Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Molto eurabici, i penultimatum di Obama 03/10/2009
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
" Molto eurabici, i penultimatum di Obama "
Qual è il segno dei forti? La costanza naturalmente, la perseveranza, il non farsi influenzare dai dettagli. Prendete l'amministrazione Obama, per esempio e il dialogo, o meglio l'engagement. L'incontro con l'Iran a Ginevra è andato come sappiamo, gli iraniani hanno detto che non erano disposti a parlare del nucleare, non ne hanno parlato, ma hanno chiacchierato del più e del meno. Gli americani hanno fatto un bel penultimatum e in cambio hanno dato il permesso di arrivare a Washington, in deroga a ogni boicottaggio, al più importante funzionario iraniano che sia arrivato in America (a parte l'Onu) negli ultimi trent'anni. E' a Washington (non a New York), parla con deputati del congresso, incontra funzionari vari, insomma tutto normale come per uno Stato qualunque. Qual è il messaggio per l'Iran? Naturalmente che le cose vanno bene, che Obama fa la voce grossa per accontentare i sionisti, ma che sostanzialmente si può andare avanti così. Ma per Obama è fermezza, è tener duro sulla strategia del dialogo. Contento lui. O prendete la Siria, per cambiare. Da un mese circa l'Iraq ha rotto le relazioni diplomatiche con la Siria perché non smetteva di mantenere le basi della rete terroristica che continua a fare sanguinosi attentati a Bagdad e dintorni – in cui fra l'altro spesso muoiono soldati americani. L'Iraq ha chiesto lo smantellamento di una rete logistica, la consegna di circa 200 ricercati; non avendola ottenuta ha ritirato l'ambasciatore. Che ha fatto Obama? Ha assicurato l'amicizia con entrambi gli stati, non ha ritirato i suoi rappresentanti, e ha addirittura offerto di mediare fra i due. Incredibile, no? Mediare fra chi ammazza i tuoi soldati e quelli che sono ammazzati accanto a te (e cui stai restituendo il paese dopo anni di guerra). E di nuovo, qualche giorno fa, ha invitato a Washington il viceministro degli esteri Fayssal Mekdad, la prima visita di questo livello da un sacco d'anni, che ha avuto incontri ufficiali ad alto livello. La ragione l'ha spiegata Obama in persona in una dichiarazione che vi ho già citato in un'altra cartolina: certo la Siria continua a fare un sacco di atti ostili, ma che volete, io sono un credente nell'engagement. Per fortuna, il mondo è governato da un credente. Non in Dio, forse, ma nel dialogo. Un credente così credente che non gli importa dell'esperienza, che non accetta l'dea scettica che "errare humanum est, persevererare diabolicum." Uno che dopo dieci mesi di governo, un sacco di schiaffi in faccia da mezzo mondo e nessun risultato concreto positivo pensa ancora di essere così sexy che tutti faranno quello che vuole per il puro piacere di stringergli la mano. Che Dio ce la mandi buona