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Luce nel buio del tunnel. Come gli ostaggi a Gaza celebravano Hanukkah 13/12/2025

Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.11.2009 Sergio Romano: adesso difende anche la Repubblica di Vichy
Invitiamo i lettori a protestare con il Corriere

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 novembre 2009
Pagina: 43
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Vichy e Salò: confronto fra i due regimi sconfitti»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/11/2009, a pag. 43, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " Vichy e Salò: confronto fra i due regimi sconfitti ".

 
Philippe Petaine

Romano, più che fare un confronto fra Repubblica di Vichy e Repubblica di Salò ( ciò che gli viene richiesto dal lettore), scrive una difesa assurda della prima.
La Repubblica di Vichy non fu altro che un'appendice della Germania, asservita agli ordini del Terzo Reich e colpevole dei suoi stessi crimini.
Prendiamo atto dell'apologia che ne ha fatto Sergio Romano.
Invitiamo i lettori di IC a protestare con il direttore Ferruccio De Bortoli per la pubblicazione della gravissima risposta di Sergio Romano.
Ecco lettera e risposta di Romano:

Crede sia possibile un parallelo tra lo spirito di Vichy e quello della Repubblica Sociale? Secondo me è improponibile. La Francia, dopo essere stata sconfitta e umiliata dai panzer tedeschi, non è stata poi umiliata al tavolo della pace. Al di là della firma nella stessa vettura ferroviaria di 20 anni prima, la pace hitleriana è stata non solo cavalleresca, ma persino generosa. E noi? La Rsi veniva dopo il tragico 8 settembre, con la fuga vergognosa del re Vittorio Emanuele III e del generale Pietro Badoglio. Il discorso è certamente lungo ma a grandi linee, lo spirito di Vichy e quello della Rsi sono due aspetti diversissimi e tra loro non confrontabili. È d’accordo con la mia analisi?

Donato Mutarelli
Cusago
(Mi)

Caro Mutarelli,

P
rima di confrontare il re­gime di Vichy, creato dal maresciallo Pétain dopo la sconfitta e la firma dell’armistizio di Compiè­gne, converrebbe rispondere a una domanda: quale regi­me di Vichy? Ve ne furono al­meno due.
Il primo, sino al 1942, poté contare sul consenso di una larga parte della società fran­cese. Molti videro nella scon­fitta la possibile rinascita di una Francia cattolica e rura­le, rispettosa delle sue tradi­zioni politiche e religiose, fi­nalmente libera dai falsi idea­li
e dalle terribili utopie che avevano agitato la sua storia dopo la Grande rivoluzione. Pétain, in quegli anni, fu il pa­dre saggio e affettuoso che avrebbe riscattato il Paese dai tragici errori del parla­mentarismo, del laicismo, della democrazia ciarliera e inconcludente. La Germania, dal canto suo, favorì la popo­­larità del maresciallo trattan­do la Francia alla stregua di un Paese che avrebbe avuto dopo la guerra un ruolo im­portante.
Questa luna di miele fra Pétain e il suo popolo durò si­no
alla fine del 1942, quando le prime sconfitte tedesche cambiarono il quadro strate­gico europeo. Molti collabo­ratori del regime (Mitterrand per esempio) passarono alla Resistenza, il vecchio Pétain divenne sempre meno auto­revole e la direzione dello Sta­to finì quasi interamente nel­le mani di coloro per cui l’amicizia e la collaborazione con la Germania erano anzi­tutto scelte ideologiche.
Anche la Repubblica Socia­le, come lo Stato di Vichy, eb­be un’anima restauratrice. Ma i valori da restaurare, in questo caso, erano quelli re­pubblicani e sociali del pri­mo movimento fascista che il regime di Mussolini, secon­do i suoi critici interni, aveva progressivamente abbando­nato,
se non addirittura tradi­to. Quanto al ruolo dei due Paesi dopo la guerra, se la Germania ne fosse uscita vin­citrice, quello dell’Italia sareb­be stato più modesto di quel­lo che il Reich avrebbe riser­vato alla Francia. L’esercito francese si era rapidamente disfatto, ma la Francia era pur sempre, agli occhi di Ber­lino, una Potenza europea mondiale, necessaria agli equilibri internazionali. L’Ita­lia invece, per i tedeschi, era il Paese che aveva fatto guer­re sbagliate, le aveva perdute e aveva, alla fine, «tradito». Un giudizio duro, pronuncia­to da un cattedra che non ave­va il diritto di emettere sen­tenze, ma non del tutto infon­dato.

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