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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.10.2009 Cantautore condannato in Iran a 5 anni di carcere perchè 'blasfemo'
L'intervista di Viviana Mazza

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 ottobre 2009
Pagina: 19
Autore: Viviana Mazza
Titolo: «Namjoo, il Bob Dylan d'Iran, canto la pazzia dei giovani»

Sul CORRIERE della SERA di oggi, 04/10/2009, a pag.19, con il titolo " Namjoo, il Bob Dylan d'Iran, canto la pazzia dei giovani ", Viviana Mazza intervista il cantaurore esule dall'Iran Moshen Namjoo, condannato nel suo paese a 5 anni di carcere perchè "blasfemo".

 Moshen Namjoo

TREVISO — Il setar è un deli­cato liuto persiano. La parola vuol dire «tre corde». Ma sono quattro. Il musicista ne pizzica tre, l’ultima risuona per le vibra­zioni delle altre. Mohsen Namjoo lo suona come una chi­tarra blues e canta influenzato da Jim Morrison e Kurt Cobain i versi dei poeti persiani misti ai propri sulla vita in Iran. Un gio­co, tra ribellione e amore per la tradizione, che non piace a tutti nel suo Paese. A luglio, mentre il cantautore era a Treviso per lavorare a un cd prodotto da Fa­brica, il laboratorio creativo di Benetton, un tribunale iraniano lo ha condannato a cinque anni di carcere per la canzone Shams , in cui recita un passo del Corano in versione rock. «Blasfema».

Mohsen ha 32 anni, ma il fisi­co esile, i gentili occhi scuri, i lunghi, crespi capelli grigi rac­colti in una coda arruffata gli danno l’aspetto di un uomo an­ziano e avvezzo alla solitudine. Il
New York Times lo definisce il «Bob Dylan iraniano» perché è riuscito a esprimere lo spirito del suo tempo. Seduto nella bi­blioteca di Fabrica, spiega che la sua priorità è la musica. In Shams voleva esplorare la musi­calità del Corano. Non si consi­dera un attivista, ma è diventa­to popolarissimo tra i giovani in Iran (il suo primo cd Toraj, che non ha passato la censura, è stato diffuso senza sua auto­rizzazione sul mercato nero ed è cliccatissimo su YouTube ).

Poi a giugno, dopo la vittoria di Ahmadinejad nelle contesta­te elezioni, è come se la quarta corda del suo setar abbia inizia­to a vibrare al suono della piaz­za. «Due milioni di persone in strada in silenzio. Mi sento par­te di questa nuova gioventù ira­niana », dice. «Sono i miei lea­der ». Oltre a Shams , ha incluso nell’album italiano, intitolato  Oy (espressione di dolore ma pure di gioia in farsi), canzoni influenzate dalle proteste. « Ave­vo scritto Gladiatori anni fa sui problemi del traffico in città. Ora i motociclisti hanno assun­to un’altra identità». « Gladiato­ri  — canta — che attaccate le nostre donne e coprite i loro vol­ti ... ». In Qashqai , l’espressione «polvere e spine» usata dal pa­dre della poesia persiana mo­derna Nima Yoshij coincide col termine colloquiale usato da Ahmadinejad per denigrare i manifestanti. Namjoo lo conte­sta: «Polvere e spine è chi proi­bisce e inibisce, non chi dice ciò che pensa». I giovani irania­ni sono andati oltre la depres­sione collettiva, vivono in uno «stato di euforica pazzia», dice il cantautore. «Vanno in strada sapendo che potrebbero non tornare ma girano video coi cel­lulari. Si tuffano nel caos e con­servano la speranza. Immagina un adolescente che se solo si av­vicina a una ragazza può essere punito come un criminale. Sai quanto ti fa innamorare di più? E’ impossibile fermarli».

Dopo un concerto gratuito giovedì al conservatorio di Mi­lano, Namjoo andrà a Stanford in America a fare ricerca, e inse­gnare forse. E l’Iran? Una malin­conia nuova lo invade, lo fa piangere a tavola davanti ai piatti tipici iraniani. La quarta corda continua a vibrare.

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lettere@corriere.it

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