Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
11 ottobre, ricordiamo l'attentato contro la sinagoga di Roma con l'intervento di Bruno Zevi in memoria di Stefano Gaj Taché
Testata: Informazione Corretta Data: 11 ottobre 2009 Pagina: 1 Autore: Bruno Zevi Titolo: «Noi, popolo di Israele, protestiamo e accusiamo»
Quello che segue è il testo del discorso pronunciato l¹11 Ottobre 1982 in Campidoglio da Bruno Zevi, a nome della Comunità ebraica romana, dopo l' attentato contro la sinagoga nel quale venne ucciso il giovane Stefano Gaj Taché.
Bruno Zevi
Noi, popolo di Israele, protestiamo e accusiamo
L¹antisemitismo ha una storia millenaria, ma quello culminato nella strage di sabato scorso alla nostra sinagoga ne ha anche una specifica, le cui componenti furono denunciate qui in Campidoglio nell¹ottobre 1976, esattamente sei anni fa. Qualcuno di voi forse ricorda quell¹avvenimento. Giulio Carlo Argan era stato eletto da poche settimane sindaco di Roma. Si avvicinava il 16 ottobre, trentatreesimo anniversario del giorno in cui i nazisti accerchiarono il ghetto e 1.259 ebrei furono deportati. Argan volle che la ricorrenza fosse celebrata in Campidoglio, e questo costituì l¹occasione per esaminare le cause di un nascente antisemitismo, manifestatosi poco tempo prima con il lancio di bottiglie incendiarie contro la sinagoga, in strumentale concomitanza con un comizio di sinistra. Furono spregiudicatamente individuate tre cause, dirette e indirette, di questo nuovo antisemitismo. La prima riguardava lo Stato d¹Israele, la campagna antisionista, già allora estesasi in maniera abnorme e velenosa. Avvertimmo che l¹antisionismo non era altro che una mascheratura dell¹antisemitismo, com¹era e come è divenuto sempre più evidente dai paesi arabi all¹Unione Sovietica. La seconda causa poggiava sul secolare antisemitismo cattolico, che il Concilio Vaticano non era riuscito a debellare, pur sollevando finalmente gli ebrei dalla turpe condanna di popolo deicida. Rilevammo allora come fosse urgente, per l¹indipendenza e il carattere laico della repubblica italiana, procedere ad una profonda revisione del Concordato firmato dal fascismo e dei relativi Patti Lateranensi. Terza causa la posizione marxista sulla questione ebraica, posizione inquinata dall¹«odio ebraico di sé» di Carlo Marx, dall¹ostilità di Lenin nei confronti del bund ebraico, e dall¹atteggiamento illuministicamente antisemita di molti leaders che si richiamavano al marxismo. Chiedemmo allora che, alla luce del pensiero di Gramsci, si pervenisse ad una svolta decisiva del pensiero marxista ufficiale sulla questione ebraica. Sono trascorsi sei anni, e queste tre cause dell¹antisemitismo, già allora evidenti, non sono state rimosse. Anzi si sono aggravate a tutti i livelli, dalle scuole elementari all¹università. Dalle fabbriche ai palazzi del potere economico condizionati dai petrodollari. Se gli ebrei romani, l¹altro giorno e ieri, hanno scelto di vivere il loro lutto da soli, rifiutando lo spettacolo di una passerella di uomini politici, di giornalisti e di intellettuali, che si offrivano di venire in ghetto per esprimere il loro sdegno e la loro solidarietà, è perché ritengono che non sia oltre accettabile una solidarietà che si concreta soltanto quando ci sono ebrei morti, bambini di due anni assassinati. E¹ gravissimo dirlo, e per me liberal-socialista particolarmente angoscioso, ma quanto è accaduto l¹altro giorno nella tragica realtà era stato prefigurato, quasi simulato qualche mese fa, durante una manifestazione sindacale. Tra ignobili urla «gli ebrei al rogo!» e «morte agli ebrei!», dal corteo sindacale era stata scaraventata una bara contro la lapide della sinagoga che riporta i nomi dei martiri del campi di sterminio e delle Fosse Ardeatine. Alle proteste contro tale aberrante, preordinato, inconcepibile episodio di delirio antisemita fu risposto in maniera sofisticata ed equivoca, naturalmente deplorandolo ma capziosamente spiegandone i moventi con la politica dello Stato d¹Israele. Ennesima conferma che dall¹antisionismo si passa automaticamente all¹antisemitismo. Quella bara simbolica oggi è diventata reale. Contiene un bambino crivellato di colpi, caduto insieme ad oltre trenta persone all¹uscita della sinagoga. Non può quindi meravigliare che, dopo un¹indiscriminata campagna contro lo Stato e il popolo di Israele e le comunità della diaspore, dopo gli attacchi feroci ed isterici contro i cosiddetti «olocausti», stermini ed eccidi che gli israeliani avrebbero compiuto, gli ebrei di Roma si siano chiusi per due giorni in un silenzio peraltro politicamente significativo. In questi mesi, hanno avuto pochissimi veri amici, tra i partiti minori dello schieramento democratico. I partiti di massa, la stampa con rarissime eccezioni, la radio e la televisione di Stato in tutti i suoi canali hanno invelenito l¹atmosfera e creato un terreno fertile per l¹antisemitismo. Di fronte ai fatti, le lacrime esibite oggi sembrano davvero tardive. E¹ inutile affermare che In Italia, che a Roma non c¹è antisemitismo. Al massimo, si può dire che non c¹era mai in questa forma virulenta, perché neppure durante il fascismo, neppure durante l¹occupazione nazista, furono attaccate le sinagoghe come è accaduto a Milano e a