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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero - Il Foglio - Liberal - Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.11.2009 Hezbollah continua ad armarsi contro Israele. La missione Unifil ha fallito il suo scopo
Cronache e analisi di Carlo Panella, redazione del Foglio, Michael Sfaradi, Francesco Battistini

Testata:Libero - Il Foglio - Liberal - Corriere della Sera
Autore: Carlo Panella - La redazione del Foglio - Michael Sfaradi - Francesco Battistini
Titolo: «Armi iraniane al Libano: l’Italia è accerchiata»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 06/11/2009, a pag. 24, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Armi iraniane al Libano: l’Italia è accerchiata ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo dal titolo " La guerra segreta di Israele a Hezbollah e ai padrini in Iran e Siria ". Da LIBERAL, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " Israele, un blitz ferma armi destinate al Libano ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 49, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Libano, il pugno di Hezbollah contro Anna Frank  ". Ecco gli articoli:

LIBERO - Carlo Panella : " Armi iraniane al Libano: l’Italia è accerchiata "

 Generale Graziano, a capo del contingente Unifil in Libano

Il sequestro da parte di Israele di una nave con 500 tonnellate di armi iraniane destinate a Hezbollah obbliga l’Italia a riconsiderare a fondo la missione Unifil e la stessa permanenza dei nostri 2.400 militari di stanza nel sud del Libano. Martedì notte la nave da guerra israeliana Rani Ben Yehda ha intercettato al largo delle coste libanesi il cargo Francop (battente bandiera di Antigua), proveniente da un porto iraniano e diretto - secondo le carte - ad un porto siriano. Nascosti nel mezzo di decine di altri container, gli israeliani hanno scoperto containers contenenti una massa enorme, 500 tonnellate, di modernissime armi: non solo razzi, ma anche piccoli e modernissimi missili teleguidati, sistemi raffinati di puntamento ed altro.

Con tutta evidenza, il carico clandestino era destinato ad arrivare - via Siria - ad Hezbollah libanese, come peraltro avviene da anni. L’episodio segue una serie di incidenti gravissimi avvenuti nei depositi di armi clandestini del Sud Libano di Hezbollah saltati per aria negli ultimi mesi e si inquadra perfettamente nelle evidente volontà di escalation militare dell’asse Iran-Siria-Hezbollah-Hamas. L’armamento massiccio fornito a Hezbollah, infatti, è parallelo alla strategia oltranzista che Iran, Siria e loro satelliti stanno mettendo in atto in tutto il Medio Oriente. Si parte dal rifiuto iraniano ormai evidente di ogni compromesso sul nucleare, per passare attraverso il boicottaggio siriano, sempre attraverso Hezbollah, per ormai 6 mesi del tentativo del democratico Saad Hariri di formare un governo a Beirut (Hezbollah, pur avendo perso le elezioni, pretende un diritto di veto), per arrivare al fallimento, su ordine della direzione estera ospitata a Damasco, di tutti i tentativi di siglare una pace tra Abu Mazen e Hamas in Palestina.

L’intreccio tra questa dinamica politica regionale, che segna il sempre più chiaro fallimento della politica basata sul dialogo di Barack Obama, e le notizie militari sul terreno, portano ad una conclusione univoca: la missione Unifil è fallita nei suoi scopi. Di questo l’Italia deve prendere atto, deve discutere con gli alleati e con l’Onu e deve quindi prendere le opportune decisioni per impedire che i nostri soldati un domani sempre più prossimo si trovino ostaggi di un aggressione di Hezbollah a Israele, o di attentati, o - come è probabile - di un’insidiosa politica di rapimenti. La missione Unifil, stabilita dalla risoluzione Onu 1701, aveva infatti non solo lo scopo di separare fisicamente i contendenti libanesi e israeliani, ma anche e soprattutto quello di demilitarizzare il sud del Libano, operazione che materialmente doveva essere compiuta dall’esercito libanese. Questo non è avvenuto, anche perché l’esercito libanese da allora è privo di una guida politica, perché Hezbollah da 3 anni o ricatta, o boicotta, o paralizza ogni esecutivo, per cui il paese, semplicemente, non ha un governo. Una situazione pericolosissima, in cui ogni inerzia può risultare esiziale, di cui l’Italia deve al più presto prendere atto.

