Netanyahu
Gerusalemme. Il quotidiano saudita al Hayat ieri scriveva che l’accordo sulla liberazione del caporale Gilad Shalit, catturato da Hamas nel 2006, è cosa fatta. Il ministro israeliano laburista per l’Industria, Binyamin Ben-Eliezer, ha detto che “la liberazione non è mai stata tanto vicina”. Ma il premier, Benjamin Netanyahu, ripete che non c’è alcun accordo e anche il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ieri in visita in Israele, ha spiegato assieme al collega Avigdor Lieberman che qualsiasi dichiarazione è prematura. Poiché i tedeschi sono considerati grandi mediatori nella regione, l’opinione di Westerwelle conta. Ma da quando i media hanno iniziato a dare per “imminente” la liberazione del caporale, i commentatori non parlano che del “grande scambio di prigionieri”: Shalit in cambio della liberazione di detenuti palestinesi, forse millequattrocento, tra cui persino Marwan Barghouti, il leader della seconda Intifada condannato a cinque ergastoli. Asaf Hefez, uomo del Likud, già fondatore dell’unità di polizia speciale antiterrorismo, considerato da molti l’esperto israeliano numero uno in materia, dice al Foglio: “Se andasse davvero così, a vincere sarebbe Hamas: un prigioniero contro più di mille, le cifre parlano da sole”. Del resto, sottolinea, “dover ricorrere a trattative con un’organizzazione terroristica significa che Israele ha fallito”. Carmel Luzzatti, volto noto dell’informazione televisiva, invece replica: “Non è una questione di numeri, né di convenienza. I nostri ragazzi si riportano a casa: in Israele questo è un patto sociale fondamentale, nessun prezzo è troppo alto”. Neanche se la liberazione di Shalit significasse il rilascio di Barghouti, in un momento in cui la leadership dell’Autorità palestinese è nel caos, con Abu Mazen votato alle dimissioni. Per Eitan Azani, vicedirettore del Centro internazionale per lo studio del terrorismo (Ict), “Barghouti non ha esperienza di governo. Se pure raccogliesse il testimone dell’ormai stanco Abu Mazen non sappiamo come si comporterebbe”. Ma si può intuire, scrive Haaretz: Barghouti dovrebbe ringraziare tutti i giorni Hamas.
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