Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Puntare sull'istruzione, non sulla carità per risolvere la situazione del Terzo Mondo Cronaca e interviste di Dimitri Buffa, Roberto Giovannanini, Paolo Conti
Testata:L'Opinione - La Stampa - Corriere della Sera Autore: Dimitri Buffa - Roberto Giovannini - Paolo Conti Titolo: «Vertice Fao: una vetrina per Gheddafi - Gli aiuti occidentali ci stanno rovinando - Distribuire denaro porta solo nuova corruzione»
Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 17/11/2009, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Vertice Fao: una vetrina per Gheddafi ". Dalla STAMPA, a pag. 3, l'intervista di Roberto Giovannini a Dambisa Moyo, economista africana, dal titolo " Gli aiuti occidentali ci stanno rovinando". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 3, l'intervista di Paolo Conti a padre Piero Gheddo dal titolo " Distribuire denaro porta solo nuova corruzione ".
Il Vaticano ha espresso preoccupazione per la fame nel Terzo Mondo e ha richiesto di investire più fondi nell'economia e nello sviluppo agricolo dei paesi poveri. Come sostengono Dambisa Moyo e Piero Gheddo, in realtà la soluzione del problema non sta nel distribuire soldi in Africa, che finiscono nelle mani dei corrotti, ma nel puntare tutto sull'istruzione. Istruzione significa anche controllo delle nascite e diffusione di metodi contraccettivi come il preservativo, che però la Chiesa cattolica condanna. Il preservativo oltre che controllare le nascite, bloccherebbe la diffusione di malattie come l'AIDS, altra piaga del Terzo Mondo. Ma la Chiesa cattolica lo vieta. Comunque, come riportato dall'articolo di Emanuele Novazio sulla STAMPA di oggi, la Chiesa non ha preso alcun impiego finanziario per risolvere la situazione in Africa, perciò non comprendiamo l'invito del Papa a investire denaro in Africa quando nemmeno dal Vaticano arrivano i fondi. Ecco gli articoli:
L'OPINIONE - Dimitri Buffa : "Vertice Fao: una vetrina per Gheddafi "
Ogni volta che Roma ospita un vertice della Fao dobbiamo assistere a qualche “one man show” da parte di dittatori africani, sudamericani o medio orientali. Stavolta è stato il turno di Muhammar al Khatafi, per i romani “er Gheddafi”, che non ci ha fatto mancare niente, ma proprio niente, del suo repertorio da allucinazioni tipiche degli stati da alterazione psico sensoriale creati da droghe o da medicinali per l’induzione al coma farmaceutico. Prima ha selezionato 200 povere criste romane che non sapendo come sbarcare il lunario hanno ritenuto che una festa in una villa a nord di Roma con il rimborso di 50 euro per il disturbo fosse meglio che stare a casa a guardarsi il “grande fratello”, poi ha detto loro che qualcun altro fu crocifisso al posto di Gesù e infine in un discorso durato “solo” dieci minuti ci ha insegnato a tutti a leggere e a scrivere a proposito di colonialismo, fame, terzo mondo e dintorni. Una kermesse che si ripete puntualmente ogni qual volta questi enti inutili planetari, si chiamino Onu o Fao poco importa, decidono di occuparsi di massimi sistemi invitando a risolvere i problemi del mondo come la guerra e la fame proprio coloro che li creano a casa loro, si chiamino essi Ahmadinejad, Gheddafi, Chavez o Fidel Castro. Roma che già “ha dato” ogni sabato che Dio manda in terra a proposito di cortei e auto blù che bloccano il traffico deve quindi sciropparsi oltre ai disagi per la mobilità, grandi discorsi, demagogia terzo mondista e idiozie varie per una buona meà della settimana. E i cittadini sgomenti si chiedono: “perchè?” Già perché? Perché dobbiamo sentire di ridicoli scioperi della fame da un giorno e mezzo di Ban Ki