Il FOGLIO - "La guerra segreta di Israele a Hezbollah e ai padrini in Iran e Siria"

 Hezbollah

Gerusalemme. Il 13 ottobre scorso un furgone con le insegne dell’Edl, Electricité du Liban, si è fermato nel villaggio di Tair Filsay, nel Libano meridionale, a sud del fiume Litani. Zona Hezbollah. Ne sono scesi tre tecnici in divisa, che si sono fatti aprire la cantina di un palazzo dicendo di dover sostituire i contatori. Nello stesso edificio, Hezbollah aveva trasformato un garage in un deposito di razzi. Tre ore dopo la visita dei finti tecnici, il garage è saltato in aria. Un drone israeliano ha ripreso e seguito gli uomini della guerriglia mentre recuperavano e spostavano i razzi inesplosi in un altro deposito. La guerra segreta di Israele contro Hezbollah e contro i suoi stati sponsor, Iran e Siria, è la prosecuzione di quella sospesa senza vincitori in Libano nell’agosto 2006 e va avanti mentre si aggrava la crisi politica palestinese con Abu Mazen che minaccia l’addio (vedi articolo nell’inserto III). Lo schema è semplice: in violazione della risoluzione 1.701 delle Nazioni Unite Teheran e Damasco inviano a Hezbollah le armi per preparare e combattere il secondo tempo del conflitto; Gerusalemme combatte una guerra di autodifesa fatta di intercettazioni e sabotaggi. Il sabotaggio del 13 ottobre scorso è solo un episodio in una lunga serie. Una settimana dopo la contraerea libanese ha aperto il fuoco contro un drone israeliano che aveva fatto saltare una sistema di comunicazione Hezbollah. Il 14 luglio, un altro deposito di armi nel villaggio di Khirbet Silim è stato fatto saltare. E’ un vasto programma: l’intelligence israeliana ha scovato un centinaio di depositi simili e minaccia di occuparsene da sola se non ci penserà il contingente dell’Unifil. Due giorni fa, l’abbordaggio a mezzanotte da parte dei commando israeliani del mercantile Francop, carico di 500 tonnellate di armi dirette a Hezbollah, inclusi 3.000 razzi. Gli iraniani hanno provato a caricare le armi in Egitto, ma il trucco non ha funzionato. Il cargo è tedesco, come quello carico di armi iraniane abbordato dagli americani un mese fa: a intrattenere rapporti commerciali con Teheran si finisce per essere usati come copertura. Ai convogli clandestini via terra e mare in transito dall’Africa è andata peggio: sono stati bombardati.

LIBERAL - Michael Sfaradi : "  Israele, un blitz ferma armi destinate al Libano"

C'è stato un enorme lavoro di intelligence dietro il sequestro, da parte della marina israeliana, del cargo "FrancoP", motonave di proprietà tedesca ma battente bandiera di Antigua. Le informazioni sul carico trasportato non lasciavano dubbi ed è per questo che la marina israeliana ha fatto le cose in grande. Secondo voci bene informate la "FrancoP" è stata seguita da uno dei sommergibili "Dolphion" fin dalla sua uscita in mare dal porto egiziano di Damietta, dove aveva ricevuto, con trasbordo, il carico da un cargo iraniano. Quando è entrata in acque internazionali al largo delle coste cipriote, la Shaietet 13, il corpo d'elite dei fanti della marina israeliana, è entrato in azione ed ha preso possesso della nave dirottandola verso il porto israeliano di Ashdod. Nel momento che le autorità militari hanno ispezionato i containers trasportati e le stive della nave è stato è chiaro a tutti che ci si trovava davanti al più imponente sequestro di armi della storia dell'esercito israeliano. Fucili d'assalto, mitragliatrici pesanti, decine di migliaia di proiettili di ogni calibro, migliaia di mine antiuomo ed anticarro, mortai e lanciarazzi del tipo RPG erano ben imballati ed inventariati. Ma la parte più importante del carico era formato da oltre 3000 missili terra-terra a media e a lunga gittata, una versione rinnovata dei devastanti Katiuscia. Il quantitativo di armi e di esplosivo era tale che le autorità portuali di Ashdod, a scanso di equivoci, hanno deciso la chiusura per diverse ore anche delle banchine che effettuano il lavoro di carico e scarico delle merci. I comandi israeliani, forti delle informazioni in loro possesso, hanno dichiarato che se questi armamenti non fossero stati intercettati e sequestrati, una volta arrivati in Siria sarebbero stati trasportati via terra verso il Libano del sud per finire in mano ad Hetzbollah nonostante la presenza delle truppe UNIFIL. Questo sequestro, oltre ad avere una notevole importanza dal punto di vista militare, scoperchia un "vaso di Pandora" politico ed ora saranno in molti, nei prossimi giorni, quelli che dovranno spiegare il loro operato. Il trasbordo delle armi è avvenuto all'interno di un porto egiziano, risulta difficile credere che le autorità del Cairo non fossero a conoscenza del manifesto di bordo della nave iraniana in entrata e della "Franco P." in uscita da un loro porto. Ed ammesso che i documenti fossero falsificati risulta oggettivamente strano che non ci siano stati controlli doganali su nessuno dei container trasportati. Anche la Siria dovrà in qualche modo spiegare il suo coinvolgimento in un traffico illegale di armi verso Hetzbollah. E poi l'Iran, mittente del carico, che continua a seminare odio e guerra in ogni angolo del Medioriente. La stesso Iran che vorrebbe far credere al mondo intero la sua buona fede nell'uso dell'energia nucleare, continua imperterrita a rifornire una milizia armata che in Libano è diventata uno Stato nello Stato impedendone, con la forza, ogni funzione democratica. La confisca di questo carico, non è la prima volta che armi iraniane di tutti i tipi vengano intercettate confiscate dalle forze armate israeliane, è l'ennesima prova dell'interesse di Teheran a tenere alta la tensione nella regione e di voler mantenere la promessa, più volte fatta dal presidente Ahmedinejad, dalla guida spirituale Ayatollah Khamenei e dal capo di Hetzbollah Hassan Nasrallah di distruggere lo Stato ebraico. Anche se con questa operazione Israele ha portato un duro colpo ai suoi nemici, rimane il dato di fatto che la milizia sciita Hetzbollah ha ri cevuto dall'Iran, nonostante la risoluzione Onu 1701 che ne prevede il completo disarmo e come più volte denunciato dal governo israeliano, un quantitativo tale di armi che la rende oggi militarmente più forte di quello che era prima della guerra del 2006. Se le lamentele israeliane si riveleranno esatte le nazioni europee che compongono L'UNIFIL dovranno spiegare come sia stata eseguita la missione a loro assegnata dall'assemblea della nazioni Unite e il perché dei mancati controlli.

