Suad Amiri: “Gli israeliani hanno suddiviso la Palestina in tante piccole aree. Quindi anche per noi, all’interno del paese, è difficile sapere quello che succede agli altri. Nel 2000 Sharon ha preso la decisione secondo la quale nessun palestinese avrebbe mai potuto più lavorare in Israele. All’epoca c’erano circa 200.000 palestinesi che di punto in bianco si sono trovati disoccupati”.
Conduttore: l’autrice del libro si traveste da uomo e “si unisce a questo gruppo di palestinesi che cerca di oltrepassare il muro, e comincia letteralmente questo viaggio, che è breve nel tempo ma lunghissimo. Proprio perché si passa da un mondo, che per molti versi è proprio come una specie di grande prigione, di grande gabbia e improvvisamente dall’altra parte del muro scoprono grandi strade, luci, un altro mondo”.
Suad Amiri: “Questa è la situazione. È vero che Israele continua a dichiarare di voler far parte del Medioriente …. Però più in realtà si parla di pace più ci sentiamo isolati e questo muro che è stato costruito è stato un atto veramente criminale perché ha danneggiato senz’altro il paesaggio, distrutto paesi e villaggi e, soprattutto, seppellito qualsiasi speranza che ci potesse essere la pace”.
Suad Amiri: “…. ci abbiamo messo 18 ore per andare dal Ramallah al villaggio dove i braccianti vogliono cercare lavoro. 16 di queste 18 ore sono state trascorse in Palestina dove i braccianti hanno subito ogni sorta di angheria, questa è la cosa impressionante”.
Conduttore: “Lo dicono chiaramente anche i personaggi del libro. Ma siamo a casa nostra, perché continuamente ci bloccate e ci perquisite, talvolta anche ci sparate?
Suad Amiri: “Ho conosciuto Murad un giorno quando è venuto a lavorare nel mio giardino. Mi ha raccontato ogni sorta di storia che riguardava la sua esperienza di lavoro in Israele. Mi era difficile comprendere quello che aveva vissuto. E, quindi, decisi di intraprendere questa avventura. Ma ci ho messo un mese per decidermi perché dovete capire che effettivamente i soldati israeliani sparano contro questi braccianti e li imprigionano. Se pensate che il nostro viaggio in partenza eravamo in 24 e siamo arrivati in 4 a destinazione, gli altri 20 sono finiti in prigione”.
Conduttore: “Forse non è abbastanza conosciuta questa situazione all’interno della Palestina occupata. Letteralmente ogni villaggio, ogni abitazione si trova come se ci fosse una frontiera. Continuamente c’è un posto di blocco. Come può nascere uno stato in queste condizioni?”.
Suad Amiri: “Vorrei partire da una nota positiva. Se Israele decidesse che già da domani potremmo avere lo stato palestinese le relazioni non sarebbero complicate. Il punto è che Israele vuole avere tutta la terra. Se oggi smettesse di costruire gli insediamenti e se si ritirasse da quel che rimane dal territorio della Palestina così come ha fatto nel passato dal Libano, già domani potrebbe nascere lo stato della Palestina. Il problema è che gli israeliani continuano ad appropriarsi della nostra terra. L’amministrazione Obama sta cercando di convincere gli israeliani a smettere di costruire su quello che rimane della Palestina, che è il 22% di quello che era il territorio originale. Il resto, il 78%, è Israele. Io provengo da Jaffa che oggi è Israele”.
Suad Amiri: “Cerco di descrivere la situazione della Cisgiordania perché pensate che in realtà questa è una zona piccolissima grande forse quanto l’isola d’Elba. Eppure in quest’area così limitata vi sono 500 posti di blocco. Nell’area di 35 Km di cui parlo nel libro ci sono un’infinità di posti di blocco ed è proprio per questo che abbiamo effettuato una buona parte del viaggio attraversando le montagne. Perché se avessimo voluto percorrere le strade non saremmo mai e poi mai arrivati a destinazione. Voi potrete immaginare quanto possa essere difficile muoversi e vivere in una situazione di questo tipo”.
Conduttore: “Cosa cercano i personaggio del suo libro? Cercano lavoro. C’è lavoro in Palestina per tutti questi giovani?”.
Suad Amiri: “Il lavoro non c’è, naturalmente. L’occupazione che dura ormai da 43 anni ha completamente devastato la nostra economia. E dall’oggi al domani Sharon ha deciso che nessun palestinese avrebbe mai più lavorato in Israele. Per questo 200.000 lavoratori non l’hanno più potuto fare, e questo ha danneggiato di riflesso la bellezza di un milione di persone. La nostra economia non si può sviluppare, non possiamo esportare, non c’è movimento di persone né di prodotti. Nel libro cerco di descrivere la situazione di quelle persone che non si arrendono a questa situazione. Sono persone che hanno famiglia e che devono trovare lavoro. Sono disposte ad iniziare a lavorare alle 2 di mattino, a lavorare la notte per non farsi trovare dai soldati israeliani. Da noi non ci sono neanche grandi prospettive. Oltretutto non vengono concessi i visti ai palestinesi”.