Moon, del sindaco Alemanno e del direttore Jacques Diouf della Fao? Se stanno sovrappeso devono dirlo a tutti e spacciare la loro dieta come solidarietà a chi di fame ci muore davvero? La Fao per quanto ha fatto da quando esiste per la fame nel mondo potrebbe essere abolita. Già in passate edizioni di queste ridicole giornate per l’alimentazione abbiamo assistitito ai pranzi a base di aragosta di questi satrapi che tengono su una struttura in cui chiunque ci lavora meno di 4 mila euro al mese a casa non li porta. Basterebbe devolvere tutto ciò in concrete opere per chi di fame muore davvero e l’Africa, solo per fare un esempio, sarebbe già diventata un continente più prospero. il numero complessivo dei progetti approvati dal Centro investimenti per il periodo dal 1964 al 1990 ammontava a 833, per un totale di 35.879 miliardi di dollari. Se questa cifra l’avessero suddivisa per le singole persone che morivano di fame in Africa o in Asia o in qualunque altra parte del mondo ciascuna di esse oggi sarebbe benestante, ma passando i soldi attraverso l’imbuto Fao i poveri son sempre più poveri e i dirigenti Fao sempre più ricchi. Ora c’è un nuovo programma che ha come obiettivo primario il dimezzamento entro il 2015 del numero delle persone che soffrono la fame nel mondo (attualmente circa 852 milioni di individui). Attraverso i progetti in più di cento Paesi, si cerca di dare una risposta effettiva ai problemi della fame, della malnutrizione e della povertà in forza di due modalità: aiutando le autorità nazionali ad individuare e pianificare programmi di sicurezza alimentare nazionale e lavorando a fianco di organizzazioni economiche regionali per sviluppare programmi e politiche regionali di sicurezza alimentare. Dal 1995 sono state mobilitate risorse finanziare per un ammontare (attualmente) di 770 milioni di dollari passando dalle 15 nazioni partecipanti nel 1995 alle oltre 70 del 2002. Peccato che ormai tale obbiettivo se mai sarà realizzato slitterà al 2030. Ma fosse solo quello il danno che fanno questi summit. Il vero problema è la vetrina che si da a dittatori che hanno trasformato i propri paesi in stati canaglia e in lager a cielo aperto. Ieri era stato il Gheddafi day, ma il giorno prima c’era stata la moglie di Ahmadinejad, presentatasi con il burqa, a dare il proprio suggerimento: secondo Azan Al Sadat Farahi, l’inseganmento religioso dato alle famiglie preverrebbe la fame. Un insegnamento ovviamente e rigorosamente islamico, sciita e fondamentalista possibilmente. Gheddafi però nella lezione di islam alle suddette 200 ragazze un po’ sfigate di cui sopra si è superato. Con due citazioni che passeranno alla storia. La prima: “Gesù è stato inviato per gli ebrei, non per voi, Maometto invece è stato mandato per tutti gli umani. Chiunque va in una direzione differente a quella di Maometto fa uno sbaglio. La religione di Dio è l'Islam e chi professa una religione diversa dall'Islam non è accettato e alla fine è quello che perde”. La seconda: “Voi credete che Gesù è stato crocifisso ma non lo è stato, lo ha preso Dio in cielo. Hanno crocefisso uno che assomigliava a lui”. Poi ieri è tornato a chiedere soldi ai paesi colonialisti a favore di quelli colonizzati, meglio a favore dei dittatori che li hanno ricolonizzati una seconda volta, tra cui lui medesimo. A parlare dopo uno come lui anche Berlusconi e lo stesso Pontefice Benedetto XVI non ci hanno guadagnato molto, né fatto una bella figura. In una riunione planetaria usata per motivi demagogici da gente come il leader libico il sacro e il profano finiscono per confondersi nella generale atmosfera dissacrante e paradossale. Per non dire ridicola.