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Libano, il pugno di Hezbollah contro Anna Frank  "

 Anna Frank

Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere la Cartolina da Eurabia di Ugo Volli di questa mattina. Ecco l'articolo di Francesco Battistini:

GERUSALEMME — Leggere Anna Frank a Beirut. Si può. Ma solo in francese (per i cristiani) o in inglese (per pochi).

Guai a tradurre il celebre Diario in farsi o in arabo, per sciiti e sunniti. Perché si tratta d’una «narrazione teatrale e drammatizzata» dell’Olocausto, «emotiva», per nulla adatta alle folle musulmane del Libano. Da qualche settimana, su Al Manar tv — il canale che appartiene agli Hezbollah ed è solito mandare in integrale i discorsi negazionistici del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad —, è partita una dura campagna a base di spot e di servizi nei tg contro la casa editrice che ha pubblicato, in versione mediorientale, la storia della ragazza-simbolo della Shoah. Il network sciita, scrive un giornale israeliano, si sarebbe rivolto alle autorità giudiziarie libanesi perché siano perseguiti e condannati tutti coloro che diffondono il libro nel Paese. Nel mirino c’è Aladdin Project, un editore parigino vicino alle comunità ebraiche, conosciuto per il suo impegno nel mantenere viva la memoria dei lager. «C’è una vera opera d'intimidazione su librai e lettori», accusano dalla casa francese, ed è probabile che il movimento islamico raggiunga il suo scopo: due settimane fa, Al Manar è riuscita a far ritirare dalle scuole libanesi libri di testo che descrivevano Hezbollah come un’organizzazione terroristica. Ma perché fa paura Anna Frank? Secondo Naim al-Qalaani, del Comitato per il boicottaggio dei beni sionisti, lanciare sul mercato libanese il Diario è una violazione delle leggi che vietano rapporti con l’arcinemico israeliano, norme votate dopo la guerra del 2006 dal governo e dal parlamento beirutini (dove gli sciiti hanno undici ministri e 128 deputati) ed estese anche alle opere artistiche. Film israeliani come i premiatissimi Lebanon o Valzer con Bashir , che pure si occupano della storia del Paese dei cedri, si possono vedere solo su dvd clandestini. La censura hezbollah non ammette eccezioni nemmeno in tema di buoncostume. Un paio d’anni fa, in una cittadina del Sud, è saltata una proiezione pubblica di Nuovo cinema Paradiso, omaggio a Tornatore organizzato dalla Cooperazione italiana: ai religiosi non era piaciuta la scena del prete che scampanella e taglia i fotogrammi osé coi baci. Forse perché s’identificavano un po’.

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