Conduttore: “E’ vero c’è un occupazione, c’è un muro, questa sorta di trasformazione in prigione di quel territorio. Ma l’Autorità Palestinese è sufficientemente democratica per garantire uno stato civile. Non c’è una responsabilità anche dell’ANP per questa situazione ?”.
Suad Amiri: “L’ANP naturalmente ha delle responsabilità nei confronti dei lavoratori. C’è da dire che quando chi lavorava per l’ANP non aveva ricevuto lo stipendio tutto il mondo ne è venuto a conoscenza, mentre invece quando i lavoratori non solo non trovano lavoro ma non vengono pagati nessuno se ne interessa. L’ANP è fortemente limitata da Israele quindi non ha la libertà di cercare di far crescere in qualche modo questa economia”.
Suad Amiri: “Questo viaggio di 18 ore mi ha completamente cambiato la vita e il mio atteggiamento nei confronti dei giovani, dei lavoratori, degli operai. Fare questa esperienza è stato anche molto divertente. Ho sentito molti racconti. È entrato in gioco un po’ di tutto, delle storie d’amore, per esempio”.
Conduttore: “Uno dei punti più belli di questo libro è quando finalmente siete in Israele vi sdraiate in un parco e scoprite che quel parco è un’invenzione recente. Prima c’erano villaggi palestinesi da secoli, completamente cancellati. Ma allora questa storia del diritto al ritorno cosa vuol dire per lei?”.
Suad Amiri: “Questa è una parte del libro che mi tocca veramente. Veramente quando si parla della soluzione due stati è straordinario pensare a quanto i palestinesi abbiano dovuto accettare questo. Se pensate che io vengo da Jaffa, nel 1948 Israele ha cacciato dalla città ben 800.000 palestinesi. Tra il 1948 ed il 1952 sono stati rasi al suolo 420 villaggi. Durante il viaggio si parlava della destinazione di questa città israeliana “petatifka” [questo è quello che ho capito], mentre sentivo loro che parlavano di “mlavis, mlavis”. In realtà era il nome arabo della città. Alla fine quando arriviamo a destinazione ci fermiamo a riposare in un parco. Quando sento parlare di parchi in Israele entro in uno stato di agitazione perché dovete sapere che tutti i parchi in Israele in realtà sono stati costruiti su di un territorio che era precedentemente occupato da tante case palestinesi che sono state rase al suolo”.
Conduttore: “In realtà il rapporto effettivo con gli israeliani è migliore di quanto ci viene raccontato. Molte di queste persone che cercano di varcare la frontiera hanno qualcuno che gli offre un lavoro. Qualche volta ti inganna ma il più delle volte ti cerca, ti difende anche”.
Suad Amiri: “In effetti esistono dei forti tra le due parti. I braccianti rappresentano proprio un ponte. Murad come lo dobbiamo considerare? Un palestinese, un israeliano? Metà e metà? Ha iniziato a lavorare a 13 anni in Israele e si sente a suo agio lì, conosce la lingua, le strade. E quindi forse c’è già una parte che è pronta mentre forse noi intellettuali la situazione è ancora un po’ virtuale”.
Conduttore: “A Fahrenheit è venuto Jeff Halper che ha detto la sua proposta che non è tanto due stati e due popoli ma uno stato e due popoli”.
Suad Amiri: “Nel mio cuore vorrei una soluzione di questo tipo. Ma temo che questo non è quello che vuole Israele. Forse è questa la direzione in cui ci stiamo muovendo, vista la velocità con la quale continuano a costruire e ad occupare la nostra terra. Se si parla con gli israeliani, loro vogliono essere separati dagli arabi”.
Suad Amiri: “Questo libro racconta una storia comune in tante parti del mondo. In Palestina parlo dei braccianti illegali che ora sono lavoratori illegali nella nostra terra. Ed è una situazione molto strana questa perché si tratta di persone che nel 1948 appartenevano a questa terra. Oggi si trovano ad essere stranieri in casa propria. Come in Germania, dove ci sono 4 milioni di turchi che vivono e lavorano lì. Cosa sono esattamente: sono turchi, sono tedeschi? Lo stesso per i marocchini e tunisini in Francia”.
Conduttore: “Come sarà Murad tra vent’anni?”.
Suad Amiri: “Penso che aprirà un ristorante a Tel Aviv”.
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