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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa Rassegna Stampa
23.10.2009 Non c'è giustizia per gli schiavi di Hitler
Il racconto di Claudio Laugeri

Testata: La Stampa
Data: 23 ottobre 2009
Pagina: 21
Autore: Claudio Laugeri
Titolo: «Nessun risarcimento agli schiavi di Hitler»

Una sentenza che, purtroppo, non farà nemmeno più discutere. Nessuna giustizia, nemmeno postuma, per le vittime schiave dei lavori forzati di Hitler. Il racconto di Claudio Laugeri, sulla STAMPA di oggi, 23/10/2009, a pag. 21, con il titolo " Nessun risarcimento agli schiavi di Hitler".

TORINO
Prescrizione, come se fosse un furto d’auto. Così ha deciso il giudice del tribunale civile di Torino. Ma la questione riguarda la richiesta di risarcimento dei danni degli «schiavi di Hitler», 150 ex deportati in campi di lavoro negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale.
La vicenda giudiziaria va avanti da dieci anni, sostenuta dall’avvocato torinese Luca Procacci. «E non è ancora finita, l’ultimo treno della giustizia non si fermerà al tribunale di Torino» annuncia il legale che ha dedicato un libro («Il male dimenticato») a questo «schiaffo ricevuto da persone strappate alle famiglie per diventare schiave del Terzo Reich e che non riescono nemmeno a ricevere un risarcimento dalla Germania per quanto hanno subìto». In aula hanno chiesto un milione ciascuno.
L’ultimo colpo agli ex deportati e alle loro famiglie arriva dalla sentenza scritta dal giudice Francesco Eugenio Rizzi: 52 pagine per motivare la bocciatura delle richieste dell’avvocato Procacci. E questo sulla base della premessa: «Soltanto i reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo sono imperscrittibili, mentre tutti gli altri sono soggetti a prescrizione». A poco è servito spiegare che le sevizie subìte nei campi erano collegate ad altre mostruosità, come gli omicidi di massa. Perché «non riferite ad alcuno specifico soggetto» e anche perché non è dimostrato che «gli internati siano stati soggetti passivi della fattispecie di omicidio plurimo volontario, con relativa aggravante dell’uso di sevizie». In più «la deportazione e l’assoggettamento al lavoro forzato in condizioni di schiavitù non sono reati contemplati né dal codice penale né dal codice penale militare di guerra». Ma anche nell’ipotesi di considerare reati simili - come la riduzione in schiavitù e la costrizione a compiere lavori vietati - la prescrizione è di 20 anni. Secondo il giudice l’azione legale è stata avviata con trent’anni di ritardo.
Sconforto
«Non c’è giustizia a questo mondo», commenta Maurilio Borello, 85 anni. Era nel campo di lavoro di Gaggenau, 13 mesi dal giugno ‘44 alla fine della guerra. Fino a poco tempo fa era costretto a dormire legato: «Di notte mi alzavo, scappavo dal letto pensando al lager. Sono caduto più volte, alla fine sono stato costretto a legarmi». Per Ottavio Allasio, 81 anni, deportato a Schirmen Vorbruc, la sentenza «è la dimostrazione che la vita umana vale solo se porta convenienza a qualcuno. E’ una sentenza schifosa, non ho timori a dirlo. Mi processino pure, con quello che ho passato non sarà certo questo a spaventarmi».
Rincara la dose il capogruppo della Lega Nord alla Camera, Roberto Cota, che ha sempre sostenuto la causa degli ex deportati. «La sentenza lascia davvero l’amaro in bocca a chi ha sempre seguito la vicenda. E soprattutto lascia con la morte nel cuore le vittime di quella deportazione. Che un tribunale faccia venir meno il principio di umanità e inviolabilità dei diritti dell’uomo, in nome di un tecnicismo giuridico, è un fatto che non può che deludere coloro che credono nella giustizia».
Ora Procacci punta sulla sentenza del 2004 della Cassazione quando si riuscì «a far processare lo Stato tedesco in forza della supremazia del principio universale dell’inviolabilità dei valori fondamentali dell’uomo. E proprio questo principio dovrebbe ribaltare la tesi della prescrizione nei successivi gradi di giudizio».

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