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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera-La Stampa Rassegna Stampa
01.11.2009 Perchè non posso criticarla ? Come agisce il Terzo Reich di Ahmadinejad
Commento e cronaca di Guido Olimpio e Claudio Gallo

Testata:Corriere della Sera-La Stampa
Autore: Guido Olimpio- Claudio Gallo
Titolo: «Quei ragazzi coraggiosi che lottano contro gli Ayatollah-Ragazzo attacca Khamenei, perchè non si può criticarla ?»

Mahmoud Vahidnia, ovvero il ritratto di un giovane iraniano coraggioso. Riprendiamo dal CORRIERE della SERA il commento di Guido Olimpio, a pag.12, con il titolo "Quei ragazzi coraggiosi che lottano contro gli Ayatollah ", e dalla STAMPA la cronaca di Claudio Gallo, a pag.14, con il titolo "Ragazzo attacca Khamenei, perchè non si può criticarla ?.

Corriere della Sera-Guido Olimpio: " Quei ragazzi coraggiosi che lottano contro gli Ayatollah "

 Mahmoud Vahidnia, il ritratto del coraggio

Gli ayatollah iraniani si riem­piono la bocca di minacce roboanti, di avvertimenti velati, di propaganda che gronda retorica belli­ca. Ma hanno paura di chi dice loro la verità, di chi ha il coraggio di criti­carli, di chi mette in discussione le scelte arbitrarie. Un timore che cre­sce se la contestazione viene da sem­plici studenti, come Mahmoud Vahi­dnia, forse arrestato dalla polizia se­greta, oppure Neda, uccisa dai mili­ziani del regime durante la protesta popolare.

Mettendo in galera i dissidenti, co­stringendoli all’esilio o eliminandoli fisicamente la teocrazia pensa di tra­smettere un segno di forza. «Siamo in pieno controllo, chi tocca noi è fi­nito » sono i messaggi che arrivano dai dirigenti di Teheran. E probabil­mente è vero. Il regime è in grado di schiacciare quanti contestano. Ma la reazione, spesso indiscriminata, è an­che una dimostrazione di debolezza. Khamenei avrebbe potuto liquidare con un’alzata di spalle e un gesto sprezzante i rilievi coraggiosi di Vahi­dnia.

Invece, c’è il sospetto che lo stu­dente, mago della matematica, possa essere finito nelle mani di uno dei tanti apparati che vegliano sul Paese. Ma, andando oltre questo specifico episodio, è chiaro che la Guida, insie­me al presidente Ahmadinejad, teme questi giovani. Perché i ragazzi pos­sono essere un «modello negativo», capaci di trascinare altri e di innesca­re un processo difficile da controlla­re. La Rivoluzione islamica ha paura della «Rivoluzione di velluto». Un’op­posizione che nasce dall’interno, usa metodi democratici – per quanto sia possibile – e non può essere presen­tata come uno strumento nelle mani dei nemici esterni.

Infine, gli ayatollah non hanno ca­pito che oggi il bavaglio alla stampa e la censura non bastano più. Nel­l’era di Internet, i messaggi volano ve­loci, aggirano le barriere, documenta­no quello che il regime non vuole. L’omicidio in strada di Neda e la civi­le protesta di Vahidnia.
 

La Stampa-Claudio Gallo: " Ragazzo attacca Khamenei, perchè non si può criticarla ?

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L’eroismo è una componente comune del carattere iraniano, un anelito a sfidare l’ingiustizia che si trova anche nelle origini dell’Islam sciita. Uno slancio che è il contrario del buonsenso calcolatore e assomiglia all’incoscienza: i soldati iracheni sopravvissuti alla guerra degli otto anni e a quelle del Golfo ancora ricordano con timore le cariche dei pasdaran che cadevano come mosche ma non smettevano di avanzare furiosi ed estatici. Da quel sentimento archetipico doveva essere pervaso lo studente Mahmoud Vahidnia quando, lo scorso mercoledì, ha osato sfidare in una manifestazione pubblica la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Un sito di studenti universitari iraniani dice che Mahmoud è sparito, prelevato dai soliti agenti in borghese. Una scena che dalle proteste per il voto rubato di giugno si ripete quotidianamente con meccanica brutalità.
Il volto di Vahidnia, immortalato su YouTube, è subito asceso tra le icone della protesta contro le brutalità del regime (insieme a lui ci sono Neda Soltan, Sohrab Arabi, Moshen Roholamini, tutti morti ammazzati) ma il suo destino personale è stato di smarrirsi nella nebbia che circonda ciò che accade in Iran. Il regime cerca in tutti i modi di non fare uscire le notizie o di farle uscire distorte. L’agenzia Alef News, vicina al leader conservatore Ahmad Tavakkoli, ha lanciato ieri un’intervista a Mahmoud, dove il ragazzo dice di non essere mai stato arrestato. In mancanza di riscontri più precisi, i dubbi sulla credibilità dell’articolo, che circolano nella giungla di Twitter, sono legittimi.
Studente al primo anno di matematica al Politecnico di Teheran, Mahmoud ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi della matematica in Iran. Magro, lungo, l’ampia camicia azzurra, i capelli mossi, gli occhiali squadrati, così si è presentato mercoledì scorso all’università per l’incontro tra studenti, insegnanti e la Guida suprema Ali Khamenei, il successore di Khomeini. Solitamente, nelle adunate alla presenza della massima autorità della Repubblica islamica si prende la parola soltanto per incensare il potere.
Mahmoud invece parla per 20 minuti come se fosse nel tempio della democrazia liberale: è l’effetto sorpresa. Critica i media, la repressione, le istituzioni che non hanno protetto i cittadini, ma lo fa puntando il dito su Khamenei che è lì nella sala che ascolta. Dice: «Sono cinque o sei anni che seguo attentamente i media e non ho mai trovato qualcuno che osasse criticarla». E ancora: «Per i suoi sottoposti lei è diventato un idolo». E ancora: «Quando lei, lei che è una figura paterna, si comporta in un certo modo con i suoi oppositori, anche i suoi sottoposti agiscono nel modo che tutti sanno. E tutti sanno che cosa è accaduto nelle prigioni».
Ben presto la tv di Stato offusca la diretta, ma dai filmati caricati sul web si riesce a vedere il volto crucciato di Khamenei che ascolta le parole dello studente. Il giorno dopo, la Guida suprema, in un altro incontro pubblico, ha voluto chiarire che mettere in discussione il risultato delle elezioni è un reato. Il braccio di ferro tra l’Iran della forza e quello degli ideali continua: ieri il leader dell’onda verde Mousavi ha convocato l’opposizione in piazza per il 4 novembre, trentesimo anniversario dell’assalto all’ambasciata americana.

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