La STAMPA - Roberto Giovannini : " Gli aiuti occidentali ci stanno rovinando "
Dambisa Moyo è nera, giovane, e molto arrabbiata. Nata in Zambia 28 anni fa, questa brillante economista con un dottorato a Oxford, un passaggio alla Banca Mondiale e alla Goldman Sachs tra Londra e New York, ha scritto l’anno scorso un libro sull’Africa e l’Occidente e il fallimento della politica degli aiuti internazionali - Dead Aid, sottotitolo «Why Aid is Not Working and How There is Another Way for Africa» - che ha sollevato una tempesta di polemiche. Le bordate sono arrivate soprattutto da sinistra e dal mondo liberal. Lei parte da una banale constatazione: il trilione di dollari di aiuti in 30 anni non ha portato sviluppo autonomo e non ha cancellato la povertà, ma ha foraggiato élite politiche corrotte e creato una mentalità di dipendenza. Dunque, meglio abolire gli aiuti ai governi, limitandoli alle popolazioni; meglio puntare sugli investimenti diretti, che creano occupazione; meglio, soprattutto, rovesciare l’approccio pietistico (simboleggiato da Bono e Angelina Jolie) che vede nei «poveri africani» degli «oggetti» di aiuto, passivi simboli del senso di colpa dell’Occidente opulento. Dove ha sbagliato l’Occidente? «Basta esaminare cosa ha funzionato e cosa no. Se si guarda alla Cina, all’India, al Sudafrica, negli ultimi 30 anni lì si è verificato un successo: basato non certo sugli aiuti, ma sul commercio, sugli investimenti, sulla crescita dei mercati di capitali, sullo sviluppo del credito, sul sostegno al risparmio e all’afflusso delle rimesse degli emigrati. Un modello completamente diverso dall’Africa, che dimostra che c’è una via maestra per crescere e ridurre la povertà». Qualcuno l’accusa di offrire un alibi a chi vuole tagliare gli aiuti. Altri obiettano che senza spazzare via le corrotte élite politiche africane la via virtuosa allo sviluppo resterà un’utopia. «Non ho mai detto che l’Occidente debba abbandonare l’Africa; dico solo che dovrebbe sviluppare commercio e investimenti, e non continuare su una strada sbagliata e fallimentare. E poi, è proprio la politica degli aiuti ad alimentare una leadership politica africana tanto orribile. Se non si cambia, non avremo mai leader politici di qualità. Le persone serie, di valore, i tanti giovani africani preparati e intelligenti, non sono interessati a impegnarsi in politica, che è un gioco fasullo basato su questa cultura dell’elemosina fondata sul senso di colpa del mondo ricco che rafforza i politici corrotti». Per qualcuno la Cina sta assumendo in Africa un profilo di potenza neocoloniale ma a suo giudizio è un’opportunità. «Certo, anche i cinesi in alcuni casi sostengono dittatori e politici corrotti, ma in ultima analisi la Cina con i suoi investimenti sta portando sviluppo e migliorando il tenore di vita, che è un prerequisito - attraverso la nascita di una classe media - della democrazia e del buon governo. Sappiamo che la Cina sta giocando una sua partita politica, ma per l’Africa è una vera chance di cambiamento. L’Occidente, invece, pare molto più interessato alla sopravvivenza delle dinastie politiche sue clienti». È in corso una crisi planetaria, pare complicato trovare risorse per l’Africa. «Un flusso limitato di aiuti dovrà esserci sempre, come sostegno temporaneo e per le emergenze, ma prima o poi vi renderete conto che noi africani siamo come tutti gli altri: ci servono posti di lavoro. Come generarli? Ad esempio, comprendendo che l’Africa è un imponente e giovanissimo mercato, con il 60% della popolazione con meno di 24 anni». Ma c’è una burocrazia soffocante, continue tangenti... «Ma è normalissimo, dato il contesto economico. Non c’è lavoro, e se ne hai uno non ti pagano per 6-8 mesi, un anno. Se in Italia i dipendenti pubblici non ricevessero lo stipendio da un anno, tutti chiederebbero tangenti! Sarà così, finché non si rimette in moto un processo di sviluppo virtuoso. Negli anni ‘60, nell’Africa che si affacciava all’indipendenza, c’era fierezza, dignità, avevamo leader con grandi idee. Oggi c’è una pletora di piccoli capetti che vanno ai vertici internazionali a mendicare aiuti e non hanno mai una proposta. Una mentalità che purtroppo si è diffusa in tutta la società». Molti commentatori liberal hanno duramente criticato le sue proposte. Come si spiega questo atteggiamento? «Pensano che l’Africa non ce la possa fare. Vogliono «avere cura» degli africani, e sentirsi in colpa per loro. In fondo gli fa comodo pensare che non siamo eguali, che abbiamo bisogno di loro, che ci serve un’elemosina e non posti di lavoro. Nessuno pensa che in Cina e in India ci sono più poveri che in tutta l’Africa. Ma avete mai visto uno spot con un bambino cinese povero e affamato? Mai. Perché i cinesi sono rispettati e si fanno rispettare. L’Africa per qualcuno è solo la terra della guerra, della malattia, della corruzione, della povertà. A una certa opinione liberal va benissimo così».
