Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Cari amici, qualche giorno fa vi ho intrattenuti con lo studio finanziario dell'annuncio economico di Hamas (o della sua "charity" Waad) che proponeva l'acquisto di un soldato israeliano, pronta consegna a Gaza, in cambio di un milione di euro. Il fatto è, come sapete, che un soldato israeliano rapito loro ce l'hanno, si chiama Gilad Shalit, è nelle mani dei criminali da oltre tre anni, e ora sembra che stiano per "spenderlo" sul mercato, in cambio di terroristi arrestati da Israele. Non intendo giudicare né qui né altrove questo scambio; io scrivo comodamente seduto nel mio studio di Milano, senza terroristi che mi diano la caccia (almeno finché Eurabia non dà loro troppa corda). Ho fatto il mio servizio militare tanti anni fa in un'officina di riparazioni per camion e carri armati in una periferia industriale italiana, dove il pericolo principale era attraversare lo stradone che costeggiava la caserma, per via degli automobilisti, diciamo, un po' frettolosi. Nessuno mi voleva rapire, non dovevo difendere nessuno da pericolosi terroristi. So di non avere il diritto di spiegare agli israeliani se sia più importante salvare a ogni costo un ragazzo rapito o più pericoloso rilasciare centinaia di terroristi che cercheranno di rapirne degli altri e di ammazzare chi gli capita in Israele. E' una scelta drammatica, qualunque cosa farà il governo israeliano, con la coscienza dolorosa di chi subisce un ricatto, io la appoggerò per fiducia e per amore. Vorrei dunque qui solo proseguire il nostro ragionamento economico. Se un nuovo soldato vale un milione, questo è pure il prezzo di Shalit, attribuito dai suoi rapitori. Questi però gli danno anche un altro prezzo, vogliono in cambio della sua liberazione mille terroristi condannati e detenuti dalle prigioni israeliane. Lasciamo stare la differenza fra pluriomicidi come Barghouti, omicidi semplici, comuni fiancheggiatori: diciamo che nella media il loro valore si eguagli. Quanto vale dunque uno di questi terroristi? E' una semplice divisione: un millesimo di un milione; dunque in media per Hamas uno dei suoi criminali prigionieri vale mille euro. Non è granché, no? Dato che si tratta di macellai, non manchiamo loro di rispetto se li valutiamo a pezzi: fra i 20 e i 40 euro al kilo, scarti inclusi. A parte questi dettagli un po' macabri, non siete colpiti dall'immensa differenza di prezzo? E' sempre stato così, anche l'anno scorso, con lo scambio fra i resti mortali dei due soldati rapiti e ammazzati da Hezbullah e qualche decina di detenuti, fra cui uno particolarmente efferato. E prima ancora altre volte: gli scambi sono sempre stati impari. Sapete perché? L'hanno spiegato loro molte volte, l'ultima Nidal Hassan, l'attentatore palestinese che ha ammazzato dieci giorni fa una ventina di soldati americani a Fort Hood: "voi amate la vita, noi amiamo la morte." Per questo, ritengono Hassan e quelli come lui, vinceranno certamente. Io, che pure sono assai pessimista sulla situazione attuale, non credo. Non solo perché ho fiducia nella ragione e so che le motivazioni positive sono più forti di quelle negative. Ma soprattutto perché ricordo chi ha usato degli slogan analoghi prima dei macellai palestinesi. C'era un tronfio e mediocre generale spagnolo che prese il potere al suono dello slogan grottesco "Viva la muerte!"; qualcosa di analogo dicevano i nostri fascisti ("Me ne frego!") naturalmente i nazisti tedeschi e tutti i loro amici, incluso quel muftì di Gerusalemme che è il padre spirituale del movimento palestinese. Hanno fatto danni immensi, con la loro tanatofilia. Ma dove sono finiti? Di che imperi si sono imadroniti? Come dice quella poesia di Brecht, ecco la terra che hanno finito per conquistare: una fossa lunga due metri, profonda altrettanto e larga uno. Altrettanto, io spero, accadrà ai terroristi di oggi.