Roma. Ma chi di voi ha ascoltato le radio e le televisioni private nelle scorse settimane è rabbrividito di fronte alla incredibile quantità di testimonianze d¹odio antisemita. Ancor più inquietante il fatto che, a parte la radio e la televisione dei radicali, ben poche trasmittenti private ribattevano e combattevano questo livore. Dopo la tragedia dell¹altro ieri, i giornali, le radio < e teletrasmissioni < le dichiarazioni di uomini politici sono unanimemente solidali con gli ebrei, ma non c¹è giornale, né radio, né televisione, né uomo politico che abbia detto: «Una parte, sia pur minima e indiretta, della responsabilità di quanto è accaduto ce l¹ho anch¹io!». Perciò noi accusiamo: 1) II Ministero degli Interni e i dirigenti delle forze dell¹ordine per non aver apprestato dispositivi difensivi nel ghetto e intorno alla sinagoga, malgrado fossero stati insistentemente richiesti, a seguito delle continue minacce dirette agli ebrei. (Durante una cerimonia in sinagoga) è stato osservato che l¹Italia manda i suoi bersaglieri in Libano per proteggere i palestinesi, ma non protegge i cittadini ebrei italiani; 2) il mondo cattolico per il modo pomposo in cui ha ricevuto Arafat in Vaticano e per aver quasi ignorato che il massacro nei campi palestinesi è stato compiuto da cristiani, mentre all¹esercito di Israele può essere ascritta, se provata la sola colpa di una corresponsabilità morale, 3) la classe politica e sindacale, con ben poche eccezioni, da alcune delle massime autorità dello Stato ai leaders di molti partiti e a numerosi amministratori locali, per il comportamento tenuto durante la visita di Arafat a Roma, per la gara di strette di mano, di abbracci, di baci, di relative accoglienze fraterne verso il capo di un¹organizzazione che, se oggi si presenta con un ramoscello d¹ulivo, nel passato ha perpetrato innumeri stragi terroristiche contro Israele e contro gli ebrei, e non ha ancora riconosciuto il diritto all¹esistenza dello Stato d¹Israele, anzi anche ultimamente ha confermato di volere non la pace, ma una «guerra santa»; 4) la stampa e la radiotelevisione che, salvo rare eccezioni, hanno distorto fatti e opinioni, confondendo volutamente lo Stato di Israele con la politica del suo attuale governo, con il popolo e le comunità ebraiche, determinando un clima incandescente, entro il quale si è inserita la strage dell¹altro giorno; 5) i molti, moltissimi intellettuali, giornalisti o meno, che in questi mesi si sono divertiti ad esaminare i risvolti psicologici, le «malattie» di Israele, i moventi segreti della politica di Begin e di quella dei suoi oppositori, facendo sfoggio di elucubrazioni e sofismi tutti adducenti, magari contro il loro proposito, all¹antisemitismo. Noi accusiamo. In un mondo sconvolto dalla violenza, con 30.000 persone al giorno che muoiono per fame, i nostri mezzi di informazione di massa hanno dato il massimo rilievo solo alle azioni dell¹esercito israeliano. I morti in Afganistan, i morti in Iran, i morti in Siria, le decine di migliaia di morti in Libano dopo l¹arrivo dei palestinesi, i bambini della Galilea bombardati, questi morti non valgono, e anche i terroristi palestinesi sono considerati mansueti, pacifici: avevano immensi arsenali di armi in Libano, ma solo per giocare. Signori consiglieri regionali, provinciali e comunali; noi siamo sinceramente commossi dalle manifestazioni di solidarietà emerse in quest¹aula. Lo siamo come ebrei romani, e lo siamo ancor più in quanto cittadini italiani che sanno come l¹antisemitismo sia un preciso sismografo della civiltà di un paese. Nessuno ci chieda di distinguerci dal popolo di Israele, di accettare una differenziazione manichea tra ebrei e israeliani. Noi apparteniamo al popolo di Israele che comprende le comunità disperse in ogni parte del mondo, a cominciare dalla più antica, quella di Roma, e la comunità di coloro che hanno fatto ritorno alla terra degli avi. Inoltre, lo Stato di Israele, indipendentemente dal giudizio che possiamo dare sul suo governo, vale per un¹altra ragione: perché è uno Stato democratico esemplare. In quale altro Stato sarebbe ammesso che militari, anche di alto grado, rifiutassero di combattere una guerra di cui non condividono le finalità e, invece di essere processati e fucilati per tradimento, sono tranquillamente mandati a casa? In quale democrazia in stato di guerra si istituirebbe una commissione d¹inchiesta sul comportamento dell¹esercito? In quale democrazia in stato di guerra si potrebbe svolgere una manifestazione di 400.000 persone che protestano contro la guerra, senza alcun atto repressivo da parte del potere? E concludo. L¹antisemitismo è esistito per duemila anni, non dal 1948, dalla proclamazione dello Stato di Israele. Non crediamo all¹antisionismo filosemita: è una contraddizione in termini. Abbiamo espresso con franchezza la nostre accuse. Siamo preoccupati, allarmati come ebrei, come antifascisti, come democratici, come uomini della sinistra. L¹antisemitismo, come tutti avete affermato, è un segnale inequivocabile di corrosione democratica. Ebbene, in Italia, a Roma l¹antisemitismo emerge in forme inedite nella storia del nostro paese. Era un segnale già chiaro sei anni fa, ma oggi esplosivo. Insieme, teniamone conto e corriamo ai ripari.