CORRIERE della SERA - Paolo Conti : " Distribuire denaro porta solo nuova corruzione "
Piero Gheddo
ROMA — «Continuare a distribuire denaro a certi governi africani spesso non risolve i problemi della fame. Anzi, produce corruzione. L’unico modo per aiutare veramente l’Africa a uscire dalla sua condizione è affrontare l’emergenza educativa. Cioè insegnare alle popolazioni i metodi per abbandonare le coltivazioni da sussistenza quotidiana per arrivare a un’agricoltura moderna». Così dice al telefono Piero Gheddo, missionario del Pime, il Pontificio istituto missioni estere. Ieri, in prima pagina suAvvenire , ha firmato un editoriale intitolato «Sviluppo e giustizia cominciano con l’istruzione». Benissimo, ha scritto, se il mondo sviluppato troverà i 44 miliardi di dollari per battere la fame chiesti dal segretario generale della Fao, Jacques Diouf: «Ma assieme ai finanziamenti e alle tecnologie sono indispensabili uomini e donne che consacrino la vita, o qualche anno della loro vita, per compiere con le popolazioni un cammino di crescita in comune, anche in campo agricolo».
Gheddo ha offerto qualche esempio: «A Vercelli produciamo 80 quintali di riso a ettaro, nell’agricoltura tradizionale dell’Africa a sud del Sahara 5 quintali». Con l’assistenza ai governi spesso corrotti, è la tesi di Gheddo, non si uscirà mai a risolvere un problema strutturale. C’è solo la via dell’istruzione, dell’alfabetizzazione, della trasmissione di una moderna concezione dello sviluppo agricolo e quindi economico. Spiega a voce il missionario: «La corruzione dei governi è un cancro che divora molti Paesi. Che siano i popoli ad aiutare i popoli, non più i governi a sostentare i governi. Occorrono progetti educativi mirati, a lunga scadenza, capaci di radicare metodi di produzione, affidati a organizzazioni non governative disposte a rimanere a lungo sul territorio. Perché spesso è inutile realizzare due o tre pozzi d’acqua e un bell’ospedale, e andarsene dopo due anni. Dopo, se non c’è una cultura di mantenimento, tutto viene cancellato».
Un esempio di «cultura trasmessa e radicata» da parte di una missione cattolica? «Non dimenticherò mai il mio arrivo nel 1985 in Burkina Faso, durante la siccità del Sahel. Viaggiai per ore verso il Nord incontrando solo desolazione. Improvvisamente un’oasi di verde, di campagna abitata. Era la missione dei Fratelli della Sacra Famiglia di Chieri, in provincia di Torino, impiantati lì dall’inizio del Novecento che hanno insegnato a costruire sbarramenti contro il deserto, ad amministrare l’acqua, a coltivare persino l’uva italiana e straordinari pompelmi rosa. Nessuno ovviamente fuggiva di lì né raggiungeva i campi di raccolta dell’Onu...».
Ma quali sono, a suo avviso, le principali colpe dell’Europa? «Molte, moltissime. Ma storicizzando direi adesso che l’Europa ha improvvisamente abbandonato l’Africa a se stessa negli anni dell’improvvisa decolonizzazione. Lì è cominciato il disastro. Prendiamo l’India, diventata indipendente nel 1947. La decisione venne presa quando la società era ben organizzata, con i partiti politici, i sindacati, una stampa libera e diffusa. E l’India è andata avanti. Nel giro di pochi anni, invece l’Africa è stata lasciata al suo destino anche di sfruttamento. E certo non di educazione alla crescita ».
Per inviare il proprio parere a Opinione, Stampa, Corriere della Sera, cliccare sulle e-mail sottostanti